2020-09-11
Milioni dall’Europa all’Ong accusata di aiutare terroristi e odiare gli ebrei
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I responsabili di Islamic Relief si sono dimessi in massa dopo i post antisemiti dei dirigenti svelati dal «Times». Più volte sospettata di legami con i fanatici, ha ricevuto fondi per anni.!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");Islamic Relief Worldwide è una delle Organizzazioni non governative più grandi e potenti del mondo, di sicuro la più famosa tra quelle di orientamento musulmano. Ha sede a Birmingham, nel Regno Unito, e ha aperto succursali in 40 Stati. È molto influente a livello sovranazionale, è nota ad esempio la sua azione di lobbying alle Nazioni Unite. Soprattutto, può contare su un notevole patrimonio. Nel solo 2018, per dire, ha ricevuto fondi per la bellezza di 140.657.648,74 euro. Nelle ultime settimane, tuttavia, Islamic Relief ha avuto vari problemi non del tutto irrilevanti. I guai sono cominciati alla fine di luglio, quando Heshmat Khalifa, membro del consiglio di amministrazione e presidente della Ong, ha dovuto dare le dimissioni. La stampa inglese ha scoperto che, sui suoi profili social, aveva pubblicato alcuni post diciamo… poco edificanti. In uno di questi definiva il presidente egiziano Al Sisi un «magnaccia sionista». E ancora un «magnaccia figlio di ebrei» e un «criminale sionista». Giusto per non farsi mancare niente, il simpatico Khalifa ha pensato bene di chiarire le sue posizioni riguardo al popolo ebraico. Sempre nei post sui social ha definito gli ebrei «nipoti di scimmie e maiali». Come facile immaginare, dalle rivelazioni mediatiche è scaturito uno scandalo, e Khalifa ha dovuto lasciare l'incarico, che occupava con soddisfazione da parecchio tempo, precisamente dal 1999. Subito dopo, Naser Haghamed, il chief executive di Islamic Relief, si è molto scusato pubblicamente per le orrende uscite del suo collega, e ha promesso che si sarebbe dato da fare affinché cose del genere non avvenissero mai più. Purtroppo, non gli è andata molto bene. A distanza di un mese quasi esatto, un'altra ondata di vergogna si è abbattuta sulla Ong islamica. Al posto di Khalifa, nel board dell'organizzazione umanitaria è entrato Almoutaz Tayara. Piccolo problema: costui condivide con il suo predecessore il vizio di pubblicare commenti antisemiti sui social network. Il Times ha scoperto che Tayara ha postato sulla Rete vignette antisemite ed elogi ad Hamas. Inoltre «ha glorificato gli attacchi terroristici contro Israele e ondiviso una immagine in cui l'ex presidente americano Barack Obama appariva in abiti marchiati con la Stella di David». Questi delicati commenti risalivano al 2014 e al 2015, anni in cui Tayara era al vertice della filiale tedesca di Islamic Relief. In questo caso, tuttavia, le scuse e le promesse non sono bastate. Dopo l'ennesima rivelazione, l'intero board di Islamic Relief Worldwide ha dovuto rassegnare le dimissioni, trascinando l'Ong in un polverone senza pari. In realtà che le posizioni dei capoccia di Islamic Relief nei confronti di Israele e degli ebrei non fossero proprio delle migliori era noto. Nel corso degli anni, la Ong è stata ripetutamente accusata di avere legami con l'estremismo islamico. Nel 2014, Israele l'ha dichiarata illegale sulla base di rapporti di intelligence ce parlavano di finanziamenti ad Hamas. Nel gennaio 2016, la banca britannica Hsbc ha annunciato che avrebbe rotto ogni rapporto con l'associazione, preoccupata dal fatto «che il denaro per gli aiuti potesse finire a gruppi terroristici all'estero». Per motivi simili la banca americana Usb, nel 2012, ha chiuso il conto di Islamic Relief. Nel 2016, invece, sono stati ricercatori svedesi ad accusare l'Ong di avere rapporti molto stretti con la Fratellanza musulmana. Nel 2014, addirittura, gli Emirati Arabi hanno inserito Islamic Relief in una lista nera di organizzazioni legate al terrorismo. Ovviamente Islamic Relief ha sempre respinto ogni accusa. Resta che, anche alla luce dei recenti avvenimenti, l'associazione si può considerare parecchio discussa. Tutto questo, però, non sembra avere molto preoccupato l'Unione Europea che - come mostra l'elenco di cui pubblichiamo oggi la seconda parte - tra il 2015 e il 2018 ha ripetutamente finanziato l'Ong, per altro senza sapere esattamente per quali scopi utilizzasse il denaro ricevuto. Nel 2015 Islamic Relief ha ottenuto 1.100.000 euro di denari provenienti dalle casse europee. Nel 2016 altri 912.263 euro. Nel 2017 ancora più soldi: 1.800.000 euro e poi altri 400.000 e altri 100.000 ancora da fondi diversi. Davvero interessante: mentre sui «benefattori» islamici piovevano accuse pesantissime, l'Ue continuava a sganciare, e non si preoccupava nemmeno troppo di sapere dove sarebbero andati a finire i suoi denari. Chissà se ora, dopo l'ultima esibizione di antisemitismo, a Bruxelles cambieranno idea.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)
Il valico di Rafah (Getty Images)