2021-06-18
Nomi e incarichi. Ds e Margherita han fatto il Pc: Partito Cinese
Francesco Rutelli (Getty images)
I veri sostenitori del partito della Grande Muraglia provengono dalle fila di Ds e Margherita. I nomi? Da Francesco Rutelli a Franco Bassanini passando per Giovanni Tria e Vincenzo Spadafora. Boom di affari e investimenti sotto Matteo Renzi. Il presidente della commissione esteri, il 5 stelle Vito Petrocelli, ha rilasciato una inquietante intervista. «Il miglior riferimento di Pechino», ha detto riferendosi al ruolo dell'Italia nello scacchiere internazionale. La stessa posizione che Petrocelli ha palesato nel 2020 e pure prima nel 2019 quando arrivò a dire che le nuove scelte vanno ponderate anche a costo di mettere a repentaglio i rapporti con gli Usa. Al contrario del coerente Petrocelli, e dei messaggi disturbanti di Beppe Grillo, stonano le retromarce di figure chiave come Luigi Di Maio, Stefano Buffagni o Manlio Di Stefano. L'effetto complessivo è quello di avere un Movimento spaccato in due. Una metà ancora pervicacemente filo cinese e al tempo stesso con simpatie verso il Venezuela e l'Iran. E un'altra metà allineata alla sterzata imposta dall'arrivo di Mario Draghi. Il rumore dei 5 stelle non deve però ingannare. Il vero partito cinese italiano resta tra le fila di vecchi socialisti, della Margherita e degli ex Ds. Qui si prendono le decisioni più delicate, qui si sono imposte scelte importanti come abbiamo visto durante la pandemia. Un Petrocelli fa scena. Ma sono Massimo D'Alema, Domenico Arcuri, Romano Prodi che fanno sostanza. Ed è spesso tramite la cultura dell'Ulivo che molti 5 stelle si sono scoperti filo cinesi. Un esempio interessante si comprende analizzando la storia di Francesco Rutelli e il ruolo che Vincenzo Spadafora ha avuto dentro il Movimento. L'ex sindaco di Roma ha in passato frequentato l'Italy China cultural forum, così come il China public diplomacy association, una organizzazione che promuove le reti diplomatiche di Pechino. Ma soprattutto è presidente di Anica, l'associazione delle industrie cinematografiche. Nel 2017 Anica firma un importante accordo con Smg, uno dei principali conglomerati media cinesi. La firma avviene alla presenza di Stefano Beltrame, console generale, e Claudio Pasqualucci, il capo dell'ufficio Ice di Shanghai. In molti ricordano l'incontro avvenuto tra Beltrame e Michele Geraci già membro del primo governo Conte in quota Lega e poi grande sponsor della Cina. Al tempo stesso vale la pena ricordare come Vincenzo Spadafora, prima di militare nei 5 stelle, è transitato nella segreteria di Rutelli proprio negli anni d'oro di Romano Prodi, presidente dell'Italy China cultural Forum, e di tante altre occasioni di vicinanza a Pechino. Lo stesso brodo culturale che ha visto alimentare idee di altri rappresentanti della sinistra. Franco Bassanini ad esempio, già Cdp, Enel e Open fiber ha più volte stressato l'importanza di chiudere una alleanza più stretta con la Cina. Obiettivi che hanno visto il loro culmine tra il 2014 e il 2016. Periodo che coincide con il governo Renzi ma anche con l'apice dei consigli del mondo di Astrid. Due numeri. Nel 2014 Shanghai electric group spende 400 milioni per Ansaldo energia. Subito dopo China State Grid versa 2 miliardi per il 35% di Cdp Reti. Nello stesso periodo Inter e Milan passano di mano ai cinesi. Mentre nel 2016 People's bank of China sgancia 3,5 miliardi per investire in titoli di Piazza Affari. Alla fine del 2016 ben 260 conglomerati cinesi finiscono con l'investire in 450 società tricolore. Un tappeto che accompagna l'Italia sino alla firma del memorandum sulla Via della seta. In quell'occasione Eni sigla un accordo con Bank of China. Lo stratega dell'operazione sembra essere Lapo Pistelli, amico e nemico di Matteo Renzi. Ma soprattutto vice ministro del Pd passato in un solo giorno a lavorare in una controllata di Stato. Anch'egli proveniente da un back ground culturale ben identificabile. Certo ci sono anche figure pro Cina che sono rientrate quasi inaspettatamente nell'attuale governo dopo un periodo di panchina rispetto ai gialloblù. È il caso di Giovanni Tria, già ministro dell'Economia e adesso incaricato dal Mise quale consulente economico per la produzione dei vaccini (che per inciso in Italia non si fa). Il professore di Tor Vergata è stato simpatizzante del maoismo in gioventù e ha servito a lungo presso la scuola superiore della pubblica amministrazione. Luigi Paganetto, già collega di Tria, è stato nominato vice presidente di Cdp. Per quasi 4 anni, fino al 2013, è stato consulente del governo della Provincia di Jiangsu. Insomma, non sappiamo se tutti i nomi citati appartengano a un partito cinese italiano e in molti si augurano sia più una filiera predominante. Di sicuro c'è sempre una fetta di politica che si conferma ampiamente atlantista. Certo molto ascoltata da Draghi e che in questo momento prevale dentro il Pd. All'inizio del primo governo Conte a presiedere il Copasir c'era Lorenzo Guerini. La vice presidenza era in mano ad Adolfo Urso di Fratelli d'Italia. Guerini, che poi è diventato ministro della Difesa, ha dato il via alla relazione sul 5G. A lui si deve un forte presidio a favore dei valori Nato. Urso, aperturista con i cinesi fino al 2007 (prima della fase del Wto), ha lanciato nel 2019 l'allarme sul pericolo della Via della seta. Segnali importanti che però non devono far sottovalutare la forza più cattocomunista. Se quest'ultima si unisse per dire la sua sul prossimo presidente della Repubblica, ci sarebbe da alzare le orecchie in modo direttamente proporzionale alla soddisfazione di Pechino.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)