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2025-08-05
«Mercoledì» torna su Netflix: la seconda stagione tra misteri e incubi
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«Mercoledì» (Netflix)
Dopo quasi tre anni, la serie firmata Tim Burton riparte con una nuova indagine nella gotica Nevermore Academy. Jenny Ortega torna nei panni di Mercoledì Addams, alle prese con visioni sanguinose, paure intime e un segreto da svelare.
Sono dovuti passare due anni, quasi tre, perché Netflix si decidesse a dare un seguito a Mercoledì, serie tv che ha saputo ripensare l'universo degli Addams colpendo il cerchio e poi la botte. Guadagnandosi, cioè, il favore di un pubblico composito, cui la spersonalizzazione della Mercoledì originale e la sua trasformazione in altro dal primo sé non ha turbato troppo. Mercoledì, con la regia di Tim Burton, ha scelto, fra gli Addams, una sola protagonista, la bimba incarognita, con le trecce lunghe e l'animo nero. E di lei, poi, ha fatto una sorta di eroina. Per carità, Mercoledì non è stata (completamente) snaturata. Il pessimismo, quella forma sottile e gotica di cinismo, l'ardente desiderio di vedere il prossimo soffrire sono rimasti. Mercoledì non ha mai sorriso, i suoi vestiti non si sono colorati. La pettinatura è rimasta intatta, il pallore è stato protetto. Ma quella ragazzina sociopatica, figlia di due genitori stralunati, ha preso le sembianze di un'adolescente moderna, che Netflix ha collocato altrove rispetto alla grande magione degli Addams. Mercoledì, nella prima stagione dello show, il cui seguito sarà rilasciato online il 6 agosto, si è trasferita alla Nevermore Academy, una sorta di Hogwarts versione emarginati.Alla Nevermore, pur rappresentata con tutti i crismi (e i classismi) della scuola americana, non studiano persone qualunque. Lì, solo i reietti sono ammessi: i figli di persone speciali, ostracizzate, però, dalla società canonica. I reietti, ciascuno a modo proprio, hanno poteri speciali. Sono lupi mannari, vampiri et similia. Sono gli Addams, che alla Nevermore hanno studiato tutti, Morticia e Peter Gomez in testa. Mercoledì, dunque, non eccepisce alla tradizione di famiglia. In divisa, nera, si unisce allo stuolo di studenti, per scoprire - nella prima stagione della serie - che un mistero aleggia sull'accademia. Una storia tetra, di omicidi e mostri. Un giallo, che la ragazzina, con il contributo di nuovi amici, risolve brillantemente, promettendo di fare altrettanto nel seguito dello show.Mercoledì, al suo secondo capitolo, non dovrebbe allontanarsi granché dalla strada tracciata con il primo. Lo show promette di seguire la brava Jenny Ortega, nuova ragazzina Addams, fra i corridoi della scuola, portandola a contatto con un nuovo, raccapricciante segreto. Sono lacrime di sangue, quelle che le solcano il viso, l'incubo che la sua migliore amica, in qualche modo, possa morire per mano sua. «Questa stagione sarà più grande e contorta di quanto possiate immaginare», ha dichiarato Catherine Zeta-Jones, che in questa seconda stagione ha ripreso le sembianze di Morticia, infilandosi, lei pure, nel passato e nel presente della Nevermore Academy.
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Dopo quasi tre anni, la serie firmata Tim Burton riparte con una nuova indagine nella gotica Nevermore Academy. Jenny Ortega torna nei panni di Mercoledì Addams, alle prese con visioni sanguinose, paure intime e un segreto da svelare.Sono dovuti passare due anni, quasi tre, perché Netflix si decidesse a dare un seguito a Mercoledì, serie tv che ha saputo ripensare l'universo degli Addams colpendo il cerchio e poi la botte. Guadagnandosi, cioè, il favore di un pubblico composito, cui la spersonalizzazione della Mercoledì originale e la sua trasformazione in altro dal primo sé non ha turbato troppo. Mercoledì, con la regia di Tim Burton, ha scelto, fra gli Addams, una sola protagonista, la bimba incarognita, con le trecce lunghe e l'animo nero. E di lei, poi, ha fatto una sorta di eroina. Per carità, Mercoledì non è stata (completamente) snaturata. Il pessimismo, quella forma sottile e gotica di cinismo, l'ardente desiderio di vedere il prossimo soffrire sono rimasti. Mercoledì non ha mai sorriso, i suoi vestiti non si sono colorati. La pettinatura è rimasta intatta, il pallore è stato protetto. Ma quella ragazzina sociopatica, figlia di due genitori stralunati, ha preso le sembianze di un'adolescente moderna, che Netflix ha collocato altrove rispetto alla grande magione degli Addams. Mercoledì, nella prima stagione dello show, il cui seguito sarà rilasciato online il 6 agosto, si è trasferita alla Nevermore Academy, una sorta di Hogwarts versione emarginati.Alla Nevermore, pur rappresentata con tutti i crismi (e i classismi) della scuola americana, non studiano persone qualunque. Lì, solo i reietti sono ammessi: i figli di persone speciali, ostracizzate, però, dalla società canonica. I reietti, ciascuno a modo proprio, hanno poteri speciali. Sono lupi mannari, vampiri et similia. Sono gli Addams, che alla Nevermore hanno studiato tutti, Morticia e Peter Gomez in testa. Mercoledì, dunque, non eccepisce alla tradizione di famiglia. In divisa, nera, si unisce allo stuolo di studenti, per scoprire - nella prima stagione della serie - che un mistero aleggia sull'accademia. Una storia tetra, di omicidi e mostri. Un giallo, che la ragazzina, con il contributo di nuovi amici, risolve brillantemente, promettendo di fare altrettanto nel seguito dello show.Mercoledì, al suo secondo capitolo, non dovrebbe allontanarsi granché dalla strada tracciata con il primo. Lo show promette di seguire la brava Jenny Ortega, nuova ragazzina Addams, fra i corridoi della scuola, portandola a contatto con un nuovo, raccapricciante segreto. Sono lacrime di sangue, quelle che le solcano il viso, l'incubo che la sua migliore amica, in qualche modo, possa morire per mano sua. «Questa stagione sarà più grande e contorta di quanto possiate immaginare», ha dichiarato Catherine Zeta-Jones, che in questa seconda stagione ha ripreso le sembianze di Morticia, infilandosi, lei pure, nel passato e nel presente della Nevermore Academy.
Brigitte Bardot guarda Gunter Sachs (Ansa)
Ora che è morta, la destra la vorrebbe ricordare. Ma non perché in passato aveva detto di votare il Front National. Semplicemente perché la Bardot è stata un simbolo della Francia, come ha chiesto Eric Ciotti, del Rassemblement National, a Emmanuel Macron. Una proposta scontata, alla quale però hanno risposto negativamente i socialisti. Su X, infatti, Olivier Faure ha scritto: «Gli omaggi nazionali vengono organizzati per servizi eccezionali resi alla Nazione. Brigitte Bardot è stata un'attrice emblematica della Nouvelle Vague. Solare, ha segnato il cinema francese. Ma ha anche voltato le spalle ai valori repubblicani ed è stata pluri-condannata dalla giustizia per razzismo». Un po’ come se esser stata la più importante attrice degli anni Cinquanta e Sessanta passasse in secondo piano a causa delle sue scelte politiche. Come se BB, per le sue idee, non facesse più parte di quella Francia che aveva portato al centro del mondo. Non solo nel cinema. Ma anche nel turismo. Fu grazie a lei che la spiaggia di Saint Tropez divenne di moda. Le sue immagini, nuda sulla riva, finirono sulle copertine delle riviste più importanti dell’epoca. E fecero sì che, ricchi e meno ricchi, raggiungessero quel mare limpido e selvaggio nella speranza di poterla incontrare. Tra loro anche Gigi Rizzi, che faceva parte di quel gruppo di italiani in cerca di belle donne e fortuna sulla spiaggia di Saint Tropez. Un amore estivo, che però lo rese immortale.
È vero: BB era di destra. Era una femmina che non poteva essere femminista. Avrebbe tradito sé stessa se lo avesse fatto. Del resto, disse: «Il femminismo non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Impossibile aggiungere altro.
Se non il dispiacere nel vedere una certa Francia voltarle le spalle. Ancora una volta. Quella stessa Francia che ha dimenticato sé stessa e che ha perso la propria identità. Quella Francia che oggi vuole dimenticare chi, Brigitte Bardot, le ricordava che cosa avrebbe potuto essere. Una Francia dei francesi. Una Francia certamente capace di accogliere, ma senza perdere la propria identità. Era questo che chiedeva BB, massacrata da morta sui giornali di sinistra, vedi Liberation, che titolano Brigitte Bardot, la discesa verso l'odio razziale.
Forse, nelle sue lettere contro l’islamizzazione, BB odiò davvero. Chi lo sa. Di certo amò la Francia, che incarnò. Nel 1956, proprio mentre la Bardot riempiva i cinema mondiali, Édith Piaf scrisse Non, je ne regrette rien (no, non mi pento di nulla). Lo fece per i legionari che combattevano la guerra d’Algeria. Una guerra che oggi i socialisti definirebbero colonialista. Quelle parole di gioia possono essere il testamento spirituale di BB. Che visse, senza rimpiangere nulla. Vivendo in un eterno presente. Mangiando la vita a morsi. Sparendo dalla scena. Ora per sempre.
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«Gigolò per caso» (Amazon Prime Video)
Un infarto, però, lo aveva costretto ad una lunga degenza e, insieme, ad uno stop professionale. Stop che non avrebbe potuto permettersi, indebitato com'era con un orologiaio affatto mite. Così, pur sapendo che avrebbe incontrato la riprova del figlio, già inviperito con suo padre, Giacomo aveva deciso di chiedergli una mano. Una sostituzione, il favore di frequentare le sue clienti abituali, consentendogli con ciò un'adeguata ripresa. La prima stagione della serie televisiva era passata, perciò, dalla rabbia allo stupore, per trovare, infine, il divertimento e una strana armonia. La seconda, intitolata La sex gurue pronta a debuttare su Amazon Prime video venerdì 2 gennaio, dovrebbe fare altrettanto, risparmiandosi però la fase della rabbia. Alfonso, cioè, è ormai a suo agio nel ruolo di gigolò. Non solo. La strana alleanza professionale, arrivata in un momento topico della sua vita, quello della crisi con la moglie Margherita, gli ha consentito di recuperare il rapporto con il padre, che credeva irrimediabilmente compromesso. Si diverte, quasi, a frequentare le sue clienti sgallettate. Peccato solo l'arrivo di Rossana Astri, il volto di Sabrina Ferilli. La donna è una fra le più celebri guru del nuovo femminismo, determinata ad indottrinare le sue simili perché si convincano sia giusto fare a meno degli uomini. Ed è questa convinzione che muove anche Margherita, moglie in crisi di Alfonso. Margherita, interpretata da Ambra Angiolini, diventa un'adepta della Astri, una sua fedele scudiera. Quasi, si scopre ad odiarli, gli uomini, dando vita ad una sorta di guerra tra sessi. Divertita, però. E capace, pure di far emergere le abissali differenze tra il maschile e il femminile, i desideri degli uni e le aspettative, quasi mai soddisfatte, delle altre.
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La nuova applicazione, in parte accessibile anche ai non clienti, introduce servizi innovativi come un assistente virtuale basato su Intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24, e uno screening audiometrico effettuabile direttamente dallo smartphone. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità del servizio clienti e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della prevenzione uditiva, riducendo le barriere all’accesso ai controlli iniziali.
Il lancio avviene in un contesto complesso per il settore. Nei primi nove mesi dell’anno Amplifon ha registrato una crescita dei ricavi dell’1,8% a cambi costanti, ma il titolo ha risentito dell’andamento negativo che ha colpito in Borsa i principali operatori del comparto. Lo sguardo di lungo periodo restituisce però un quadro diverso: negli ultimi dieci anni il titolo Amplifon ha segnato un incremento dell’80% (ieri +0,7% fra i migliori cinque del Ftse Mib), al netto dei dividendi distribuiti, che complessivamente sfiorano i 450 milioni di euro. Nello stesso arco temporale, tra il 2014 e il 2024, il gruppo ha triplicato i ricavi, arrivando a circa 2,4 miliardi di euro.
Il progetto della nuova app è stato sviluppato da Amplifon X, la divisione di ricerca e sviluppo del gruppo. Con sedi a Milano e Napoli, Amplifon X riunisce circa 50 professionisti tra sviluppatori, data analyst e designer, impegnati nella creazione di soluzioni digitali avanzate per l’audiologia. L’Intelligenza artificiale rappresenta uno dei pilastri di questa strategia, applicata non solo alla diagnosi e al supporto al paziente, ma anche alla gestione delle esigenze quotidiane legate all’uso degli apparecchi acustici.
Accanto alla tecnologia, resta centrale il ruolo degli audioprotesisti, figure chiave per Amplifon. Le competenze tecniche ed empatiche degli specialisti della salute dell’udito continuano a essere considerate un elemento insostituibile del modello di servizio, con il digitale pensato come strumento di supporto e integrazione, non come sostituzione del rapporto umano.
Fondato a Milano nel 1950, il gruppo Amplifon opera oggi in 26 Paesi con oltre 10.000 centri audiologici, impiegando più di 20.000 persone. La prevenzione e l’assistenza rappresentano i cardini della strategia industriale, e la nuova Amplifon App si inserisce in questa visione come leva per ampliare l’accesso ai servizi e rafforzare la relazione con i pazienti lungo tutto il ciclo di cura.
Il rilascio della nuova applicazione è avvenuto in modo progressivo. Dopo il debutto in Francia, Nuova Zelanda, Portogallo e Stati Uniti, la app è stata estesa ad Australia, Belgio, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera, con l’obiettivo di garantire un’esperienza digitale omogenea nei principali mercati del gruppo.
Ma l’innovazione digitale di Amplifon non si ferma all’app. Negli ultimi anni il gruppo ha sviluppato soluzioni come gli audiometri digitali OtoPad e OtoKiosk, certificati Ce e Fda, e i nuovi apparecchi Ampli-Mini Ai, miniaturizzati, ricaricabili e in grado di adattarsi in tempo reale all’ambiente sonoro. Entro la fine del 2025 è inoltre previsto il lancio in Cina di Amplifon Product Experience (Ape), la linea di prodotti a marchio Amplifon già introdotta in Argentina e Cile e oggi presente in 15 dei 26 Paesi in cui il gruppo opera.
Già per Natale il gruppo aveva lanciato la speciale campagna globale The Wish (Il regalo perfetto) Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi nel mondo circa 1,5 miliardi di persone convivono con una forma di perdita uditiva (o ipoacusia) e il loro numero è destinato a salire a 2,5 miliardi nel 2050.
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Francesco Borgonovo, Gianluca Zanella e Luigi Grimaldi fanno il punto sul caso Garlasco: tra nuove indagini, DNA, impronte e filoni paralleli, l’inchiesta si muove ormai su più livelli. Un’analisi rigorosa per capire a che punto siamo, cosa è cambiato davvero e quali nodi restano ancora da sciogliere.