2022-07-01
Mentre il mondo brucia, Pd e M5s pensano al fumo
Mi scrive un amico che lavora per un altro giornale: «Maurizio, girano voci secondo cui la Nato ad agosto attaccherebbe i russi in Crimea… Sarebbe la guerra mondiale! Questi sono pazzi». Non ho l’abitudine di dar retta alle voci, né conosco quali siano le fonti del collega: so che di solito è ben informato, tuttavia i mesi appena trascorsi mi hanno insegnato che le guerre sono condotte non soltanto con le bombe, ma anche con la diffusione di notizie false, per spaventare o depistare il nemico. Dunque, non mi esprimo su una possibile, e ovviamente terribile, estensione del conflitto, ma riferisco il messaggio per farvi capire l’aria che tira. Mentre il Pd e i 5 stelle pensano allo ius scholae, per dare la cittadinanza agli immigrati, e alla legalizzazione della cannabis, per consentire a chiunque di coltivarsi le piantine di marijuana in giardino, il mondo reale guarda con terrore a quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi. Non si tratta solo di bollette e inflazione che salgono, ma di che cosa ci riserva il futuro sul fronte di una guerra che rischia ogni giorno di sfuggire di mano. Ieri mattina insieme con il messaggio del collega mi è arrivata anche una breve sintesi d’agenzia dell’intervento del numero uno dell’intelligence americana, Avril Haines, durante una conferenza del dipartimento del Commercio. Come se nulla fosse, la donna che ai tempi di Obama è stata vicedirettrice della Cia e vice della Sicurezza nazionale, cioè una tipa abituata a destreggiarsi tra dossier e agenti segreti, ha riferito di non escludere che Putin possa fare uso di qualche arma nucleare. Lo ha detto così, parlando del prolungarsi della guerra in Ucraina, quasi come se fosse uno sviluppo da mettere in conto. «Dopo quattro mesi di conflitto, Mosca ci metterà anni a ricostruire le sue forze. E in questo lasso di tempo è possibile che Vladimir Putin faccia affidamento su altri mezzi, come cyberattacchi, ricatti energetici o armi nucleari, per cercare di gestire e proiettare potere e influenza a livello globale». Insomma, la Haines ha certificato che la Russia è in guerra con il mondo e noi lo siamo con la Russia. La questione non è più l’Ucraina o solo l’Ucraina, attaccata e devastata dalle truppe di Mosca. La questione è come potrebbe reagire Putin se il conflitto prendesse una piega diversa da quella che lui si è immaginato. Nessuno discute sulle responsabilità russe e su che cosa vorrebbe dire sganciare un’arma nucleare, ma molto ci sarebbe da discutere sulle conseguenze di tutto ciò e se davvero il nostro Paese, l’Europa e il resto del globo siano preparati a un rischio del genere.È vero, non è la prima volta che in questi mesi si parla dell’impiego da parte russa di atomiche. A farne menzione settimane addietro sono stati i commentatori delle tv di Mosca, probabilmente per spaventare gli avversari. Però adesso ne discute liberamente, durante una conferenza, la responsabile dell’intelligence americana, quasi che la faccenda sia un’eventualità da mettere in conto. Da quando i carri armati di Putin hanno varcato il confine e invaso l’Ucraina, tutto sembra possibile e inevitabile. La Nato annuncia che rafforzerà le proprie capacità militari con 300.000 uomini, mentre Joe Biden ci ha informato ieri di aver stanziato altri 800 milioni per dare armi a Kiev. Insomma, tutto procede lentamente, ma in una sola direzione, in uno scontro che non riguarda più solo l’Ucraina, bensì noi e però, mentre si gioca il destino dell’Europa, e forse del mondo, il Parlamento italiano discute di ius scholae e di canne. Non di fucile, intendiamoci, ma di canne da fumare per consentire a chi si droga di non dover dipendere dallo spacciatore, ma solo dalla marijuana. Ieri sulla Stampa Domenico Quirico, uno che le guerre le conosce da vicino, ha scritto un lungo articolo per cercare di capire come mai la brutalità della battaglia in corso nell’Est dell’Europa non spaventi nessuno. Secondo lui, «l’assenza del rischio personale incide sulla percezione della guerra. Nel senso che essere come è giusto al fianco degli ucraini appare come una faccenda teorica, senza conseguenze». Siccome da vent’anni in Italia non c’è più il servizio militare, gli italiani non pensano di poter essere coinvolti nel conflitto. Al massimo, alcune centinaia di soldati di professione possono essere dislocate in Romania o in Moldavia, ma solo per svolgere un lavoro nelle retrovie, senza prendere parte al conflitto. La generazione disarmata, quella che è cresciuta in tempo di pace e dal 2004 non è più neppure chiamata a indossare la divisa, non pensa di poter essere chiamata alle armi, come non lo pensano le loro famiglie. Nessuno crede di poter essere arruolato di forza, perché nessuno la guerra la vuole fare. E però, se si dà per possibile che si possa arrivare alle estreme conseguenze, perfino all’uso di un’atomica, forse di questo dovremmo cominciare a parlare, lasciando da parte ius scholae e cannabis.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)