2022-12-06
Meloni ha ragione: parola di Ue e via XX Settembre
La Banca d’Italia contro la Banca centrale europea? Più o meno. Ma anche contro il ministero dell’Economia e anche contro il buon senso. Da giorni, come sapete, i giornaloni sono a caccia di qualsiasi cosa consenta di attaccare il governo per l’aumento della soglia dei pagamenti in contanti.Più di dieci anni fa Mario Monti vietò di pagare più di 1.000 euro in banconote, Matteo Renzi poi portò il tetto a 3.000 e ora Giorgia Meloni vorrebbe ritornare a quota 5.000. Ma alla grande stampa, controllata direttamente o indirettamente dal sistema bancario, tutto ciò non piace. E dunque le pagine contro il provvedimento si sprecano. L’accusa è di voler aiutare gli evasori, i quali sarebbero favoriti da un ritorno all’uso del contante. Ieri, sulla maggior parte dei siti online, è stato dato grande risalto all’audizione in Parlamento del capo servizio della struttura economica della Banca d’Italia. Commentando la manovra, il funzionario di via Nazionale ha criticato l’innalzamento del tetto al contante, giudicandolo «in contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese che anima il Pnrr e con l’esigenza di continuare a ridurre l’evasione fiscale». Insomma, una bocciatura senza appello, per di più con il marchio dell’istituto centrale. Peccato che lo stesso dirigente di Bankitalia sia stato costretto ad ammettere che «a livello europeo non sia prevista alcuna soglia massima», e se in alcuni Paesi sono previsti tetti inferiori a quelli che vorrebbe istituire il governo Meloni, in altri - tra i quali la Germania - non esiste alcun divieto. E allo stesso tempo, l’uomo di Ignazio Visco ha anche riconosciuto che pur rappresentando un ostacolo per forme di criminalità ed evasione, «i limiti all’uso del contante non forniscono un impedimento assoluto alla realizzazione di condotte illecite». Dunque, leggendo bene il testo depositato agli atti, le dichiarazioni sembrano meno assolute di quanto appare sui principali siti. Ma, soprattutto, l’intervento appare in netto conflitto con quanto fino a ieri dichiarava la Bce. Fu Fabio Panetta, esponente italiano nel consiglio della Banca centrale europea, a spiegare che il divieto di usare il contante penalizzava la parte della popolazione meno abituata a maneggiare codici e dispositivi digitali. E sempre l’esponente dell’istituto valutò l’impatto negativo di un obbligo europeo sui consumatori e l’economia. A leggere le valutazioni semplicistiche fatte ieri, dopo l’intervento davanti alle commissioni di Camera e Senato dal dirigente di via Nazionale, si dovrebbe dunque concludere che Banca d’Italia e Banca centrale sono in conflitto? Forse. O forse, più semplicemente, siamo alle solite, cioè all’uso e all’abuso di studi per giustificare una tesi politicamente caratterizzata. Del resto, per rendersene conto è sufficiente spulciare un po’ di documenti, come ha fatto Giuseppe Liturri. Da gran compulsatore di atti ufficiali, il nostro collaboratore ha scovato la relazione sull’economia sommersa predisposta dal ministero dell’Economia e delle finanze. Risultato, si scopre che la riduzione dell’evasione dell’Iva non coincide con gli anni in cui il governo Monti vietò i pagamenti cash sopra i 1.000 euro, ma quando quello di Renzi portò la soglia a 3.000 euro. I dati si incaricano di smentire le teorie dell’opposizione e dei giornaloni. Tuttavia, nel dettaglio è lo stesso ministero a demolire l’idea che, costringendo i consumatori a pagare con la carta di credito, si eliminerebbe l’evasione. Anche in questo caso, con le cifre alla mano, la relazione (predisposta prima dell’insediamento a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni) fa a pezzi il cashback voluto da Giuseppe Conte (troppo costoso e inutile per scovare gli evasori), ma anche il convincimento che i pagamenti elettronici siano il modo migliore per mettere con le spalle al muro chi fa il furbo e non paga le tasse. Secondo gli esperti di via XX Settembre, ormai l’evasore usa mezzi sofisticati, impiegando anche le transazioni digitali, che lungi dall’essere facilmente tracciabili, consentono di nascondere al fisco ingenti cifre. Insomma, la Bce prima e il Mef poi, spazzano via i luoghi comuni. Che però, purtroppo, continuano a essere materia per i grandi giornali, i quali parlano spesso di diritti, ma fino a quando non confliggono con i loro interessi e con quelli dei loro amici e degli amici degli amici, secondo lo stile della consorteria italiana.
Il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo (Imagoeconomica)
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