2022-10-03
«Meloni al governo? Ecco cosa insegna il modello Marche»
Francesco Acquaroli (Ansa)
Il presidente Fdi, Francesco Acquaroli, concede una delle sue rare interviste politiche: «In due anni abbiamo fatto più cose noi che la sinistra in cinque».Hanno lavorato, lottato, studiato gomito a gomito per anni. Lei alla Garbatella, lui a Potenza Picena, a metà strada tra l’Adriatico e l’infinito di Giacomo Lopardi. Da Potenza Picena se apri le finestre vedi Recanati. Francesco Acquaroli ha solo tre anni più di Giorgia Meloni - è del 1974, Ariete, sposato con Lucia, due figli, consulente finanziario con laurea in economia e amministrazione d’impresa - e insieme da Azione Giovani hanno percorso tutto il cursus honorum della nuova destra. Difficile se vieni da una terra di tradizione cattolica, dove la Margherita si è insanguata con il vecchio Pci e ha costruito un sistema di potere blindato mettendo insieme impresa ed ex mezzadria e sfruttando gli intellò. Eppure lui è stato il primo a rompere la cortina di ferro del «cattocomunismo» adriatico, un’impresa che pareva impossibile. Anche perché il resto del centrodestra non era disposto a scommettere su questo deputato di fresca nomina che era sì stato giovanissimo consigliere regionale e sindaco del borgo natio, ma sembrava non avere l’aplomb. Invece Giorgia Meloni ha puntato i piedi. È stata la prima volta che Acquaroli è diventato un caso nazionale: o lui candidato o si rompe l’alleanza di centrodestra. E così è stato: il 21 settembre 2020 Acquaroli ha vinto le regionali. Due anni e quattro giorni dopo è toccato a Giorgia Meloni vincere le politiche e ora i due vanno di conserva. Quando gli accenno a cosa pensa del governo, Francesco Acquaroli alza le mani: «Non ne parlo, io mi occupo della Regione». Né vuole pigliarsi rivincite sugli avversari. E sì che un sassolone dalla scarpa dovrebbe pur toglierselo. Perché ci provarono anche con lui a dargli del fascista. Fu Nicola Zingaretti, allora segretario del Pd, ad accusarlo di nostalgie del ventennio perché Acquaroli aveva partecipato con altri esponenti di Fratelli d’Italia a una cena ad Ascoli Piceno in cui si sarebbe celebrata la marcia su Roma. In campagna elettorale la pregiudiziale antifascista viene sempre buona. Finisce sempre nello stesso modo: Acquaroli presidente delle Marche, Meloni che si avvia a diventare la prima donna presidente del Consiglio. Ne parla con la Verità in questa rarissima intervista: Acquaroli è il politico meno mediatico esistente in Italia.Lei è uno degli amici più stretti di Giorgia Meloni. Vi siete sentiti? Che le ha detto? «Ci siamo sentiti, le ho fatto le congratulazioni e condiviso questo momento importante. Ci siamo sentiti spesso prima delle elezioni, soprattutto per parlare della catastrofica alluvione che ha colpito le Marche. Spero ci vedremo presto». Immagino che lei sia soddisfatto del risultato elettorale. Si è molto speso nella costruzione di Fratelli d’Italia: che significato ha per lei questa vittoria?«Sono certamente contento del risultato elettorale di Fratelli d’Italia e di tutto il centrodestra. Significa poter costruire quel modello su cui ci stiamo impegnando in Regione, significa rafforzare un’idea di governo che vuole mettere al centro i territori, le categorie, le imprese, le famiglie e i cittadini, dare voce agli interessi di tutti e superare le logiche dei pochi. Rappresentare una visione comune».Molti hanno votato Fdi, ma pochi conoscono la scelta di diventare militante di Fdi. Lei come ha maturato questa opzione politica e che prezzi ha pagato per questa sua scelta in una Regione dove prevaleva la sinistra?«La politica per me è passione e soprattutto una forma nobile di impegno civile. A Giorgia Meloni mi lega da sempre una grande fiducia e condivisione, il credere all’importanza della politica attiva legata ai territori. Dare voce a un territorio con una visione politica che mi rappresenta, impegnandomi in prima persona e condividendo il percorso con le persone che sono accanto a me. Non ho pagato alcun prezzo, perché io non faccio politica per avere qualcosa indietro ma per convinzione, quindi per me è stato tutto un’esperienza positiva».Pensa che la sua vittoria alle Regionali di due anni fa fosse già un segnale che stava cambiando il vento? Che c’era un consenso in maturazione verso il centrodestra e Fdi in particolare?«La vittoria nelle Marche così come in tante altre regioni e comuni italiani mostra sicuramente che i cittadini considerano il centrodestra una forza di buongoverno. Nello specifico, per la nostra regione, è chiaro che i marchigiani hanno cercato in noi risposte che in 25 anni non avevano trovato nel centrosinistra». Si è sempre osservato che le Marche sono un laboratorio politico: ciò che succede in riva all’Adriatico poi succede a Roma. Crede che questa condizione si sia verificata anche questa volta?«Non ho la presunzione di affermarlo, sicuramente ci sono sovrapposizioni che fanno pensare che quanto è accaduto nella nostra regione abbia similitudini con quello che sta accadendo in Italia. Questo tuttavia è anche frutto di un’attenzione costante che da sempre politicamente abbiamo dimostrato per questi territori e non è solo legata ai periodi della campagna elettorale». Veniamo alla tremenda tragedia che ha colpito la valle del Misa. Avete fatto una stima dei danni e dei tempi che ci vorranno per la ricostruzione?«C’è stata una devastazione talmente ampia che la ricognizione dei danni alle infrastrutture, ai servizi, alle famiglie e alle imprese, è in via di accertamento. Sicuramente l’ordine non sarà di milioni». Quanto male le ha fatto sentir dire che lei non era sul posto durante l’alluvione, che era a cena con Guido Crosetto? Lei ha smentito, ma non si è sentito vittima di sciacallaggio politico?«Purtroppo sono abbastanza abituato e non è la prima volta che accade, basti pensare alla disinformazione subita sul tema dell’aborto. Non ha fatto male a me questo tipo di atteggiamento, ma alla credibilità delle istituzioni. Non appena mi hanno riferito della tragedia ho immediatamente lasciato l’evento in cui ero impegnato e ho raggiunto la sala operativa che si era appena riunita, com’è normale che sia». L’attacco post alluvione delle opposizioni e soprattutto di esponenti Pd che erano componenti della passata giunta regionale si è ampliato con dichiarazioni di chi rimprovera a lei e all’attuale maggioranza marchigiana di non aver fatto nulla per contrastare la tragedia. Ma nei venti anni precedenti non sembra che il centrosinistra abbia risolto i problemi. Non crede che sia un modo sbagliato di fare politica?«Come in ogni situazione, parlano gli atti e i fatti. Tutto questo si può riassumere in due numeri, e cioè negli stanziamenti fatti per il dissesto idrogeologico nelle Marche. Dal 2016, anno in cui le competenze sono state attribuite alle regioni, al 2020, sono stati in totale 98 milioni di euro. Nel 2021 e 2022, quindi nei soli due anni del nostro governo, siamo a 106 milioni di euro. Stanziamenti ampliati nell’ultimo assestamento con ulteriori 15 milioni. Numeri che testimoniano che in due anni abbiamo stanziato di più rispetto a tutti i cinque anni precedenti. Detto questo, ognuno sceglie come comportarsi. C’è chi cerca di parlare con atti e chi cerca sempre di parlare dell’avversario, evidentemente non altro da dire». Le Marche portano ancora le profonde le ferite del terremoto. Forse c’è davvero una distrazione eccessiva sui temi della tutela del territorio. Parte da qui la sua proposta di un’agenzia nazionale. Crede che questa sia una priorità?«Il tema del governo del territorio è molto serio e ampio e deve partire dall’analisi di quanto accaduto negli ultimi 40 anni: una visione di ambientalismo ideologico, con una mancata pianificazione e un rimbalzo di competenze che ci lascia uno schema frammentato a cui si aggiungono risorse scarse e insufficienti. Ora bisogna intervenire in maniera strutturale, soprattutto su territori come quello marchigiano, ad alto valore paesaggistico ma anche molto fragile. La proposta del Piano nazionale è per creare una risposta strutturata e all’altezza della situazione per la nostra nazione». Come vede la prospettiva economica delle Marche e dell’Italia in generale? «È sicuramente la fase più complicata dal dopoguerra a oggi, mi sembra inutile ricordare quanto accaduto solo negli ultimi due anni. Ma i nostri imprenditori hanno sempre mostrato determinazione e forte capacità di reazione. Ora hanno bisogno che le istituzioni diano loro un sostegno reale e tangibile, soprattutto in tema di energia, fisco e semplificazione. Non dobbiamo mettere i bastoni fra le ruote a chi vuole fare, anzi lo Stato deve supportare le imprese perché è solo così che possiamo ripartire».Il successo elettorale le ha portato via diversi assessori. Il centrodestra ha fatto cappotto nelle Marche nell’uninominale. È più la soddisfazione per il successo o la preoccupazione per il rimpasto? «Il successo dei nostri assessori è il riconoscimento di una classe dirigente e quindi non può essere mai considerato un problema, ma una opportunità. Sono sicuro che chiunque arriverà al loro posto continuerà sulla strada che abbiamo già intrapreso».Il Pnrr a che punto è, visto dal suo osservatorio? E sarebbe giusto modificarlo o adeguarlo?«In questi ultimi mesi molto è cambiato rispetto a quanto è stato varato. Penso sia necessario ragionare sul dare risposte di sistema che possano andare incontro alle esigenze maturate negli ultimi mesi e che si aggiungono a quelle che vengono trattate dal Pnrr, come stanno facendo anche altri Paesi europei».