2023-03-30
I media usano la killer per sdoganare il gender
Invece di concentrarsi sui piccoli morti, il «Corriere» e altri giornali si prodigano in spiegazioni sul perché parlano al maschile dell’assassina di Nashville (benedicendo l’autodeterminazione di genere) e sulla società oppressiva che l’ha spinta a uccidere.Avrà pure ammazzato tre bambini e sparato a caso su altri poveracci la cui sola colpa era quella di lavorare in una scuola cristiana in cui (forse) lei si era trovata male. Ma guai a negare all’assassina di Nashville la sua identità di genere, guai a chiamarla con il pronome sbagliato: quello sì che sarebbe grave.La misura del delirio grammaticale in corso l’ha offerta ieri il Corriere della Sera, che ha apostrofato Audrey Hale, l’assassina di Nashville, come «il killer». Già: poiché la donna si identificava come maschio, bisogna chiamarla al maschile. Persino se è morta dopo aver fatto una strage in una scuola. Persino se aveva «disturbi emotivi» e non è nemmeno chiaro fino in fondo se fosse davvero intenzionata a cambiare sesso oppure fossero le sue turbe mentali a suggerirle di attribuirsi un nome da maschio, Aiden.L’apoteosi il giornale di via Solferino la raggiunge riportando le dichiarazioni di Norma, la madre dell’assassina: «Ha detto che non sapeva che “la figlia” possedesse ancora delle armi». Capito? «La figlia» va tra virgolette, perché bisogna rispettare la volontà di Audrey di identificarsi come maschio.Il Corriere della Sera, per fugare ogni dubbio, ha pensato bene di spiegare nel dettaglio ai lettori le ragioni di tali scelte linguistiche, così da istruirli per il futuro. «La comunicazione inizialmente è stata poco chiara, motivo per cui è bene spiegare quale sia la situazione e cosa sappiamo finora», leggiamo in un apposito articolo pubblicato sul sito. «La polizia si è riferita a Hale parlandone al femminile e usando pronomi generalmente attribuiti alle donne, ma dai social media emerge come Hale usasse, nel parlare di sé, i pronomi declinati al maschile. Quindi: in un primo momento i giornali, compreso il Corriere della Sera, hanno fatto riferimento a Hale come “la” killer. Una volta ricostruita la vicenda, Hale è diventato nei titoli e negli articoli “il” killer».Tutto chiaro, no? In un lampo, approfittando dell’occasione offerta da una strage di bambini, il quotidiano ha sdoganato l’autodeterminazione di genere. Il concetto viene ribadito qualche riga dopo: «Quando usiamo il termine transgender, facciamo riferimento a tutti coloro che assumono una identità di genere diversa da quella attribuita loro alla nascita (è un concetto più ampio che include quello di transessuale). La definizione transgender si oppone a cisgender, che indica le persone che si identificano nel loro genere di nascita: nei cisgender identità di genere e sesso biologico corrispondono». Cristallino: occorre introdurre una definizione allargata di transgender che ricomprenda anche coloro che «si identificano» come appartenenti al sesso opposto. E pazienza se il self id, come viene chiamato nel mondo anglosassone, da queste parti non sia ammesso.Intendiamoci: il punto, qui, non è certo quello di sostenere che Audrey Hale abbia fatto ciò che ha fatto perché trans. Anche perché il tema della sua identità di genere dovrebbe essere trattato soltanto dopo un attento esame delle sue condizioni mentali. L’aspetto spaventoso della faccenda è piuttosto il modo in cui è stata raccontata, e soprattutto il modo in cui i media hanno affrontato il tema dell’eventuale transgenderismo. Il caso del Corriere è allucinante, ma altrove non è andata meglio.La rivista statunitense Newsweek e il britannico Guardian, ad esempio, si sono subito precipitati a spiegare che i transgender sono una ridottissima minoranza fra i colpevoli di stragi nelle scuole (grazie: sono una ridottissima minoranza anche fra la popolazione globale). La Nbc ha richiamato l’attenzione sul fatto che la «comunità transgender ora teme ulteriori discriminazioni». Altri quotidiani (tra cui La Stampa) hanno fatto notare come Audrey Hale non sopportasse di essere stata iscritta dai genitori molto fedeli a una scuola cristiana. Il Daily Mail, prontamente ripreso dal Corriere, ha citato una fonte anonima secondo cui i genitori della killer «non potevano accettare che fosse transgender».Insomma, più o meno surrettiziamente si inizia a far passare l’idea che Audrey sia stata trasformata in una omicida dalla società oppressiva che rifiutava di riconoscerla per quello che era. Il che è curioso: in questo modo si stabilisce un legame certo fra la transessualità della donna e la strage, lo stesso legame che gli attivisti trans vorrebbero negare. Con tutta evidenza, al centro del dibattito dovrebbe esserci la morte dei bambini, e in secondo luogo si dovrebbe riflettere sulle cause dei continui assalti armati alle scuole che flagellano la società americana. Di questo, però, non si parla perché ci si concentra sull’identità di genere. E lo si fa, al solito, sottomettendosi totalmente ai dettami del sessualmente corretto.Viene il sospetto, ad esempio, che il manifesto della killer non venga pubblicato per timore di offendere in qualche modo le associazioni trans. Soprattutto, assistiamo allo sdoganamento di una ideologia (quella della autodefinizione dell’identità) che continua a produrre disastri ovunque.Persino l’attivista Marci Bowers, presidente della World professional association for transgender health, ha ammesso - parlando con Michelle Goldberg del New York Times - l’esistenza di una componente sociale nella diffusione del transgenderismo. «Ci sono persone nella mia comunità», ha detto, «che negheranno che esista una sorta di “contagio sociale” - non dovrei dire contagio sociale, ma almeno dovrei citare l’influenza dei pari su alcune di queste decisioni. Penso che sia semplicemente non riconoscere il comportamento umano». Sapete che significa? Che le pressioni ideologiche e la propaganda continua hanno un effetto, soprattutto sulle giovani generazioni. E sono in tanti gli adolescenti - specialmente ragazze - che si convincono di voler cambiare sesso per via del contesto in cui sono immerse.Il punto, dunque, non è che essere trans significhi essere assassini o violenti. Il punto è che - addirittura con una strage di mezzo - non riusciamo a sottrarci all’influenza nefasta del politicamente corretto che sta avvelenando l’Occidente intero.