2024-06-02
Caro Mattarella, si rilegga la Carta. Sovrano è il popolo, non Bruxelles
Sergio Mattarella (Getty Images)
Il primo articolo della Costituzione è molto chiaro, eppure il capo dello Stato afferma come se niente fosse che le elezioni consacreranno il potere europeo. Presto ci diranno di lasciar fare direttamente a un algoritmo.Secondo Sergio Mattarella, l’Italia l’8 e il 9 giugno celebrerà la sovranità dell’Europa. Non so chi abbia suggerito la frase, ma a me pare che alle prossime elezioni gli elettori semmai celebreranno la sola sovranità riconosciuta dalla Costituzione, che è quella del popolo. Per quanto al Quirinale facciano a gara a dimenticarlo, per di più in prossimità della festa della Repubblica, l’articolo uno della Carta su cui si fonda la nostra democrazia non lascia dubbi: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Non sta scritto da nessuna parte che la sovranità appartiene agli occhiuti funzionari di Bruxelles, né è stabilito che l’Italia sia una provincia dell’Unione europea, a cui è tenuta a inchinarsi a prescindere. Neppure si può chiamare in soccorso l’articolo 11, quello che ripudia la guerra come strumento di offesa (a proposito, forse sul Colle l’hanno dimenticato, visto che non mi pare di aver sentito la voce del capo dello Stato in merito al dibattito sull’urgenza di colpire la Russia con missili italiani?), e che in un comma fissa le limitazioni di sovranità allo scopo di assicurare la pace e la giustizia delle nazioni, promuovendo e favorendo le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Perché ancora una volta semmai, è ribadita la sovranità del nostro Paese, con la sola rinuncia a esercitarla in favore del perseguimento di un ben limitato obiettivo. Certo, poi ci sono gli articoli 117 e 120, che a seguito della riforma voluta dal centrosinistra stabiliscono come sia la legislazione italiana che quella regionale debbano accordarsi con quella europea. Ma ancora una volta è ribadito che la sovranità non è della Ue, bensì del popolo, sostantivo che tutti sembrano voler dimenticare, soprattutto quando la volontà popolare è chiamata a esprimersi con il democratico esercizio del voto. A qualcuno la precisazione potrà sembrare una faccenda di poco conto e invece no. Perché presto ci racconteranno che la sovranità non appartiene nemmeno più all’Unione europea, organismo che ricordo è rappresentato da una Commissione che gli elettori non scelgono in quanto decisa dagli Stati e di conseguenza dai partiti di maggioranza di ogni singolo Paese, ma da un algoritmo. Certo, perché se nei fatti si elimina la necessità di consultare chi detiene la vera sovranità, presto potremmo scoprire che le decisioni non sono più prese da un’autorità politica forte di un mandato popolare, ma da un’istituzione tecnica, chiamata a decidere nell’interesse di un bene supremo che non è stabilito dal popolo, ma da un’élite. Del resto, proprio l’Italia è stata un laboratorio di questa tendenza autoritaria e burocratica. Se con la prima Repubblica la guida dei governi era decisa dalle segreterie dei partiti e dopo aver fatto ricorso a una logica spartitoria che trovò applicazione nel manuale Cencelli, nella seconda a decidere chi dovesse condurre l’esecutivo sono stati i presidenti della Repubblica, i quali in barba alla regola più volte sono ricorsi ai cosiddetti tecnici. Da Ciampi a Draghi, passando per Mario Monti, ogni volta si è preferito accantonare la volontà popolare in nome di un’emergenza, a volte economica altre volte sanitaria. In tutti i casi comunque, il ricorso all’articolo uno, cioè alla sovranità del popolo, è stato visto come un potenziale pericolo, una scelta da evitare. Ma trasferendo la sovranità all’Europa, cioè a un organismo che non è tenuto al rispetto di una Costituzione (non è mai stata approvata) né è soggetto a un voto parlamentare che lo possa sfiduciare, di fatto la si leva al popolo, svuotando di significato la nostra Carta, che è la più bella del mondo, come disse tempo fa Roberto Benigni, salvo poi schierarsi a favore del referendum per modificarla, tanto bella che spesso proprio chi dovrebbe rispettarla la dimentica. Mi dispiace per Mattarella e anche per i suoi dotti consiglieri, ma io l’8 e il 9 giugno andrò a votare per celebrare la sovranità del popolo italiano, sperando che il mio voto serva a demolire il totem di un’Europa governata dagli algoritmi e non dalla volontà dei cittadini.
Chicco Testa (Imagoeconomica)