2022-05-27
Mascherine giù, contagi pure. Ma c’è una eccezione: chi è obbligato a indossarle
Dal primo maggio, senza obblighi di bavagli, il tasso di positivi è crollato. E la più alta incidenza d’infezioni si trova tra i giovani in età scolare, ancora costretti a metterseli.Sono in costante diminuzione i nuovi casi di Covid. Dal primo maggio, da quando la mascherina non è più obbligatoria in molti luoghi chiusi, i tassi di positività continuano a scendere, confermando che il bavaglio non serviva a proteggere dal contagio. Con la bella stagione, l’estate ormai alle porte, si sapeva che il virus perdeva aggressività, però siamo stati fino al 30 aprile con il Dpi sul volto e lo dobbiamo mantenere, rafforzato, fino al 15 giugno su treni, autobus, cinema e teatri. Per non parlare dell’obbligo per i lavoratori del privato e delle raccomandazioni che sono diventate diktat nel settore pubblico. Lo stesso report esteso dell’Iss, nell’ultimo aggiornamento, segnala che «accelera il calo della incidenza settimanale», sceso da 103 per 100.000 abitanti dei primi sette giorni di maggio, a 73 per 100.000 del 19 maggio. Ma è proprio guardando i casi identificati da test molecolare o da antigenico rapido, che si evidenzia l’abbassamento della curva epidemiologica. Pochi numeri, per fotografare una situazione di quasi normalità però ostinatamente negata dal ministero della Salute. Dal 30 aprile, si è passati da un incremento giornaliero di 53.602 positivi al tampone ai 20.322 di ieri, 26 maggio. A quasi parità di test effettuati, che anzi sono in crescita rispetto ad aprile, in questo mese l’aumento di casi rispetto al giorno precedente si è progressivamente ridotto, passando a 48.255 positivi il 5 maggio, 42.249 il giorno 11, 36.042 il 14, 30.408 quattro giorni dopo, per poi scendere drasticamente sotto la soglia di 20.000 il 21 maggio (23.976) e il 26 maggio (20.322). «Vedo che la campagna vaccinale si è arenata e che c’è un calo di attenzione, che fa togliere le mascherine al chiuso e frequentare locali affollati. E l’indicatore finale di questo clima di rilassatezza è il numero dei morti, ancora tanti», osservava a fine aprile con il consueto ottimismo Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza. Sul conteggio dei morti ancora non è stata fatta chiarezza nei bollettini Covid e nelle direttive Iss. Deceduto per coronavirus è una classificazione che si basa solo sul tampone effettuato e non tiene conto delle patologie del poveretto che non ce l’ha fatta, però in questo contesto fermiamoci a considerare il calo dei contagi. Significativo e indiscutibile. Il virus circola meno e la mascherina non l’avrebbe tenuto più lontano. Anche lo scorso anno, infatti, quando eravamo ancora imbavagliati in Regioni a semaforo, il mese di maggio fu contrassegnato da una diminuzione di casi diagnosticati con tampone. Da un incremento di casi totali, rispetto al giorno precedente, di 13.446 conteggiati il 30 aprile 2021, si scese a 10.554 il 7 maggio, 6.946 l’11 maggio, 4.452 il 18 maggio e 3.937 il 26 maggio, per mantenere l’ultima data presa come riferimento quest’anno. Il 31 maggio 2021 l’incremento si ridusse addirittura a 1.820 casi. Eravamo tutti mascherati, si dovette aspettare il 28 giugno per togliere la chirurgica o la Ffp2 all’aperto, ma il Covid nel frattempo aveva già allentato la presa da un bel pezzo. «Al chiuso bisogna proteggersi, la Ffp2 è efficace anche contro Omicron. Vediamo comparire varianti sempre più contagiose e anche i vaccinati rischiano di infettarsi», dichiarava invece a metà aprile l’immunologa Antonella Viola, sostenitrice della necessità di «fare un piccolo sacrificio, coprendo naso e bocca quando si entra in luoghi chiusi». Ne è sempre convinto il ministro Speranza, che infatti costringe gli studenti a restare imbavagliati perfino al cospetto del presidente del Consiglio che si unisce loro senza protezione facciale, come è capitato a Verona. «Mancano poche settimane» alla conclusione dell’anno scolastico, «e in questo breve lasso di tempo teniamo ancora la precauzione delle mascherine», perché «era la Dad il prezzo più alto pagato da chi va a scuola», e si volevano garantire lezioni in presenza, ha provato a spiegare il ministro. L’obbligo di stare con una protezione sulla faccia in classe, per poi togliersela appena varcato il cancello della scuola, deve essere sembrato ragionevole a Speranza e al suo collega all’Istruzione, Patrizio Bianchi. Così si limitano i contagi, era il mantra preferito. Invece, proprio l’ultimo report esteso dell’Istituto superiore della sanità sconfessa questa linea di pensiero, evidentemente senza base scientifica. Riferito alla fascia 10-19 anni, il tasso di incidenza settimanale di casi segnalati di Covid è infatti il più alto in assoluto. Dal 9 al 16 maggio è risultato 484, mentre è 345 tra i 20-29 anni, 425 nella fascia 50-59, 397 in quella dei sessantenni, 354 tra le persone di 80-89 anni. Se consideriamo che stiamo parlando di studenti, costretti a imbavagliarsi, decisamente questa misura anti contagio non sta funzionando e Speranza ne deve render conto. Certo, il suo sottosegretario Pierpaolo Sileri ha detto: «Per quella che è la circolazione del virus oggi, se posso battermi per togliere l’obbligo in queste due settimane da 30 gradi mi batterò», ma forse è un tantino in ritardo nel rimboccarsi le maniche. Se ne è accorto pure il garante regionale dei minori della Puglia, Ludovico Abbaticchio, rilevando che «il rischio di mantenere misure restrittive poco comprensibili e non eque nei confronti dei minori, oltre a consolidare paura del contagio, rischia di rendere permanenti le patologie sviluppatesi durante la pandemia e di diffonderle su larga scala». Oltre che di mantenere alti i contagi, come documenta il report dell’Iss.
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