2023-07-22
Marina contro le balle dei giornali: «Stimo e rispetto la Meloni»
La primogenita di Silvio Berlusconi smentisce i retroscena sullo scontro con Fdi: «Speculazioni». Giorgia conferma: «Mai stato un caso».«Ci abbiamo riso su», dice Giorgia Meloni limitandosi alla recensione di un cinepanettone. «Strumentalizzazioni fuori dalla realtà, per la premier nutro il massimo rispetto e la massima stima», entra nel merito Marina Berlusconi commentando due giorni di deliri mediatici riguardo a presunte frizioni fra palazzo Chigi e palazzo dei Cigni. Si chiude così un ballon d’essai che ha avuto comunque due effetti positivi: ha fatto sparire l’allarme «temperature sahariane» dalle prime pagine e i catastrofisti del clima dalle televisioni. Torneranno. Invece è difficile che presto si ripresenti una diatriba surreale come quella montata attorno alla lettera di Marina, pubblicata da Il Giornale, che come la firmataria sottolinea «aveva un’unica motivazione, quella di denunciare innanzitutto come figlia la persecuzione giudiziaria subìta da mio padre e il tentativo di operare su di lui una vera e propria damnatio memoriae».La puntualizzazione arriva come un getto d’acqua a spegnere un piccolo incendio appiccato dall’esercito di retroscenisti italici col bavero alzato anche a Ferragosto, già sbilanciati verso «mal di pancia di governo», «Forza Italia divisa contro Meloni», «Fininvest irritata con la premier» (La Repubblica) e addirittura «indignata» (Dagospia). Governo in bilico? La bolla di sapone parte dalla missiva di Marina Berlusconi, che un mese dopo la morte del padre decide di scendere in campo per difenderne la memoria dall’accusa di essere stato il mandante delle stragi di mafia del ’92 e del ’93. Un vecchio refrain della sinistra di redazione smentito dalle sentenze ma alimentato dall’inchiesta fuori tempo massimo (30 anni dopo) della procura di Firenze contro Marcello Dell’Utri. La figlia del Cavaliere aveva sottolineato ciò che appare ovvio: «I magistrati hanno ripreso la solita attività, la caccia a Berlusconi, con l’accusa più delirante, quella di mafiosità, mentre nel Paese il conflitto fra magistratura e politica è più vivo e violento che mai. La guerra dei 30 anni non è finita e non riguarda soltanto lui». L’invettiva diventa tema televisivo in alternativa all’afa. In un programma di La7 la vicedirettrice di Open, Sara Menafra, accusa Marina di voler indurre il governo a mandare gli ispettori a Firenze. Sarebbe ingerenza grave. Ma quando il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, le chiede in diretta di indicargli il passaggio nel testo «perché forse io non so più leggere», lei trascorre la serata a cercarlo senza trovarlo. Legge, rilegge tra le righe, mette il foglio di traverso, compulsa, si confonde. Se fosse un disco dei Beatles lo farebbe suonare al contrario per vedere se ci sono messaggi diabolici. Niente di niente, una bufala. Naturalmente la conduttrice Marianna Aprile, da poco uscita dalla Rai fra le lacrime dei sinceri democratici, prima glissa e poi s’aggrappa a un’interrogazione parlamentare che nulla ha a che vedere con la lettera. «Per traslazione», si giustifica. Sì per traslazione ogivale delle frottole. Due giorni dopo, a Palermo per portare un omaggio alla memoria del giudice Paolo Borsellino assassinato da Cosa Nostra, Meloni viene incalzata sul tema e risponde in modo istituzionale: «Non posso considerare Marina Berlusconi un soggetto della coalizione, nel senso che non è un soggetto politico». Traduzione a senso: col cavolo che mi faccio invischiare - come accadde a Vilnius - in un nuovo scontro a parole con i magistrati. Niente da fare, con i pm no ma con Marina sì. Del resto la premier non ha il passaporto diplomatico di Elly Schlein, alla quale i media amici perdonano anche le dolci e perduranti fesserie. Quelle parole vengono osservate in controluce, come se segnassero una presa di distanza da Forza Italia e dalla sacrosanta battaglia per una giustizia garantista; c’è anche chi ci legge un rimprovero del tipo «stai al tuo posto». Si scatena la bagarre, Matteo Renzi attacca: «La risposta di Meloni non mi è piaciuta, quello che sta accandendo è enorme. È mai possibile indicare in Berlusconi il mandante delle stragi?». Parte la sinfonia di irritazioni, indignazioni, gastriti raccontate per sentito dire. La Repubblica ipotizza uno scontro interno a Forza Italia mentre Antonio Tajani mangia la foglia e minimizza: «La premier ha solo detto che Marina Berlusconi non è un soggetto politico, un’ovvietà». Il soggetto politico è il partito azzurro, rappresentato da lui e riconosciuto da Marina perché l’ha fondato suo padre. Nonostante la chiosa fattuale le grancasse di sinistra continuano a tromboneggiare sui toni alti, favoleggiando misteriosi scenari prebellici. Allora la numero uno di Fininvest e Mondadori decide saggiamente di chiudere la partita e telefona a palazzo Chigi, momento delle due risate. Poi dichiara: «Alcuni media hanno voluto vedere dietro questa lettera intenzioni che non ho mai avuto, così come mi hanno incomprensibilmente attribuito reazioni che non ho mai provato di fronte a commenti della presidente Giorgia Meloni, per la quale nutro il massimo rispetto e la massima stima. Così stanno le cose, tutto il resto sono strumentalizzazioni fuori dalla realtà». Ribadisce Meloni: «Non c’è mai stato un caso». Forse la faccenda finisce qui o forse no, perché per qualcuno la parola «caso» potrebbe nascondere veleni e il «massimo rispetto» è riferito all’oggi. Ma domani? In attesa di saperlo, da qualche giorno una finestra nella sede de La7 rimane accesa anche a notte fonda. È la giornalista di Open che sta cercando, lente Zeiss alla mano, la frase sugli ispettori.
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