2021-06-01
La Farnesina in Sudan per liberare Zennaro
Nel riquadro Marco Zennaro (Ansa)
Luigi Vignali, dirigente del ministero degli Esteri, vola nel Paese africano per portare a casa l'imprenditore imprigionato senza motivo. Prima, però, c'è da capire se gli interlocutori con cui trattare siano le forze governative o i miliziani dell'Rsf.Dopo più di due mesi di silenzio mediatico quasi assoluto, la vicenda di Marco Zennaro, imprenditore di Marghera imprigionato in un commissariato di Khartoum, potrebbe essere arrivata al punto di svolta. Ieri il direttore generale per gli Affari italiani all'estero e le politiche migratorie, Luigi Vignali, è giunto in Sudan. Il dirigente della Farnesina, secondo quanto appreso dalla Verità, ha il compito di chiarire chi sia il reale interlocutore dell'Italia in questa storia. Per essere più precisi: l'uomo, inviato in Africa dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio deve comprendere quale compagine - il governo sudanese o la banda di miliziani (Rsf), capeggiata da Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti - ha il potere di trattare il rilascio di Zennaro, incarcerato dallo scorso primo aprile in seguito ad una controversia commerciale. Secondo la nostra fonte, a Vignali servirà non meno di una settimana per completare la sua missione. La conferma che il caso del nostro connazionale sia monitorato dalle istituzioni arriva attraverso le dichiarazioni del presidente del Veneto, Luca Zaia: «Ci saranno presto novità su Marco Zennaro. Ho sentito il ministro Di Maio per tutto il weekend, e non più tardi di ieri sera, e si sta progredendo. Verranno comunicate come è giusto che sia dal ministro. I veneti stiano tranquilli, perché noi lo vogliamo libero e presto». Domenica scorsa Venezia è stata il teatro di un episodio di vicinanza nei confronti del manager italiano. L'unione sportiva Remiera Francescana, di cui Zennaro fa parte in qualità di regatante e dirigente, ha organizzato un corteo acqueo per chiederne la liberazione. Decine di associazioni di remiere hanno partecipato all'evento che si è concluso a piazza San Marco, dopo aver attraversato il Canal Grande con l'alzaremi al ponte di Rialto e a Cà Farsetti, sede del Comune. Nella giornata precedente Alvise Zennaro, fratello minore di Marco, aveva spiegato il peggioramento delle condizioni riguardanti il famigliare: «Nei prossimi giorni a Khartoum ci saranno temperature folli (con massime sempre superiori ai 40 gradi, ndr). Marco è esausto. Attualmente ha anche la febbre e ha iniziato a prendere un antibiotico. La “stanza" (in cui ci sono altre 29 persone, ndr) sta raggiungendo quindi temperature inimmaginabili». Ma non è finita qui: «I muri in cemento armato scottano. Oggi non c'era acqua per lavarsi con i secchi, né per lo scarico del bagno alla turca. Quindi la situazione igienica sta raggiungendo livelli drammatici». Era lo scorso 17 marzo quando l'imprenditore di Marghera è atterrato in Sudan. Obiettivo del viaggio la risoluzione dei problemi nati per l'affare con Ayman Gallabi. Al centro della trattativa, condotta all'interno di un albergo presidiato da alcuni piantoni, una fornitura di trasformatori elettrici prodotti dall'azienda di Zennaro. Per la sua controparte, però, i prodotti ricevuti erano difettosi, dato che non rispettavano le caratteristiche tecniche e i parametri indicati nei certificati di collaudo. Circostanza che ha dato origine all'accusa di frode a carico di Zennaro. Occorre tener presente due fattori: in primo luogo, i test sui prodotti del manager veneto sarebbero stati fatti da una ditta concorrente; ma soprattutto che Gallabi avrebbe rivenduto a sua volta la merce a Sedc (società nazionale dell'energia elettrica del Paese africano). Dietro ad essa si nasconderebbero i veri finanziatori dell'affare: il militare Abdallah Esa Yousif Ahamed, sottoposto del potente generale Mohamed Hamdan Dagalo, alias Hemeti, capo di Rsf (Rapid Support Force), compagine militare protagonista durante il golpe sudanese del 2019. Il primo aprile Zennaro e Gallabi raggiungono l'intesa: l'imprenditore italiano avrebbe dato 400.000 euro come risarcimento alla controparte, che in cambio avrebbe ritirato le accuse e di conseguenza fatto riavere il passaporto al manager veneto. Tanto che quest'ultimo, proprio quel giorno, si era recato in aeroporto per tornare in Italia. Ma sulla scaletta del velivolo era stato bloccato da una banda di miliziani che lo hanno portato in un commissariato. I colpi di scena non sono finiti, anzi. Gallabi, l'unico contatto di Zennaro in Sudan, è morto e il suo cadavere è stato trovato lungo la riva del Nilo. Secondo la versione ufficiale la causa della morte è un'immersione subacquea finita in tragedia. La scomparsa di Gallabi ha inevitabilmente allarmato la famiglia di Zennaro. Poi c'è il caso di quello che potremmo chiamare il finto rilascio. Nella scorsa settimana è stato infatti emesso, a carico del nostro connazionale, un ordine di scarcerazione. Un atto che sembrava testimoniare il decadimento di tutte le accuse della giustizia sudanese. La libertà gli è però sfuggita poco dopo, non appena messosi alle spalle il commissariato, quando suZennaro è piombato un gruppo di miliziani che a bordo di una jeep lo ha portato di nuovo all'interno della struttura di sicurezza. Non bisogna dimenticare che del secondo «arresto» non si conoscono le motivazioni, né tantomeno è emerso un provvedimento che lo autorizzi.Da ieri la petizione online per sollecitare il rilascio di Zennaro ha raggiunto 35.000 firme. L'organizzatrice Francesca Samira dice: «Marco […] titolare di un'azienda di Marghera con 26 dipendenti e padre di tre figli è trattenuto forzatamente e ingiustamente dal 18 marzo 2021. Questa vicenda non può essere risolta da Marco o dai suoi familiari: gli arresti non sono mai stati convalidati da un giudice e quindi c'è bisogno dell'aiuto dello Stato italiano».
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