2022-06-20
Marco Bucci: «Ho rivinto a Genova e vi dico: unità»
Il sindaco riconfermato a furor di popolo: «Gli elettori apprezzano chi sa mettersi insieme, per questo ha vinto la mia coalizione così ampia. I municipi? Devono avere più poteri. E le infrastrutture sono opere cruciali».«È un po’ come scalare una montagna: ha presente?». Marco Bucci, in versione appassionato di alpinismo, la spiega così: «Ti devi fidare delle persone della tua squadra, leghi a loro la tua vita: insieme si arriva in cima, o insieme si precipita». Il sindaco di Genova resta in vetta ottenendo al primo turno la riconferma con numeri bulgari, al punto che le sue liste civiche hanno superato quelle dei partiti. La mappa del voto della Lanterna - la città che vedeva il Pci al 70% - adesso è una distesa blu, con la sinistra rifugiata nelle ultime ridotte a Ponente. «Mi saranno arrivati duemila messaggi, ma io non sono sorpreso», dice l’ex manager di multinazionali, che dopo decenni di lavoro oltreconfine oggi condisce la calata genovese con l’inglese business: «Non è merito mio, ma dei team players, del planning management». E già si parla di «dottrina Bucci», rivangando l’età dell’oro dei sindaci civici alla Francesco Rutelli e Massimo Cacciari: insomma le persone prima dei partiti. Però, se gli chiedi della politica nazionale, Bucci sbuffa. Se gli domandi del futuro del centrodestra, per lui è come parlare arabo. Se indaghi sul cosiddetto «grande centro», lui quasi si spazientisce. Sindaco, sorpreso dal risultato?«Sinceramente? No. Già i sondaggi di quattro mesi fa anticipavano questo finale. Ci siamo dati un obiettivo e l’abbiamo raggiunto». Sì, ma è una vittoria un po’ diversa da quattro anni fa. In principio quasi nessuno puntava su di lei. «La prima volta è stata una sorpresa per tutti, tranne che per me. Certo, stavolta la vittoria è più netta».Più netta? Solo la sua lista ha preso il 20%, eguagliando il Pd. «Non è la prima volta che alle amministrative le liste civiche risultano più attrattive». L’avranno votata anche i camalli del porto. «Cosa vuole, è chiaro che le persone hanno apprezzato il nostro modo di gestire la città». Ci spiega come ha fatto?«Molto semplice: basta concepire la metropolitana dove non c’è. Chi ha il coraggio di dire di no?». In altre parole? «Bisogna avere l’onestà di accettare una semplice verità: il buon senso vince sulle ideologie. Su qualunque tipo di ideologia». Prende le distanze dai partiti, come ha fatto Damiano Tommasi a Verona?«Ma no, io sono sempre stato a fianco dei partiti. Tanti leader nazionali sono venuti qua a salutarci e aiutarci. Li ho sempre apprezzati e ringraziati. Non ho avuto problemi a farmi vedere con loro».Ampia coalizione, da Fratelli d’Italia ai renziani. «Abbiamo collaborato bene. La gente apprezza quelli che stanno tutti quanti assieme e combattono per un obiettivo, sa?». L’importante è che poi ci si metta d’accordo e qualcuno decida. «Se ci si fida l’uno dell’altro e si hanno degli obiettivi chiari, le assicuro che le decisioni arrivano». Quali saranno i primi obiettivi del secondo mandato?«I cantieri della metropolitana, la Gronda, il nuovo porto, la diga. Dieci miliardi di investimenti in 5-6 anni». Le infrastrutture sono la chiave della ripartenza anche a livello nazionale?«Io so che a Genova sono cruciali, perché da 30 anni non si investe di infrastrutture, e tocca recuperare il tempo perduto». E per l’Italia?«Tutto il Paese ne ha bisogno. Un euro speso in infrastrutture genera 2-3 euro di investimenti privati che si accodano all’intervento pubblico». Parla anche di rigassificatori e centrali nucleari? «Su queste cose non sono io a stabilire cosa fare. Però sì, sono opere cruciali». Il giorno più difficile del suo mandato? «Quando è crollato il Ponte Morandi. C’era da prendere una decisione drammatica: far esplodere i resti ancora in piedi». Perché?«C’erano troppe incognite. Case tutto intorno. L’amianto che si pensava fosse contenuto nel ponte. Il rischio enorme di contaminazione».Oltre allo sgomento per le vittime. «Il giorno del crollo piansi. Ho ceduto emotivamente.» Emotivo lei?«Guardi che mi commuovo mediamente due volte al giorno, quindi non è una novità». Eppure dicono che ha un brutto carattere. «Sono abrasivo e burbero proprio perché emotivo. Sono le persone fredde, invece, che restano “flat”».Restano «flat»?«Sì, non vanno né su né giù. Invece le persone emotive, come me, hanno alti e bassi di umore. E capita anche che si commuovano». O che si imbufaliscano. Giuseppe Conte ha detto: «Il ponte di Genova non l’ha mica ricostruito Bucci». «I 5 stelle hanno scritto cinque mozioni contro le procedure di demolizione: fosse per loro, staremmo ancora a buttar giù il ponte con lo scalpello». Enrico Letta ha detto che il merito del ponte è del governo. «Il Pd ha votato contro il decreto Genova: fosse per loro, il nuovo ponte non ci sarebbe affatto». Dichiarazioni che non hanno pagato elettoralmente?«Non so, venir qui a Genova a dir quelle frasi… Non è solo questione di falsità. Mi è sembrata proprio una strategia sbagliata». Intanto il nuovo ponte è stato tirato su in meno di un anno, e lei era il commissario straordinario. Allora le cose si possono fare bene, e in tempi umani?«Prima chiave: utilizzare il sistema in parallelo anziché sequenziale. Cioè far partire tutti i progetti assieme». Seconda?«Gestirli con un project planning e un project management adeguato alle tecniche migliori disponibili sul mercato».Tradotto?«In parole povere, se cambia qualcosa da una parte occorre cambiare tutto il resto. Ma guardi che non mi sono inventato nulla. Sono tecniche usate da anni nelle aziende private, e non ho ancora capito perché l’amministrazione pubblica non si adegua». Terza chiave?«Serve metterci la faccia. Come può un sindaco rifiutare la responsabilità di un progetto così importante? Non potrebbe più guardare negli occhi i suoi cittadini. E la faccia non ce l’ho messa solo io, ma anche tutte le aziende coinvolte». Quindi non è vero che i sindaci hanno le mani legate: basta organizzarsi? «Un momento. Il problema grosso sui sindaci è la limitazione dell’operatività». Più poteri al territorio, e meno al governo centrale? «Le aziende multinazionali hanno insegnato al mondo come si fanno queste cose: think globally, act locally. La strategia si fa a livello centrale, ma l’operatività si deve decidere a livello locale». Mi faccia un esempio.«Quando il governo assegnò ai Comuni la responsabilità dei buoni spesa durante la pandemia, in tre settimane vennero distribuiti milioni di aiuti alla popolazione». Dunque?«Dunque, il governo decide la strategia, e li territorio mette insieme il piano d’azione per realizzarla». Insomma, parla ancora da manager. Cosa vuole, io tutte queste cose le ho già fatte “enne” volte».La passione per l’alpinismo aiuta? «Sulla montagna impari a lavorare in team. Quando ti leghi a qualcuno con una corda affidandogli la tua vita, vi assicuro che bisogna conoscersi bene. Vale così anche in barca, sa?».Cioè?«Si va in porto, si finisce sugli scogli, o si affonda tutti insieme. E poi, per inciso, sulla mia barca lavorano tutti».Si considera ancora un uomo di centrodestra?«Non capisco la domanda, anche perché non so cosa voglia dire centrodestra e centrosinistra». Quindi lei si considera «oltre»?«Questi anni in municipio mi hanno insegnato una cosa. Ci sono due grandi categorie: quelli che parlano e quelli che fanno. Io appartengo alla seconda». La sua vittoria rilancia il sogno del «grande centro». Che ne pensa?«Non è mio compito affrontare l’argomento. E detto tra noi, non so di cosa stiamo parlando». Il Pd sostiene di aver vinto le elezioni. Lei che dice? «Chi si accontenta gode. Qui a Genova in realtà avrebbero perso: poi, se gli va bene così, buon per loro». Però intorno alla sua figura convergono tanti partiti diversi. È il «campo largo» di Bucci? «Mah, veda un po’ lei (sospiro)…».Tutto qua? «Non è questione di campo largo o di sindaco, ma di avere un progetto. Una visione di città. E la nostra è una visione internazionale». È sempre così telegrafico?«Dieci anni in America mi hanno insegnato che chi parla troppo in realtà non ha niente da dire». Terminato il secondo mandato, che cosa farà?«Un bel giro in barca a vela». Niente politica nazionale? «Alla fine del mandato avrò 67 anni: cosa vuole che faccia?».Guardi che per la politica italiana è ancora un adolescente.«Ci sono quarantenni sicuramente con più energia di me. Sa come dicono gli americani?».Come dicono?«Di persone indispensabili son pieni i cimiteri». Si parla apertamente di «modello Genova».«Genova è sempre stato un laboratorio che anticipa i tempi. E a noi piace sentirci tali». Il governo dovrebbe imparare qualcosa da Genova?«Non voglio far la figura di quello che sale in cattedra. La scriva così: più che imparare, diciamo che dovrebbe copiarci. O perlomeno prendere spunto».
Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale (Imagoeconomica)
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Iil presidente di Confindustria Emanuele Orsini (Ansa)