2021-11-22
Piero Marchesi: «Alle urne per abolire il green pass»
Piero Marchesi (Getty Images-IStock)
Domenica in Svizzera referendum contro il foglio verde «light». Il deputato ticinese dell'Udc: «Diciamo no a chi vuole imporre la disciplina sanitaria al Paese. Il Covid è la scusa per non affrontare i problemi reali».Ci hanno dato una lezione nel calcio, qualificandosi ai Mondiali e condannandoci al girone infernale degli spareggi. Ora, gli svizzeri ci danno anche una lezione di democrazia: sarà il popolo a esprimersi, tramite un referendum previsto per il prossimo 28 novembre, sulle ultime modifiche alla legge sul Covid, che introduce l'obbligo di green pass - un mini green pass, se paragonato al nostro. Ne abbiamo parlato con Piero Marchesi, deputato del Canton Ticino al Consiglio nazionale - la Camera bassa elvetica - per l'Unione democratica di centro, il partito liberal-conservatore che si oppone all'inasprimento delle restrizioni.La posso chiamare onorevole?«In Svizzera il titolo di “onorevole" è stato soppresso…».Cittadino Marchesi.«E sia» (risata).Anzitutto, ci illustri gli equilibri politici elvetici.«Il mio partito ha due rappresentanti nel Consiglio federale, che è il nostro esecutivo e che, in teoria, pende verso il centrodestra. Devo però dire che, purtroppo, i liberali si sono spostati a sinistra. E anche il Parlamento è decisamente più a sinistra rispetto alla scorsa legislatura».Ci spiega cosa prevede questa legge sul Covid?«Rispetto alla versione varata all'inizio della pandemia, è stata modificata più volte, di recente per garantire aiuti finanziari alle attività colpite dalla crisi e dalle restrizioni. La Svizzera ha investito oltre 50 miliardi di franchi, tra sussidi alle aziende per pagare gli stipendi dei lavoratori, prestiti fiduciari e altre misure di sostegno».Nel referendum, comunque, c'è in ballo essenzialmente la questione del green pass.«È così. Si è già tenuto un referendum a giugno, perché la legge era stata modificata per introdurre una serie di restrizioni. Allora, il mio partito aveva lasciato libertà di voto, dal momento che, nella stessa legge, c'erano sia aiuti finanziari importanti sia le restrizioni: le due materie non erano scollegabili, bocciando l'una sarebbe stata bocciata anche l'altra».Com'è andata?«Il referendum è fallito. Con le modifiche successive, oggetto del referendum del 28, la situazione però è cambiata».In che senso?«È cambiato il bilanciamento tra sostegni e restrizioni: pochi aiuti all'economia, in luogo della possibilità di attivare il Covid pass, che è il corrispettivo del vostro green pass».E il problema dov'è?«Dunque, a suo tempo anch'io avevo votato il provvedimento».Ah sì?«Sì, perché il Covid pass svrebbe dovuto essere l'elemento per permettere agli svizzeri di viaggiare all'estero, in conformità con gli analoghi passaporti Covid già varati a livello internazionale».Anche nell'Unione europea, all'inizio, sembrava che il green pass fosse solo uno strumento utile per i viaggi. «Reopen Eu» era lo slogan.«Eh già. L'obiettivo era quello».Invece com'è andata?«Il Consiglio federale ha utilizzato il Covid pass per imporre una sorta di disciplina sanitaria all'interno del Paese».Cioè?«Oggi, chi non ha il Covid pass o un test eseguito entro 48 ore (72 ore per il tampone molecolare) non può svolgere una serie di attività nei luoghi pubblici».Quali luoghi?«Esercizi, teatri, cinema, ristoranti, grandi eventi».Il pass serve anche per i trasporti?«No».Se prendo un treno da Lugano a Berna, non ho bisogno del green pass?«No: le basta la mascherina».Sono esclusi anche i luoghi di lavoro?«Certo».Vi siete mai sognati di imporre il green pass a chi deve andare a lavorare, come in Italia?«Assolutamente no. Non è mai stato un tema. Ma le confesso che ho qualche timore: il governo svizzero sta scimmiottando quello che fanno gli altri Paesi. E il ministro della Salute ha detto che solo “per il momento" non ci saranno ulteriori discriminazioni nei confronti dei non vaccinati… Per il momento lo interpreto “fino al momento del voto"».Il vostro Covid pass si basa sul modello 3G, no?«Esatto: vaccino, guarigione, tampone».E come nel nostro, c'è un Qr code, che non consente a chi controlla di sapere come è stato ottenuto il certificato?«Confermo. Ma aggiungo: studi scientifici dimostrano che i vaccini perdono la loro efficacia dopo sei mesi, mentre il Covid pass dura un anno. Non è ipocrisia?». Stessa contraddizione italiana.«Il problema principale, però, è un altro».Ovvero?«L'utilizzo del Covid pass come strumento di disciplina, che categorizza i cittadini. Noi dell'Udc siamo a favore della vaccinazione e, anzi, siamo stati i primi a chiedere al governo di attivarsi per la produzione nazionale di vaccini, visto che abbiamo importanti aziende farmaceutiche - e su questo il governo ha fatto un buco nell'acqua. Però, in conformità con la Costituzione, siamo contrari a un obbligo diretto o indiretto».La Costituzione svizzera vieta l'obbligo vaccinale?«Ciò non è espressamente indicato, ma non esiste neppure una legge che permetta di introdurlo. In questo caso, l'obbligo sarebbe indiretto, perché per avere una vita sociale senza il vaccino, una persona dovrebbe sottoporsi continuamente al tampone».Che si paga?«Non è più gratuito da ormai un mese. Tra l'altro, lo ha sottolineato anche la Commissione nazionale di etica: eliminando i test gratuiti, si attiva un obbligo vaccinale indiretto. Ma gli specialisti vengono presi in considerazione solo quando danno ragione al governo…».Capita ovunque.«In definitiva, noi non vogliamo una misura che divide la società. In Svizzera, dove quasi mai ci sono manifestazioni, si sono visti cortei con migliaia di persone».Sul referendum la spunterete?«È difficile, perché tutti i partiti, il Parlamento e il Consiglio federale sono a favore del Covid pass. E poi i media tentano di equiparare chi è contro il pass a chi è contro il vaccino».Anche da voi?«Eh sì… Cercano di associare l'Udc ai negazionisti».Mi sconforta: speravo di trovare uno scenario diverso, al di là delle Alpi.«La devo deludere: si fa una fatica tremenda, la tv pubblica, controllata dalla sinistra, rifiuta qualsiasi opinione non allineata. E lo stesso vale per la gran parte dei media».Dunque, che risultati si aspetta?«I sondaggi dicono che il referendum dovrebbe essere bocciato con circa il 60-63% dei voti. Però…».Però?«Oggi sono nell'oberland bernese per una riunione nel partito. Qui gli elettori stanno tutti dalla nostra parte. Vedo cartelloni contro il Covid pass ogni metro. Impressionante».Parlava di manifestazioni. Visto che, a quanto pare, in Svizzera le cose non sono poi tanto diverse, pure da voi hanno accusato chi protesta di diffondere il contagio?«Non ancora, forse perché solo da pochi giorni ci si è cominciati a porre il problema della quarta ondata, anche se non abbiamo ancora visto la terza. Gli ospedali sono praticamente vuoti. E le terapie intensive sono occupate da pazienti Covid al 15%, mentre il resto sono malati di altre patologie».A parte il green pass, quali misure sono in vigore in Svizzera?«La mascherina sui trasporti e là dove, all'aperto, non sia possibile mantenere la distanza. Cioè, quasi da nessuna parte. Anche per questo temo che, già dal giorno dopo il referendum, il governo vari nuove strette. Il disegno è piuttosto chiaro».Allude al lockdown per non vaccinati?«Non se n'è mai parlato, sinceramente. Ed è un'ipotesi che mi spaventa: mettere in castigo chi non si vaccina è illiberale e antidemocratico. Non c'è una legge che obblighi le persone a vaccinarsi».Lei ha scritto che «al potere piace il Covid».«In questo regime, il governo può fare quello che vuole. Lo vediamo in tutti i Paesi: non si parla più di debito pubblico, di posti di lavoro, di riforme, di rilancio economico. Per chi governa, è tutto più facile. Il Covid è diventato la scusa per non fare più politica».In Svizzera c'è lo stato d'emergenza?«Diciamo che non c'è più lo stato d'emergenza totale, ma sono previsti due “scalini". Ora siamo al primo, anche perché il governo ha voluto identificare nel Covid pass la panacea. E invece i contagi aumentano lo stesso».Lei che soluzione adotterebbe?«È giusto prendere provvedimenti per evitare che gli ospedali si riempiano. Però bisogna imparare a convivere con il virus, senza limitare eccessivamente le libertà, concentrandosi sulle fasce di popolazione più a rischio».Eliminerebbe anche i due «scalini» dell'emergenza?«Una situazione giuridica particolare può essere ancora tollerata. Quel che manca è una strategia d'uscita. Gli esperti dicono che il Covid potrebbe durare per anni: vogliamo spiegare ai cittadini e alle aziende cosa intendiamo fare tra un mese, sei mesi, un anno? Non possiamo restare ostaggio del virus e di leggi liberticide».