2020-03-15
Malati in Libia, ma gli sbarchi riprendono
Dopo una decina di giorni di stop, i flussi sono ricominciati in particolare verso Lampedusa. Le Ong chiedono il recupero urgente di altri 110 migranti nel Mediterraneo. A Bengasi due persone in quarantena, altre sotto osservazione a Tripoli, casi in tutta l'Africa. Per qualche giorno, ingenuamente, ci abbiamo persino creduto. Anzi, abbiamo voluto crederci, perché ci sembrava assurdo, irresponsabile e offensivo che - in un momento di emergenza devastante - qualcuno continuasse a infischiarsene della nazione. Per circa una settimana, dall'inizio di marzo ci siamo illusi che gli sbarchi sulle nostre coste fossero davvero cessati. Il cruscotto statistico del Viminale, che ogni giorno da anni fornisce i numeri degli approdati, dal primo del mese ha riportato sempre la stessa cifra, mattina dopo mattina: zero. Un evento di questo tipo non si verificava probabilmente da anni: dall'1 all'11 marzo nessun arrivo. I giornali, compreso il nostro, hanno riportato la notizia con grande evidenza. Anche perché questa surreale sospensione dei flussi migratori ha mostrato, al di là di ogni dubbio, una clamorosa evidenza: lungi da essere un «fenomeno epocale» e inarrestabile (come quasi tutti a sinistra hanno teorizzato negli anni passati), l'immigrazione è indotta. Se uno Stato cambia politica sugli ingressi, i flussi si spostano in un'altra direzione (dall'Italia alla Spagna, ad esempio, come avvenuto nell'era Salvini). Di più: se in uno Stato scoppia un'epidemia, a quanto pare i trafficanti di uomini, lestamente, decidono di rivolgersi altrove. Ora, però, dopo una decina di giorni, qualcosa è di nuovo cambiato. Il cruscotto statistico del Viminale ha segnalato 43 sbarchi nella giornata del 12 marzo, cioè giovedì. Il 13 marzo, venerdì, siamo di nuovo a zero. Piccolo problema: da alcune parti d'Italia giungono notizie diverse. A Lampedusa sono arrivati 26 migranti giovedì, e sono stati messi in quarantena su richiesta delle autorità locali. Venerdì un altro sbarco nello stesso porto: ben 85 persone. I dati del Viminale non ne fanno cenno, ma non necessariamente si deve pensare male: le registrazioni comportano tempi tecnici. Comunque sia, ieri, all'ora di pranzo, l'Ansa ha diffuso la notizia di un nuovo sbarco nella notte tra venerdì e sabato: altri 43 stranieri, sempre a Lampedusa. Nel frattempo, i giornali locali della Sicilia parlavano di 82 migranti trasferiti da Lampedusa a Porto Empedocle e poi suddivisi all'interno di strutture di accoglienza nell'Agrigentino. Del resto il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, da giorni chiede incessantemente la quarantena al di fuori dell'isola per tutti gli sbarcati. A prescindere da dove vengano portati i nuovi arrivati, però, tocca prendere atto che l'illusione è presto finita: gli sbarchi stanno ricominciando. Dal primo gennaio a ieri, secondo il ministero dell'Interno (e sono numeri da aggiornare, come abbiamo spiegato), in Italia sono entrate 2.596 persone. E altre sono in procinto di arrivare. Ieri il profilo Twitter di Alarm phone, l'Ong che segnala la presenza di barconi del Mediterraneo, ha lanciato un messaggio urgente: «Questa notte siamo stati contattati da 110 persone in pericolo su un gommone nella zona sar maltese. Ci hanno detto di essere fuggiti dalla Libia e di essere a mare da più di 30 ore. La barca si sta sgonfiando e hanno bisogno di immediato soccorso!». Altre Ong come Sea Watch e l'italiana Mediterranea Saving Humans hanno rilanciato l'appello, rivolgendolo alle autorità maltesi ma pure al nostro governo. Capite bene che la situazione è oggettivamente allucinante. Nel bel mezzo di una delle più terrificanti emergenze sanitarie della storia mondiale, continuiamo a recuperare persone in mare. A questo punto ci sono due tipi di rischi. Il primo è che, sul nostro territorio già provato dal diffondersi dell'epidemia, manchino spazi, mezzi, uomini e strutture per mettere in quarantena gli stranieri. Alcuni gestori dei centri di accoglienza hanno già fatto sapere che le condizioni igieniche di molti spazi sono precarie, e spesso il sovraffollamento è già una brutta realtà. Il secondo e non meno grave pericolo è che dal Nord Africa arrivino nuovi contagiati. Ieri pomeriggio l'agenzia Nova ha fatto sapere che «due persone, presumibilmente contagiate dal nuovo coronavirus, sono state messe in quarantena nell'ospedale Kuwayfiyah, a est di Bengasi. Lo ha annunciato il ministero della Salute del governo ad interim con sede nell'est della Libia Si tratta di due cittadini libici, uno proveniente dall'Iran e un altro da un paese vicino da cui non si conosce il nome». Altre tre persone sono finite sotto osservazione a Tripoli. Capito? In Libia ci sono i primi contagi «ufficiali», tanto che i ministeri dell'Interno e della Salute del governo ad interim hanno deciso di mettere in campo misure restrittive nei porti. Alcune amministrazioni locali hanno deciso di chiudere le scuole. Sempre l'agenzia Nova ha riportato la testimonianza di un un funzionario del Centro medico di Bengasi, Ahmed Abdel Hamid, secondo cui «se il virus arriverà in Libia sarà un disastro». A quanto sembra, ci siamo quasi. Viene da chiedersi se la ripresa degli sbarchi e l'apparizione dei primi contagiati non siano collegate. Ora che il virus è anche in Libia gli scafisti hanno ripreso i viaggi? In fondo, poco importa: se anche il coronavirus fosse diffuso in Nord Africa da giorni sarebbe comunque difficile avere stime credibili. Il punto è che, come prevedibile, la malattia è presente anche lì, nella terra in cui i migranti stazionano prima di arrivare da noi. Non solo: vari casi si registrano in Egitto, Marocco, Algeria, Congo, Costa d'Avorio...La domanda è: ora che cosa pensa di fare il governo italiano? Intende chiudere i porti oppure permetterà a qualche Ong irresponsabile di continuare il servizio taxi? Mentre a noi viene chiesto di non uscire di casa i confini restano aperti per gli aspiranti profughi?