2025-06-05
Meloni e Macron: asse su chip e Libia. Sulla Difesa ci si aggiorna fra un anno
Emmanuel Macron e Giorgia Meloni (Ansa)
Nel bilaterale è emersa la volontà di sbloccare le nomine del colosso dei semiconduttori StMicroelectronics e di contenere i russi in Nordafrica. Sullo Spazio, l’Eliseo vuole sganciarci da Musk. Ma sarebbe un errore.Più di tre ore di bilaterale tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron. Incontro per certi versi storico, almeno nella forma più che nella sostanza. D’altronde di frizioni tra i due governi e le due amministrazioni ve ne sono state numerose. Non solo negli ultimi due anni e mezzo. La Francia come sempre gioca su più tavoli. Su alcuni ha interessi convergenti, su altri temi, invece, è diretta concorrente del nostro Paese. Così l’incontro è servito a riannodare i fili e riavvicinare obiettivi congiunti. Mentre su altri temi le distanze sono rimaste e le soluzioni posposte. A cominciare dall’importantissimo settore dell’industria della Difesa. Se sull’argomento Kiev i due leader hanno trovato parole comuni, sui grandi progetti della Difesa il bilaterale è rimasto in superficie. Non si è discusso di sinergie, né di cantieristica. Eppure ha fatto clamore l’uscita del capo di Stato maggiore della marina francese che ha attaccato la joint venture tra Fincantieri e Naval group, lasciando intendere che l’Europa dovrebbe consolidare il settore. Sottintendendo che dovrebbe essere unificato sotto bandiera francese. Il tutto mentre in Polonia e in Grecia le aziende e il ministero di Parigi sono diretti avversari dei nostri prodotti. Come si legge nella parte finale del comunicato congiunto diffuso l’altra sera il prossimo anno ci sarà un incontro per aggiornare i contenuti del Trattato del Quirinale. Nei prossimi sei mesi gli sherpa si incontreranno e tracceranno dei binari. Dentro i quali si andrà a discutere proprio di questi temi. C’è tempo insomma. Mentre non c’è altrettanto tempo per un altro tema bollente: la frizione tra Italia e Francia sulla governance e il futuro del colosso condiviso dei microchip che va sotto il nome di StMicroelectronics. Uno dei motivi per cui il bilaterale è andato un po’ lungo sta proprio nella diatriba. Il Mef si è mostrato fermo nell’intenzione di nominare nel consiglio di sorveglianza l’ex dg del Tesoro, Marcello Sala. Il nome è stato bocciato due volte dagli organi societari. La recente assemblea ha approvato il bilancio e il dividendo, ma nulla più. Lo statuto dell’azienda, che pure nel triennio 2018-2021 poteva essere modificato, prevede l’accentramento dei poteri nella poltrona dell’ad, di nomina francese. Da qui insomma non si esce senza un intervento superiore a livello di governi. Ieri un quotidiano italiano ha persino ventilato l’ipotesi di uno «spezzatino» (separare le attività e dividere l’azienda). Ipotesi che equivarrebbe alla distruzione di quanto costruito fino ad oggi. Ieri pomeriggio - per fortuna, aggiungiamo - Mimit e Mef hanno smentito, lasciando intendere che invece l’incontro bilaterale ha gettato le basi per una nuova trattativa e un rilancio internazionale. Anche qui ottimo risultato per quanto riguarda la forma, ma sulla sostanza è ancora tutto da costruire. Vedremo che succederà nelle prossime settimane. Invece, sempre stando al comunicato ufficiale, è una positiva sorpresa aver visto spuntare il termine «Libia». Qui i due governi si sono seduti e hanno condiviso le preoccupazioni. Senza entrare nei dettagli, l’avanzata del generale Khalifa Haftar ora vicino a turchi e russi rischia di far implodere il governo di Tripoli. Sostenuto dal nostro Paese e da mezza Europa. Il problema è che la compagine tripolina è nata sotto bandiera Onu e con l’intento di indire elezioni. Urne che però sarebbero dovute essere indette nel 2021. Il voto non si è mai realizzato. La eventuale caduta di Muhammad Abdul Al Dbeibeh impatterebbe sui flussi di gas verso l’Italia e ancor più su quelli dei migranti. Le truppe di Parigi, che ha perso in sette anni il controllo dei Paesi del Sahel, sono ormai praticamente assenti nel Continente nero. Ai francesi servono una sponda e una collaborazione. Che servono sicuramente anche a noi. La diffidenza resta, visto che chi si occupa di sicurezza nazionale ha ancora impressi nella memoria gli sgarbi - per usare un eufemismo - commessi dai francesi. Gli equilibri, però, cambiano e si modificano anche le alleanze. Un po’ quello che i due Paesi avrebbero concordato sull’Ue. Un’Europa «più sovrana, più forte e più prospera, soprattutto orientata alla pace e capace di difendere i propri interessi e di proteggere i propri cittadini» è la prospettiva condivisa ufficialmente al termine dell’incontro, «fedeli al loro ruolo di nazioni fondatrici», aggiunge il comunicato. In cui si specifica che c’è «forte convergenza» sulla nuova agenda Ue, per accelerare «sulla semplificazione normativa, sugli investimenti pubblici e privati, sull’energia e sulla piena applicazione del principio di neutralità tecnologica». Ma pure sui settori in transizione (oltre all’auto viene citata la siderurgia) e su quelli «più avanzati, come l’intelligenza artificiale, le fonti di energia decarbonizzate rinnovabili come il nucleare, e lo Spazio». Collaborazione ci sarà anche «sul prossimo quadro finanziario pluriennale, sulla migrazione, sull’allargamento e sulle riforme». Sulla neutralità tecnologica avere la sponda francese può in effetti svoltare la situazione di stallo a Bruxelles. Soprattutto per invertire la rotta della transizione green che ha definitivamente affossato il comparto delle quattro ruote. Si è detto soddisfatto Macron che ieri in serta ha diffuso una nota: «Dialogo e azione, ottimo incontro». Resta un post scriptum sullo Spazio. La Francia da tempo preme perché l’Italia non chiuda alcun accordo con Starlink di Elon Musk e sembra che la linea sia passata ieri. Una Difesa comune sullo Spazio imporrà ritardi e una scarsa capacità militare. Speriamo che si riesca a barattare qualche privilegio a favore delle nostre aziende.
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli