2022-04-20
Macron decapita le feluche: spazio agli amici
Mossa a sorpresa del capo dello Stato: a pochi giorni dal ballottaggio, ha soppresso l’intero corpo diplomatico transalpino. Si va verso nomine all’americana. La protesta dell’alleato Jean-Luc Melenchon: «Porte aperte per i compagni di scuola. Tristezza».Mentre una guerra imperversa alle porte dell’Europa, il presidente francese Emmanuel Macron ha deciso di sopprimere il corpo diplomatico transalpino. Forse, nelle intenzioni del capo dello Stato uscente, la notizia avrebbe dovuto passare inosservata. Invece, dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nel lunedì di Pasqua, è stata ripresa sui social da personalità di primo piano del mondo diplomatico francese come l’ex ambasciatore di Parigi all’Onu, Gérard Araud. L’ex rappresentante diplomatico ha spiegato in un tweet l’obiettivo di questa soppressione: «La Francia sarà quindi il solo grande Paese occidentale senza diplomatici di professione. Si conclude così una storia che dura da secoli. La porta è aperta per le nomine all’americana».Concretamente, al di là delle Alpi non ci sarà più un corpo diplomatico propriamente detto ma solo degli «amministratori di Stato» che potranno essere dei diplomatici ma anche dei prefetti, oppure ancora dei giudici della Corte dei Conti. In pratica un funzionario potrà passare in queste tre branche della pubblica amministrazione. Ufficialmente Macron vorrebbe abolire le «rendite di Stato» ma, nei fatti, questa riforma rischia di indebolire fortemente il peso di Parigi nel mondo e di aumentare il clientelismo e gli scambi di favori. D’altra parte, come ha ricordato un ambasciatore citato anonimamente dall’agenzia France Presse, «non ci si improvvisa diplomatici. È un vero apprendistato che si effettua sul campo, missione dopo missione». Ma da quando è arrivato all’Eliseo, Emmanuel Macron ha detto spesso di voler trasformare la vecchia Francia in una startup nation da adolescenti attardati con le tavole da ping-pong in ufficio, e auspicato lo sviluppo della politica estera e di difesa europea. Le due cose sembrano inconciliabili ma, a ben guardare, forse anche la soppressione del corpo diplomatico è una mossa volta a diluire le competenze francesi per passarle a un’entità sovranazionale.La notizia di quella che assume sempre più i contorni della fine di una Storia gloriosa, ha fatto reagire non solo le feluche ma anche varie personalità politiche, mettendo in evidenza le contraddizioni di coloro che hanno annunciato il sostegno a Macron, al ballottaggio. Primo fra tutti, il leader di estrema sinistra della France Insoumise, Jean-Luc Melenchon. Già la sera del primo turno aveva gridato dal palco del suo quartier generale che «non un solo voto» dei suoi elettori avrebbe dovuto andare a Marine Le Pen. Invece ieri, su Twitter, il politico della gauche estrema ha scritto: «La Francia vede distruggere dopo molti secoli la propria rete diplomatica. La seconda al mondo. I compagni di studi potranno essere nominati. Immensa tristezza». Ovviamente, anche Le Pen ha criticato la decisione dell’attuale presidente della Repubblica. Ma la stragrande maggioranza dei media francesi cercano di ignorare e di ridemonizzare la sfidante di Macron. Invece a quest’ultimo vanno tutte le attenzioni. In 48 ora, il capo dello Stato uscente è stato ospitato in trasmissioni di successo, trasmesse da canali radio e tv pubblici e privati. Davanti a lui una corte di giornalisti genuflessi che hanno evitato domande scomode e preferendo accogliere Monsieur le Président con battute e risate - magari sulla foto recente che ne ritrae il petto villoso -finendo poi per favoleggiare come al solito rischio del ritorno del fascismo in caso di vittoria di Marine Le Pen. Durante un’intervista cool rilasciata alla trasmissione Quotidien di Tmc, Macron ha detto che se la sua sfidante vincesse le elezioni sarebbe «colpa dei francesi». Il padre del presidente si è invece lasciato scappare che i francesi sono «ingrati» nei confronti del suo rampollo. Tra chi si straccia le vesti contro il «pericolo» Le Pen va ricordata la militante lesbica e consigliere comunale ecologista a Parigi, Alice Coffin. In un un’intervista quasi surreale pubblicata dal quotidiano di sinistra Libération, l’attivista lgbt ha dichiarato che il Rassemblement National «eliminerebbe ogni possibilità di emancipazione delle donne» aggiungendo che «se l’estrema destra vince» questo «significherebbe molto concretamente la messa a morte delle militanti femministe. In senso letterale». Un altro supporto a Macron è arrivato ieri dalla Federazione protestante di Francia mentre, già la scorsa settimana era stato il turno di due federazioni musulmane. I sondaggi di oggi sembrano confermare la tendenza favorevole al presidente uscente, che mantiene un +10% sulla sfidante (55 a 45). Ma l’incognita dell’astensione rimane forte, soprattutto tra i giovani. La Francia rischia di diventare una «dittatura molle» dove stampa, opposizioni, intellettuali sostengono un politico perché qualcuno ha detto loro che commetterebbero una sorta di peccato se votassero qualcun altro. E pazienza se questo politico è nominato da burocrati nazionali o internazionali. Stasera si svolgerà l’unico dibattito tra Marine Le Pen e Emmanuel Macron. È probabile che molti francesi sceglieranno chi votare al ballottaggio alla fine del duello televisivo. Cinque anni fa, Le Pen ne era uscita perdente, ma quest’anno Macron dovrà giustificare il bilancio del suo mandato.
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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