2020-03-06
Ma questo è un virus non un terremoto. E finora ha regnato solo la confusione
Caro Angelo Borrelli, la ringrazio per lo sforzo con cui cerca di tranquillizzare il sottoscritto e i lettori, tuttavia le devo confessare che la sua lettera non mi tranquillizza affatto, perché mi pare che lei non abbia colto il problema che ponevo ieri nel mio editoriale.Naturalmente non ce l'ho con lei, che lavora alla Protezione civile da oltre vent'anni e ci ricorda di essersi occupato dei terremoti di San Giuliano e Ischia, delle alluvioni di Genova e Livorno, dello tsunami nel Sud Est asiatico e perfino della Sars. Lei ha sicuramente un curriculum di tutto rispetto nel ramo emergenze, e di questo gliene do atto, ma vede, quella che ora dobbiamo affrontare non è un'alluvione e neppure la conseguenza di un terremoto. Non ci sono fango da spalare, persone da estrarre da sotto le macerie, tende da campo da allestire, container da assegnare. Qui abbiamo un'epidemia da contenere e le esperienze di pronto intervento accumulate sul campo dei disastri non servono a nulla. Non lo dico io, che non ho titolo per impartire lezioni a nessuno, figurarsi a un revisore dei conti quale lei è. Lo dice il direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell'università di Padova, il professor Andrea Crisanti. Con alle spalle 25 anni di lavoro in Inghilterra e una solida esperienza sul fronte delle epidemie, Crisanti ieri ha spiegato in un'intervista a Italia Oggi che cosa finora non ha funzionato nella gestione dell'emergenza da coronavirus. «Qui servono misure straordinarie, non siamo alle prese con un'alluvione o un terremoto. Siamo alle prese con un'epidemia». Il professore ha detto in altre parole, e certo con ben altra autorevolezza, ciò che io ho scritto e di cui lei si lamenta.Lei dice di aver provato la febbre a ben 3 milioni di passeggeri che sono transitati nei nostri aeroporti e, ben sapendo che molti contagiati sono asintomatici e non hanno alcun innalzamento della temperatura corporea ma possono infettare altre persone, secondo lei ciò dovrebbe tranquillizzarci. Beh, senta cosa risponde il professor Crisanti alla domanda se serva non provare la febbre, ma fare ora i tamponi. «Ormai per i tamponi di massa è tardi. Questa operazione andava fatta su larga scala all'inizio, per fare uno screening di quanti entravano in Italia dalle aree a rischio». Purtroppo, noi, invece di ficcare il bastoncino in gola a chi arrivava dalla Cina, ci siamo accontentati di bloccare i voli da Pechino, convinti che bastasse fermare gli aerei per fermare il contagio. Risultato: oggi siamo il Paese europeo con il più alto numero di infettati. Lei mi rammenta la centrale operativa remota (cioè un centralino) e di aver piantato 350 tende davanti agli ospedali e ai penitenziari, quasi che sia sufficiente allestire un numero di smistamento delle emergenze e un accampamento per aver risolto il problema. Beh, legga qui sotto cosa pensa Crisanti delle misure di contenimento finora adottate: «Inadeguate e confuse. Io farei un'operazione molto più drastica, cinturando le regioni, come le isole, dove il virus non è ancora arrivato o dove sono pochi i casi, così da salvare le aree free e concentrarsi sulle zone ad alto rischio. Invece vedo indicazioni e comportamenti discordanti da parte dell'autorità». In conclusione, la confusione regna sovrana. Sì, l'esperto di epidemie dice che un'epidemia non si affronta così come stiamo facendo noi e spiega che o cambiamo atteggiamento, comprendendo che questa emergenza non si gestisce come un'alluvione o un terremoto, o non ce la faremo.Crisanti sostiene in pratica quel che sostenevo io nell'editoriale di ieri e che a lei Borrelli è tanto dispiaciuto. Sa come ha titolato Italia Oggi l'intervista? «Misure drastiche o collassiamo». Sottotitolo: «Al comando solo chi sa come si contiene un'epidemia». Lei mi ribatterà: «Ma io mi sono occupato anche della Sars, che era un'epidemia». Certo, peccato che quel virus non sia mai arrivato in Italia. Ci siamo preparati, abbiamo acquistato il materiale sanitario per fronteggiare l'emergenza, ma non abbiamo avuto alcun contagio.Infine, siccome lei richiama alla memoria il padre della Protezione civile, Giuseppe Zamberletti, le ricordo che pur essendo un ragioniere - che non è certamente un titolo di demerito ma neppure di merito nel settore delle epidemie - Zamberletti aveva una qualità: si faceva aiutare dagli esperti.
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