2019-09-26
L’Unione Val d’Enza revoca il patrocinio a corsi e master del guru di Bibbiano
Niente aule comunali per le lezioni di Claudio Foti. Ma se, come dicevano, l'inchiesta è solo una fake news, perché lo stanno scaricando?«Gestione e sviluppo delle risorse emotive» e «Sofferenza traumatica e intelligenza emotiva - strumenti clinici e psicologico-forensi di ascolto e cura». I nomi dei due percorsi di studio - il primo è un master post laurea di secondo livello, il secondo un corso di alta formazione - sono apparentemente anodini, ma a leggere tra le righe del gergo universitario si capisce bene di cosa si parli: è il manuale di istruzione per decifrare il dolore di chi ha subito un trauma e comprendere come intervenire. Viene allora un brivido a leggere il nome dei docenti: si tratta del guru della onlus Hansel e Gretel, Claudio Foti, e dei suoi collaboratori. Ovvero le figure centrali dell'inchiesta Angeli e demoni, quella sugli orrori di Bibbiano. Pensate che in questa scelta ci sia qualcosa che non va? Beh, c'è una novità: ora lo pensa anche l'Unione Val d'Enza, che ha revocato il patrocinio e la messa a disposizione di aule per i corsi incriminati, che si tenevano nella loro sede. Il patrocinio e la sede erano stati concessi con una delibera della precedente giunta della Val d'Enza del 7 settembre 2018, in nome dell'«alto valore formativo» dei corsi di Foti e sodali. Nella delibera, ricorda Il Resto del Carlino, si disponeva anche «la partecipazione del proprio personale attraverso il riconoscimento delle ore che verranno svolte come orario lavorativo», e si assicuravano la «apposizione del logotipo del servizio sociale integrato e dell'Unione val d'Enza al materiale destinato a pubblicizzare le iniziative». Per un anno tutto è filato liscio: erano ancora i tempi in cui la Val d'Enza era spacciata per un modello di cui vantarsi, un esperimento d'avanguardia da portare ad esempio. Poi l'inchiesta Angeli e demoni ha cambiato tutto. E ora appare in effetti squalificante ospitare in una sala pubblica, con tanto di patrocinio, Claudio Foti che parla di «risorse emotive», di «sofferenza traumatica» e degli «strumenti clinici e psicologico-forensi di ascolto e cura». A prescindere dall'esito giudiziario che avrà la vicenda, un'anomalia è stata scoperchiata e ora si sta correndo ai ripari. Nello stesso senso vanno interpretate le recenti assunzioni di assistenti sociali che andranno a prendere il posto delle indagate Federica Anghinolfi e Nadia Campani. L'aria, insomma, sta cambiando. E questo, ovviamente, è un bene. Qui, però, sorge una questione tutta politica: perché si tolgono i patrocini e si sostituiscono le assistenti sociali se la storia di Bibbiano è una «leggenda», come ha detto recentemente il grillino Manlio Di Stefano, allineatosi a tempo di record al nuovo corso giallorosso? Se è tutta una strumentalizzazione, se è solo fuffa e fake news, se non è vero niente, se quel modello va difeso, perché se ne prendono le distanze? Delle due l'una: o lo scandalo è reale, e allora è giusto togliere i patrocini, o lo scandalo è una leggenda, e allora si abbia il coraggio di tenere il punto e difendere Foti fino in fondo. O forse lo psicologo con laurea in lettere è già stato individuato come anello debole e scaricato. Le Termopili della sinistra bibbianese, l'ultima ridotta in cui asserragliarsi per far fronte all'attacco, è il sindaco del Pd di Bibbiano, Andrea Carletti. Difendere Foti non conviene ed è oggettivamente un'impresa disperata, meglio arretrare la linea di combattimento sul fronte propriamente politico. Ma sì, forse nello scandalo qualcosa di vero c'è, ma la politica non c'entra nulla, ci sono solo responsabilità individuali, ma nessuna questione ideologica. Ora, a parte il fatto che considerare un Foti una Anghinolfi come figure esclusivamente tecniche e non anche in qualche modo politiche è grottesco, le stesse responsabilità di Carletti non sembrano quasi «casuali» come si vorrebbe raccontare. Qualche giorno fa, i giudici hanno disposto il passaggio di Carletti dagli arresti domiciliari all'obbligo di dimora nel Comune di Albinea, dove risiede. Nell'accogliere in parte il ricorso della difesa, tuttavia, il tribunale del Riesame ha ribadito che «l'adesione ideologica di Carletti al “metodo Foti" era determinata da motivazioni politiche» e finalizzata a dare «lustro alla sua figura politica». E ancora, scrivono i giudici, «il suo programma politico era impostato sulla buona riuscita della predisposizione di servizi specializzati nella cura di bambini oggetto di molestie e sul raggiungimento di risultati di eccellenza in tale campo: la buona riuscita del progetto dedicato alla tutela dei minori si riverberava sul suo successo politico». Da ciò «la sua accettazione incondizionata delle modalità di operare dei coindagati, la condivisione delle operazioni e delle procedure poco limpide, non conformi ai parametri normativi, adottate dai responsabili dei servizi sociali». Per poi concludere: «Sussiste in primo luogo tuttora il pericolo di reiterazione di reati dello stesso tipo».«Adesione ideologica», «accettazione incondizionata»... Bisogna aspettare le sentenze, certo. Ma il quadro che emerge non è certo quello di un sindaco all'oscuro di tutto, che mette un timbro sbagliato su un modulo e si ritrova in una questione più grande di lui. E scaricare Foti per salvare Carletti risulta sempre più difficile.
Jose Mourinho (Getty Images)