2019-01-19
L’ultima acrobazia del Cavaliere: sfidare l’avversario suo alleato
Alla diciassettesima elezione, Silvio Berlusconi vuole convincere i cattolici sulle orme di don Luigi Sturzo. Perciò spara a zero sul sovranismo. Incarnato da Matteo Salvini, l'uomo senza il quale il centrodestra non esiste.«È l'ultima carica, quella degli eroi». In Forza Italia la mettono così, sul melodrammatico, ma fermare Silvio Berlusconi era impossibile. Ci ha provato anche la famiglia - a 82 anni una campagna elettorale può essere micidiale -, ma il più importante uomo politico italiano degli ultimi 25 anni ha voluto salire per l'ultima volta sul ring. «Nada mas? No, uno mas». Ancora una volta, come tuonava Roberto Duran, detto mano di pietra, quando la boxe era uno sport epico (o semplicemente uno sport). È bastato che un sondaggio d'inizio anno muovesse qualche decimale in positivo per i suoi e in negativo per gli odiati 5 stelle; che il vecchio leone percepisse nell'aria un fremito vitale. E nessuno lo ha più tenuto.«I grillini sono come quei signori della sinistra comunista del 1994, in più hanno un grande difetto, nessuna esperienza e nessuna competenza». Individuare il rumore dei nemici è sempre stata la sua prima mossa, ma questa 17° campagna elettorale per un uomo che sta per diventare nonno per la 12° volta è qualcosa di diverso da tutto il resto. Il fiuto politico c'è ancora, non per nulla nel suo manifesto (riassunto in una lettera al Corriere della Sera) parla di raccogliere l'eredità di don Luigi Sturzo; di recuperare lo spirito dei «liberi e forti» che proprio cento anni fa decretarono la nascita della partecipazione cattolica in politica; di dare un senso e una profondità a quel «populismo buono» europeista e un po' paternalistico che otterrebbe la benedizione immediata delle parrocchie e del postdemocristiano Gianfranco Rotondi.«È il modello al quale mi sono ispirato quando ho lasciato la mia attività di imprenditore per dare vita a Forza Italia, per scongiurare il rischio che il nostro Paese cadesse in mano a una sinistra comunista, giustizialista e profondamente illiberale», scrive Berlusconi, prima di declinare il messaggio dentro la modernità. «La centralità della persona, il primato dell'individuo rispetto alle masse, lo Stato minimo, la libertà religiosa sono i presupposti di una visione cattolica e liberale che è anche oggi la sola risposta ai problemi sempre più complessi della società di massa, del mondo globalizzato, dell'invadenza delle nuove tecnologie».E raccogliendo da terra la bandiera dei cattolici abbandonata (non si sa se con l'approvazione del braccio destro del Papa, Antonio Spadaro, che un paio di settimane fa aveva lanciato la sfida), conclude rivolgendosi ai «liberi e forti» dell'altra Italia, «quella che alla politica chiede sobrietà e serietà, competenza ed onestà, coerenza ed esperienza». Il Cavaliere tornato in sella esorta queste persone «a scendere in campo prima che sia troppo tardi contro i rischi del sovranismo, del pauperismo, dello statalismo che si ripropongono in forme nuove ma ancora più pericolose del passato».Tranne qualche flash su Ruby Rubacuori e sulle cene eleganti (sulle quali quel sant'uomo di don Sturzo avrebbe qualcosa da ridire), c'è tutto per giocare la sfida impossibile. C'è l'ennesima lezione di lucidità politica di un uomo che i piccoli indiani della sinistra velleitaria (ancora in cerca di un leader, anche se lillipuziano) dovrebbero ingaggiare per training a pagamento. Lo hanno demonizzato per cinque lustri, è sempre e comunque di un'altra categoria. Sul suo volto si leggono il coraggio e la generosità di chi potrebbe osservare la battaglia dalla collina ma non ha paura di scendere in prima linea per il partito, a costo di una disfatta epocale. Perché è cambiato il mondo, il rischio è altissimo come sottolinea anche Giuliano Urbani («Vuole tutelare le sue aziende, sarà un fallimento totale») e perché i numeri delle preferenze potrebbero essere impietosi.Dove Berlusconi diventa indecifrabile, quasi impervio, è nel richiamare la coesione del Centrodestra. Perché è un fatto che il suo alleato Matteo Salvini rappresenti ai massimi livelli quel populismo e sovranismo che lui vuole combattere; perché è un altro fatto che oggi il vicepremier abbia in mano il triplo dei suoi voti. E perché quel nuovo comunismo che il Cavaliere intravede dentro i globuli rossi dei 5 stelle è qualcosa di molto diverso dal postmarxismo di Achille Occhetto, dal massimalismo da Frattocchie di Massimo D'Alema, dall'aclismo burocratico di Romano Prodi contro i quali si è battuto come un leone.Oggi destra e sinistra sono due categorie politiche sempre più sfumate; per gli italiani usciti dallo tsunami della crisi con le ossa rotte dopo sette anni di Enrico Letta, Matteo Renzi e del suo prestanome Paolo Gentiloni, i punti di riferimento sono altri. E il primo a intuirlo - da animale di razza qual è sempre stato - è proprio lui, che nel dicembre 2016 non ebbe alcun problema a dire davanti a un Bruno Vespa pietrificato: «Con i 5 stelle condividiamo quel reddito di cittadinanza nei confronti dei cittadini che non hanno entrate. È la prima preoccupazione che dovremmo avere. Ci sono in Italia quattro milioni e 600.000 persone che non hanno nessuna entrate, solo con assistenza e carità possono trovare il modo di esistere».Il Berlusconi lanciato come un elemento di corto circuito contro il suo principale alleato piace così tanto a sinistra da aver indotto La Repubblica a titolare: «Ecco Silvio XVII, statista in assenza di alternative». Sommario: «Grazie al presente poco civile, alla fine può apparire migliore di quel che era». Siamo allo sdoganamento del diavolo in persona. La guerra di Segrate, i diktat di Carlo De Benedetti, Stefania Ariosto sul Barbarossa, le dieci domande, la stagione delle Olgettine: tutto svanito. Oggi il nemico è Salvini, e di Berlusconi che potrebbe togliergli qualche voto si può scrivere con sprezzante senso del ridicolo: «Se non uno statista è almeno un ansiolitico, un governante cortese, perfino civile». Vecchi marpioni, sperano che la sua si trasformi in una lista civetta del Pd. E che, come Indro Montanelli, da nemico numero uno possa diventare un gradito ospite alle feste dell'Unità.