2019-04-02
«Lui la teneva e io ho colpito Pamela. Poi mi ha detto: puoi farci il brodo»
Un'altra macabra testimonianza nel processo Mastropietro, la ragazza uccisa e rinvenuta in due trolley. Sono le confessioni di Oseghale a un ex poliziotto, finora ignorate. Il nigeriano quindi non sarebbe stato solo.«Facci il brodo che poi ce lo mangiamo. Me l'ha detto Desmond e mentre io la colpivo lui la teneva ferma». È una testimonianza bomba che getta nuova sinistra luce sull'uccisione di Pamela Mastropietro, la ragazza romana ammazzata a Macerata il 30 gennaio 2018 e il cui cadavere fatto a pezzi venne trovato in due valigie abbandonate alla periferia di Pollenza il giorno dopo. Domani ci sarà una nuova udienza al processo dove l'unico imputato dello stupro e dell'omicidio, che lui nega, e del depezzamento del cadavere, che lui ammette, il nigeriano Innocent Oseghale renderà dichiarazioni spontanee. I suoi avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramezi hanno escluso che il nigeriano si faccia interrogare. Deporranno invece i suoi periti: il tossicologo e il medico legale. Resta nell'aria la domanda: chi paga questo collegio difensivo così nutrito? Come testimone sarà ascoltato Antonio Di Sabato, ex poliziotto, che ha raccolto in carcere le confessioni di Innocent Oseghale. Lo stesso testimone, a quanto risulta a La Verità, aveva sollecitato la polizia penitenziaria del carcere di Ancona, il primo dove fu portato il nigeriano e dove anche il teste era recluso in attesa di giudizio, a piazzare delle cimici nella cella di Oseghale dicendo: «Questo è uno che parla». Le intercettazioni vennero però disposte solo nelle celle di altri due nigeriani: Lucky Awelima e Desmod Lucky che la procura di Macerata ha fatto uscire dal caso Mastropietro anche se sono stati condannati a 8 e 6 anni per spaccio di droga in un processo in cui è imputato anche Oseghale. E allora se la deposizione di De Sabato era stata accantonata perché torna ora di attualità ed è stata formalizzata ieri in tutta fretta dai Carabinieri? Il motivo è in quella frase: «Facci il brodo che poi ce lo mangiamo». A pronunciarla sarebbe stato Desmond Lucky dopo che Pamela era stata uccisa invitando Oseghale a far sparire così il cadavere. Nella scorsa udienza Desmond Lucky è stato chiamato a deporre. Ha negato tutto: di aver visto quel giorno Oseghale, di aver venduto la droga a Pamela come invece riferito dallo stesso Oseghale e da un testimone, di aver mai visto la casa del nigeriano. Ci sono le intercettazioni e i tabulati telefonici che sanciscono il contrario, ma lui ha negato. Alla domanda della parte civile: allora lei denuncia per calunnia Oseghale? lui ha risposto «Sì sì, io denuncia». Ancora più ermetica la deposizione di Lucky Awelima che fu arrestato con una rocambolesca operazione disposta dal procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio con tanto d'inseguimento alla stazione centrale di Milano. Awelima intercettato in carcere diceva: «Oseghale ha già fatto a pezzi altre donne, Oseghale è un capo e io ho paura» e parlando con Desmond sostiene «lui doveva far sparire la testa e mangiarsi il corpo piano piano». Chiamato a deporre ha negato tutto. Ma a quanto risulta a La Verità, l'ex poliziotto interrogato dai Carabinieri ha dato una versione precisa dei fatti. Mentre si trovava nel carcere di Ancona ha avvicinato Oseghale, che era sotto pressione. Il nigeriano gli ha confessato che a uccidere Pamela sono stati lui e Desmond Lucky. Il motivo: il rifiuto della ragazza a fare sesso a tre e il suo tentativo di fuga. Secondo questo racconto Pamela, superato il torpore dovuto alla droga, ha cercato di scappare dalla casa di via Spalato a Macerata dove è stata uccisa. Desmond Lucky voleva abusare di lei. Pamela si è divincolata e ha minacciato di correre alla Polizia. A quel punto i due nigeriani l'hanno bloccata, Oseghale le ha sferrato una prima coltellata al fegato mentre Desmond la teneva ferma. Alla seconda coltellata Desmond ha mollato la presa e se ne è andato. Oseghale gli avrebbe chiesto: «Aiutami a farla sparire». La risposta dell'altro nigeriano sarebbe stata: «Facci il brodo, poi ce la mangiamo». La deposizione di De Sabato, che domani comparirà in aula, ha molti riscontri obbiettivi. Il primo è che sul braccio sinistro di Pamela ci sono tracce di compressione come se qualcuno l'avesse tenuta, il secondo è che il collaboratore di giustizia Vincenzo Marino - che ha raccolto le confidenza di Oseghale nel carcere di Ascoli - ha reso una testimonianza molto simile a quella del primo compagno di cella del nigeriano, il terzo è che le perizie autoptiche confermano che le coltellate mortali inferte al fegato sono due, il quarto è che il racconto di De Sabato coincide con le confidenze che Awelima e Desmond si sono fatti in carcere. I primi a parlare di cannibalismo sono stati questi due nigeriani. Ma la testimonianza di De Sabato pone anche altri interrogativi: perché gli altri due nigeriani sono usciti dal processo a Oseghale? Perché i due nigeriani sentiti come testi, ma anche come imputati in procedimento connesso negano senza però avvalersi della facoltà di non rispondere? Una tattica processuale ben nota a chi ha seguito processi di mafia. E ancora: se De Sabato colloca Desmond sulla scena del delitto è possibile che Oseghale non abbia fatto tutto da solo. Ma se è così forse esiste un rapporto gerarchico tra Oseghale e gli altri due. Il che proietta sullo sfondo del caso Mastropietro la mafia nigeriana, che è il convitato di pietra di questo processo. Tutti evitano di evocarla perché sarebbe la prova provata che le disordinate politiche di accoglienza hanno prodotto inquietanti fenomeni criminali. Che da domani, dopo la deposizione di questo teste a tempo quasi scaduto, potranno essere meglio valutati.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)