2021-01-13
L’Ue fa a pezzi il piano
per salvare Alitalia. In vista la procedura di infrazione
Ansa
Lettera con 100 condizioni: la linea morbida vale solo con Parigi e Berlino. Nel 2020 Roma ha buttato 3 miliardi nella compagnia
Lettera con 100 condizioni: la linea morbida vale solo con Parigi e Berlino. Nel 2020 Roma ha buttato 3 miliardi nella compagniaLa notizia, anticipata da MF- Milano Finanza e poi esplosa ieri, è clamorosa: uno schiaffo in faccia, violento e rumoroso, assestato da Bruxelles al governo italiano sul dossier Alitalia. Intendiamoci bene: si tratta delle stesse autorità europee che spesso, dinanzi alle operazioni tedesche e francesi, si bendano entrambi gli occhi. In ogni caso, in una lettera durissima, la Commissione Ue, attraverso la dg competition, pone quasi 100 condizioni all'Italia, giudica troppo deboli e inadeguate le misure per sancire la discontinuità con il passato, e subordina a una serie di richieste assai impegnative il suo eventuale ok all'operazione. Altrimenti? È già pronta una procedura per aiuti di Stato che assomiglierebbe a una pietra tombale. Decisamente uno scenario non facile per la compagnia guidata dal presidente Francesco Caio. I due binari su cui si muove Bruxelles sono quelli classici quando sono in gioco il salvataggio e la ripartenza di un asset pubblico o semipubblico: regole di mercato e cesura con il passato. Ecco il passaggio centrale della lettera: «Gli asset dovrebbero essere venduti attraverso una gara trasparente e non discriminatoria; la newco non dovrebbe avere il focus sul business aviation, mentre handling e manutenzione dovrebbero essere venduti a terzi; alcuni slot su aeroporti congestionati andrebbero ceduti; il brand Alitalia non dovrebbe essere mantenuto nella newco». Com'è evidente, si tratta di una bocciatura totale della strada seguita finora dal governo. E, guardando al futuro, non meno impegnative sono le altre richieste della Commissione: quali voli strategici siano previsti, quali siano le stime future di profittabilità, più una serie di dubbi ed eccezioni sulla parte finanziaria. Giova ricordare che lo Stato italiano, solo nel 2020, ha iniettato oltre 3 miliardi di risorse pubbliche: denaro dei contribuenti, peraltro per un'azienda che era in crisi drammatica già prima che scoppiasse l'emergenza Covid. Anzi, per paradosso il coronavirus, pur avendo un effetto devastante sul comparto, ha massacrato più altre compagnie (che sarebbero state in grado di fare profitti) rispetto alla già disgraziata condizione di Alitalia: in altre parole, lo stop forzato ai voli poteva essere - lo ripetiamo ancora: paradossalmente - un vantaggio per il soggetto più in difficoltà, messo dalle circostanze sullo stesso piano degli altri. E invece? Il rischio è che siano stati bruciati invano oltre 3 miliardi dei cittadini per un'operazione ora stroncata dall'Ue. Durissimo il giudizio di Andrea Giuricin, esperto del settore: «La bocciatura Ue per il piano industriale a trazione politica non sarà facile da risolvere». E poi l'inevitabile domanda sulla difficoltà di giustificare «i 3,3 miliardi dati dal contribuente nel 2020 per una compagnia in difficoltà prima del Covid». Secondo Giuricin, rispetto a tre opzioni teoriche (soluzione statale, oppure soluzione di mercato, oppure trattativa diretta e integrazione in un grande gruppo), Bruxelles chiede nettamente la seconda. Che però, per mille ragioni politiche e perfino culturali, è la più indigeribile per grillini e Pd. A rendere tutto ancora più surreale, è il gran silenzio del governo e della maggioranza. Colpiti così pesantemente, avrebbero dovuto reagire a testa alta, difendere la propria strategia (ammesso di averne una), dare conto degli oltre 3 miliardi di risorse pubbliche e del senso di questa iniezione finanziaria, rispondere a Bruxelles in modo insieme puntuale sulle contestazioni e con una visione politica complessiva. E invece, per ora, sembra prevalere un silenzio imbarazzato. Silenzio che appare ancora più rumoroso nel momento in cui tutto il teatro della crisi di governo, qualunque ne sia l'esito, ha per oggetto proprio il Recovery plan e il rapporto con l'Europa. Possibile che su un punto tanto significativo e dirimente non si riesca ad articolare una posizione? Anzi, nemmeno a difendere le azioni compiute finora? La sensazione è che sia la realtà a bussare alle porte del governo, senza che nessuno sia in grado di dare risposte convincenti. Esempi? L'economia reale è nelle condizioni che sappiamo, e si teme uno tsunami di fallimenti e licenziamenti nel prossimo semestre. Della situazione di Ilva, si sono perse le tracce. Alitalia è nella condizione che abbiamo appena descritto. E quanto ad Autostrade, altro terreno per eccellenza della propaganda grillina, tutto è bloccato (dopo quasi cinque mesi e mezzo dall'inaugurazione del nuovo ponte Genova San Giorgio, il 3 agosto scorso), con l'offerta della cordata Cdp reputata da Atlantia inferiore alle attese, e con un braccio di ferro sul valore dell'operazione che non è certo destinato a risolversi né presto né facilmente. Tutti i dossier procedono al rallentatore, insomma. Un po' perché il governo è paralizzato, un po' perché qualcuno attende, a questo punto, un eventuale cambio di esecutivo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)