
Il pugno duro paga: Bruxelles annuncia che una decina di Paesi, tra i quali Germania e Francia, sono disponibili ad accogliere i disperati della Sea Watch e della Sea Eye. La Valletta, però, ci mette lo zampino: «Dovete prendervi anche gli altri sbarcati qui».La soluzione al caso della Sea Watch e della Sea Eye, le due navi delle Ong che si trovano da 18 giorni nei pressi di Malta con a bordo 49 persone che attendono di sapere dove sbarcare, non può che essere europea. Al di là del pressing demagogico della sinistra italiana, che sta strumentalizzando la vicenda per attaccare il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, dando a lui la responsabilità dello stallo, la realtà dei fatti è ben nota alle istituzioni di Bruxelles, che sanno perfettamente che l'unica possibilità di sciogliere il nodo è convincere tutti gli stati dell'Unione a partecipare all'accoglienza. Non è certo un caso che lo stesso papa Francesco abbia rivolto il suo appello all'Europa. Ieri sera, fonti diplomatiche europee hanno fatto sapere che «una decina di Paesi, tra questi Italia, Germania, Francia, Portogallo, Lussemburgo, Olanda e Romania, si sono offerti di ricevere i migranti a bordo di Sea Eye e Sea Watch se Malta aprirà i suoi porti per lo sbarco». Ma l'impasse resta, perché «La Valletta chiede che oltre alle 49 persone a bordo delle due navi delle Ong, siano ridistribuiti anche altri 249 profughi salvati nei giorni scorsi dai suoi guardacoste. I posti messi a disposizione dal gruppo di Paesi pronti ad accogliere sono superiori ai 49 necessari per la ridistribuzione di quanti sono a bordo di Sea Watch e Sea Eye, ma non arrivano a coprire tutti e 298 i trasferimenti complessivi richiesti da Malta. Nessuna offerta», hanno spiegato ancora le fonti, «è stata invece avanzata dai Paesi dell'Est, come Polonia o Ungheria. Dopo la riunione degli ambasciatori, sono in corso nuovi contatti, ed è possibile che la questione sia discussa pure al consiglio Affari generali di domani (oggi, ndr), anche se attualmente non è tra gli argomenti previsti dall'ordine del giorno».La linea della fermezza portata avanti da Salvini, dunque, funziona, e le ricostruzioni apparse ieri su alcuni quotidiani, che dipingevano una maggioranza divisa, con il premier Giuseppe Conte e il vicepremier Luigi Di Maio favorevoli ad accogliere 15 persone (non solo, quindi, donne e bambini) sono state smentite ieri pomeriggio da fonti di governo. «Nessuna polemica», hanno fatto trapelare fonti leghiste dell'esecutivo, «tra il ministro Matteo Salvini, il presidente Giuseppe Conte e altri componenti del governo sul caso Sea Watch e Sea Eye. Il ministro dell'Interno non cambia posizione e ribadisce la contrarietà a qualsiasi arrivo via mare in Italia, per bloccare una volta per tutte il traffico di esseri umani che arricchisce scafisti, mafiosi e trafficanti. La soluzione sono i corridoi umanitari via aereo per chi scappa davvero dalla guerra, già confermati dal ministro Salvini anche per il 2019». «Possono farmi gli appelli tutte le persone del mondo», ha detto Salvini ieri sera, «ma io non cambio idea. Attendiamo notizie positive da Malta, dall'Olanda e dalla Germania. Quando le navi sono in acque territoriali italiane è un problema nostro, quando sono in acque altrui non può essere un problema nostro. La nostra posizione», ha sottolineato Salvini, «è che i porti sono chiusi per i trafficanti di esseri umani. Non sono complice di trafficanti di essere umani e di Ong private che non rispettano le regole e se ne fregano. Uno, dieci o 100 migranti che sbarcano non cambia», ha scandito Salvini, «così si fa capire ai trafficanti che l'Italia per loro non è un punto di approdo».Manco a dirlo, ieri da sinistra sono arrivati i consueti attacchi nei confronti del governo. Particolarmente comico quello del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: «A Napoli ad oggi, ha detto De Magistris, «abbiamo la disponibilità di 450 imbarcazioni per andare a recuperare queste persone che stanno morendo. Nella prima di queste imbarcazioni ci sarò io con la fascia tricolore». Salvini ha scelto di rispondere direttamente a de Magistris: «Il sindaco di Napoli», ha detto il vicepremier, «è pronto a mollare tutto e a salire sulla prima barca con la fascia tricolore per andare a prendere gli immigrati clandestini traghettati dalle Ong. I problemi della città e dei napoletani possono attendere».Al di là delle polemiche e della propaganda, dunque, l'Europa sembra costretta finalmente a muoversi: «Stiamo consumando i telefonini», ha detto ieri il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, «il commissario europeo per l'Immigrazione Dimitris Avramopoulos sta continuando a chiamare i leader europei per trovare una soluzione che permetta un «rapido» sbarco dei migranti a bordo delle navi delle Ong Sea Eye e Sea Watch. Serve più solidarietà». Ieri il governo maltese ha anche tentato di stemperare le polemiche tra Roma e Malta: «Malta e l'Italia sono Paesi di frontiera nel problema dell'immigrazione», ha detto, a Lady Radio, il ministro del Turismo di Malta, Konrad Mizzi, «abbiamo obiettivi comuni ed è molto importante che continuiamo a mettere più pressione sull'Unione europea così che più paesi membri possano aiutare Italia e Malta».
2025-10-22
Meloni al Parlamento: «Nessun soldato in Ucraina. Pronti a riconoscere Palestina se Hamas verrà disarmato»
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Giorgia Meloni (Ansa)
La premier riferisce alle Camere prima del Consiglio Ue del 23 e 24 ottobre: confermato il sostegno a Kiev, no a truppe italiane sul campo, apertura sul riconoscimento della Palestina. Chiesto a Bruxelles di rendere permanente la flessibilità di bilancio per la difesa e un cambio di approccio sulla legge sul clima.
Per il testo completo delle comunicazioni di Giorgia Meloni al Parlamento, clicca qui sotto.
Consiglio Ue 23-24 ottobre 2025 - Comunicazione alle Camere.pdf
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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Al Federale il segretario spegne il caso Vannacci e compatta tutti su Regionali e manovra.






