2021-07-08
«Quando c’è da risorgere siamo imbattibili»
Il bomber del 2006: «All'epoca avevamo tutti contro per Calciopoli, oggi arriviamo da un Mondiale mancato: nei momenti bui l'Italia sa dare il meglio». Fiducia a Immobile: «Può decidere la finale». Lodi a Donnarumma: «Top al mondo, il Milan ha fatto un errore». Il suo gesto d'esultanza ha farcito l'immaginario di simbologia popolare. Dopo ogni gol, accostava la mano all'orecchio, la faceva roteare in senso antiorario, quasi a dire: «Non so se mi spiego, non so se riuscite a fare mente locale sulle mie doti di bomber». Il 2006, l'anno del quarto Mondiale azzurro, ne ha consacrato la leggenda. Luca Toni, Scarpa d'oro 2005-06, cannoniere di Palermo, Fiorentina, Bayern Monaco - in Bundesliga gli hanno dedicato cori ad hoc e canzoni - Roma, Genoa, Juventus, Hellas Verona, se fosse ancora in attività, sarebbe la ciliegina sulla torta ideale per la cavalcata italiana a Euro 2020. «Ma state attenti a criticare Ciro Immobile: è un grande centravanti, gode della fiducia dell'ambiente, magari sarà proprio lui a sbloccare la situazione in finale», dice. Oggi Toni è dirigente sportivo e gli Europei li commenta dalla sua postazione al Foro Italico su Rai 1, alle 20.30, assieme a Paola Ferrari, Milena Bartolini, Marco Tardelli.Qual è la differenza sostanziale tra la sua nazionale, vincitrice dei Mondiali di Germania 2006, e quella di oggi?«Quella in cui giocavo io partiva con una base solida di consapevolezza. Sapevamo di essere forti, temuti, preparavamo le sfide da favoriti. La Nazionale di oggi ha ricostruito passo dopo passo la sua reputazione dopo la brutta figura della mancata qualificazione ai Mondiali 2018». E c'è riuscita.«Merito di Roberto Mancini e del gruppo. Hanno svolto un gran lavoro, attingendo dall'entusiasmo di una rosa che è un perfetto mix di giovani affamati e talentuosi, e uomini d'esperienza capaci di fare da guida». Che cosa l'ha colpita delle ultime partite?«La serenità, la compattezza agonistica e caratteriale. Ogni reparto è coperto da giocatori all'altezza e per ognuno di loro c'è un sostituto pronto a non farlo rimpiangere. C'è voglia di vincere e disinvoltura a sufficienza per farlo senza subire la pressione psicologica di una manifestazione tanto sentita». Chi spicca maggiormente?«Gigio Donnarumma sta dimostrando di essere uno dei portieri più forti del mondo. E può ancora crescere molto. Chiellini e Bonucci, con la loro esperienza, danno tranquillità alla retroguardia, così come Jorginho a centrocampo. Poi ci sono i giovanissimi con gran voglia di conquistare un trofeo».Si dice che manchi un goleador dirompente, un Luca Toni lì davanti. Qualcuno ha criticato Ciro Immobile.«Ciro è forte. Le critiche, quando non segni i gol che vorresti, fanno parte del gioco. Un attaccante vive di gol e gli basta poco per sbloccarsi. Chissà, magari segnerà una grande rete in finale e verrà celebrato come salvatore della Patria».Scaramanzia a parte: sensazioni per la finale?«Dobbiamo compiere il passo decisivo. Abbiamo fatto qualcosa di straordinario fino a ora, sarebbe un peccato non completare l'opera. Noi italiani godiamo di una peculiarità preziosa».Quale?«Sappiamo risorgere, diamo il meglio nei momenti bui. Nel 2006 abbiamo vinto dopo Calciopoli, quando avevamo tutti contro. Oggi ripartiamo dopo un Mondiale mancato».Che cosa l'ha colpita di questo europeo?«Finalmente abbiamo rivisto il pubblico negli stadi. Il calcio senza tifosi non è calcio. Assistere a una finale a Wembley con gli spalti pieni sarà una sensazione magica».Che cosa invece l'ha delusa?«La Francia. Per qualità di uomini, era la formazione più completa. Ha sottovalutato la portata della sfida ed è stata eliminata».L'Italia del 2006 vinse una semifinale a Dortmund contro la Germania padrone di casa.«Lo stadio era caldissimo, avevamo tutti contro. Ci davano per perdenti, questo ci ha caricato a pallettoni. Quando si gioca in uno stadio ostile, si scovano motivazioni ancora più profonde per disputare un grande match».Un momento della sua carriera che ricorda con maggior intensità?«Tantissimi. L'esperienza al Bayern Monaco è stata esaltante. Mi hanno amato molto. Poi, ovviamente, i Mondiali vinti con l'Italia».Qualche rimpianto?«Il campionato con la Roma nel 2010, quando arrivammo secondi e avremmo potuto vincere».La rinascita della Nazionale può coincidere con il ritorno in pianta stabile dei club italiani tra i migliori d'Europa?«Molto dipenderà dagli investimenti fatti. Nel calcio, si sa, le società che spendono meglio sono quelle destinate a primeggiare. Negli ultimi anni, la parte del leone è stata svolta dalla Premier League. La Serie A sta tornando molto interessante. C'è l'Inter che ha perso qualcosina rispetto all'anno scorso, ci sono Roma, Lazio, Juve, Napoli destinate a distinguersi».Le bandiere, l'attaccamento alla maglia, sono argomenti del passato ormai da archiviare?«Non del tutto, ma è comprensibile che un calciatore scelga il club in grado di offrirgli le condizioni economiche e sportive migliori. Non lo trovo scandaloso».Un esempio che ha destato scalpore è stato il passaggio di Gigio Donnarumma dal Milan al Psg.«Non conosco i dettagli della vicenda, certo è che perdere a zero un fuoriclasse come Donnarumma può essere considerato un errore del Milan. Se ci fossero stati margini ulteriori di mediazione tra le parti, anche un piccolo sforzo economico in più, sarebbe stato un bene».
Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)
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