2021-05-25
Licenziamenti, si riscrive la norma Orlando
Il tentativo del ministro di imporre la linea ed estendere il più possibile il blocco della mobilità viene edulcorato. Mario Draghi media e annuncia ulteriori modifiche prima di inviare il Sostegni bis in «Gazzetta»: non vuole che ci siano vincitori nel braccio di ferroLeu e 5 stelle puntano a creare un percorso a ostacoli per allinearsi a dem e sindacatiLo speciale contiene due articoliStrano blitz quello di Andrea Orlando sul prolungamento del blocco dei licenziamenti. Effettuato in cdm ma annunciato in chiaro durante la conferenza stampa indetta proprio al termine del Consiglio. Il risultato è in ogni caso che il decreto Sostegni bis non ha ancora visto la luce. Forse oggi finirà in Gazzetta e dentro conterrà una norma dei licenziamenti che non sarà né soft né hard come avrebbe voluto il ministro. Si è infatti cercato un punto di caduta mediano che garantisca a tutti gli attori politici della partita di non perdere la faccia. Vale per il medesimo Orlando, ma anche per la Lega e Confindustria che hanno denunciato il «blitz». Per essere più precisi, la sinistra avrebbe giocato con grande astuzia inserendo all'ultimo (cioè nel corso del pre Consiglio dei ministri) un inasprimento del blocco dei licenziamenti a fronte di un miglioramento delle condizioni di accesso alla cassa integrazione. L'accordo trasversale avrebbe infatti previsto ripartenza delle norme pre Covid dal primo luglio per le grandi aziende e a fine settembre per tutte le altri. Il ministro avrebbe invece portato un nuovo pacchetto con una proroga al 28 agosto per le prime e addirittura al 31 dicembre per le seconde. Nel corso della conferenza stampa Orlando cita solo la data del 28 agosto. Nulla sul resto. Così come viene omesso qualunque altro dettaglio. In realtà di rilievo. Se la mozione Orlando si fosse consumata, probabilmente, per le aziende che non hanno utilizzato tutte le 13 settimane di cassa Covid sarebbe bastato un giorno in più di cassa tra l'entrata in vigore del decreto e la fine di giugno per vedere slittare il blocco in automatico fino a fine agosto. Per giunta senza che lo Stato potesse coprire tutto il periodo con gli ammortizzatori. Non solo. La fregatura peggiore sarebbe per le aziende che non hanno chiesto la cassa pandemica ma quella ordinaria. Qui Orlando avrebbe voluto una estensione paro paro fino al termine del 2021. Utilizziamo il condizionale, perché a quanto risulta alla Verità il testo del Sostegni bis arriverà quasi sicuramente in Gazzetta tra stasera e domani. E conterrà una versione definitiva in grado di scontentare sia la sinistra sia il centrodestra. È chiaro che il premier Mario Draghi si sia astutamente girato dall'altra parte quando Orlando ha fatto la sua mossa. Perché prendersi direttamente gli strali di Confindustria o quelli dei sindacati se si può usare un ministro iperpolitico come Orlando per scaricare a terra le tensioni? In fondo la scelta di lasciare due ministeri scottanti come quello del Lavoro e della Salute in mano ai due estremi di sinistra non può essere casuale. Draghi sa bene che la sinistra si deve prendere la responsabilità di fare da parafulmine con i sindacati e con il pubblico impiego. Così quando potremo leggere il testo definitivo del decreto scopriremo quale sarà il punto di caduta. In nessun caso dovrebbe comparire la data del 31 dicembre e forse resterà quella del 28 agosto ma scritta in maniera più chiara e senza pericolosi effetti distorsivi. Estendere il blocco dei licenziamenti a fronte dell'utilizzo della cassa integrazione ordinaria non farebbe altro che gettare nel caos le imprese producendo incertezza. Per di più, molte aziende utilizzano la cassa integrazione a periodi alternati. Il rischio sarebbe quello di avere il blocco dei licenziamenti a intermittenza ovvero solo nei periodi in cui la proprietà chiede la cassa integrazione. Con un paradosso aggiuntivo. Le aziende chiedono la Cigs per evitare i licenziamenti. Pertanto, sarebbe assurdo penalizzare le imprese che vanno verso questa direzione. Modifiche dunque più che mai opportune e delle quali anche i vertici dei partiti di maggioranza risultano al corrente. Tant'è che ieri Enrico Letta ha difeso Orlando nel complesso politico, ma senza entrare nei dettagli. «Sulla questione cruciale del blocco licenziamenti e della Cig ho letto critiche superficiali e ingenerose nei confronti del ministro Orlando, che lavora, su tema delicato per milioni di italiani, con tutto il nostro sostegno e apprezzamento», ha dichiarato il segretario del Pd. Leu ovviamente va in scia. In serata è intervenuto Palazzo Chigi facendo sapere che «all'esito di un percorso di approfondimento tecnico svolto sulla base delle proposte avanzate dal ministro Orlando in cdm che prevedono un insieme più complessivo di misure, è stata definita una proposta che mantiene la possibilità di utilizzare la cassa ordinaria, anche dal primo di luglio, senza pagare addizionali impegnandosi a non licenziare». La nota da un lato prende la distanze dal titolare del Lavoro e dall'altro omette che Draghi era a un metro di distanza quando Orlando annunciava, in conferenza stampa, le sue proposte come già approvate. Il Pd un minuto dopo la diffusione della nota è tornato sulla questione celebrando la vittoria di Orlando ma omettendo le ultime righe del comunicato. «Nell'ambito di questo percorso resta aperto», si legge, «il confronto con le parti sociali». Come dire, i sindacati non saranno contenti delle ultime novità. Mentre noi scopriremo solo quanto Orlando dovrà perdere la faccia. Frutto di un sapiente e sornione gioco di contrappesi che Draghi sembra maneggiare con crescente abilità. Se non fosse che nel frattempo le aziende chiedono certezze e rispetto. Che dovrebbe essere sacrosanto, visto che queste sono le uniche a generare Pil.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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