2022-03-06
Lopalco: «Arrivi ininfluenti sui casi». Ma per i portuali si urlava ai focolai
Arrivati oltre 11.000 sfollati. L’epidemiologo: «I rifugiati senza profilassi non impattano sui contagi». Eppure, a gruppi molto meno numerosi, fu vietato protestare contro i diktat sanitari per evitare di diffondere il virus.Il virus è selettivo e ubbidisce al governo. L’avevamo intuito durante i due anni di pandemia, ora ne siamo certi; se l’evidenza scientifica è ballerina, l’evidenza politica è di granito. Lo ha confermato l’epidemiologo Pierluigi Lopalco, improvvisamente tornato dal limbo salentino per pronunciare parole decisive riguardo ai profughi non vaccinati in avvicinamento dall’Ucraina: «Se qualcuno adombra l’ipotesi che l’arrivo di persone scarsamente vaccinate possa cambiare l’andamento della pandemia, si sbaglia». Quindi non c’è problema. In quel paese la percentuale di chi ha rifiutato il siero è del 65%, coloro che hanno mostrato il braccio lo hanno fatto spesso davanti a Sputnik (che da noi è considerato un placebo) ma nessun virologo s’indigna, minaccia di trattare i concittadini «come sorci» o canta in coro struggenti strofe natalizie per convincere i pupi.Da noi, quando solo il 35% degli italiani si era sottoposto alla seconda dose, la fine del mondo sembrava essere vicina. Mascherine obbligatorie, ristoranti chiusi, terapie intensive al collasso, medici in trincea, attività produttive subissate di protocolli. E «stragi nascoste», perché nel sabba mediatico andavano a mille le fake news. In quel clima da ultimi giorni di Pompei il ministro Roberto Speranza inventò, sostenuto da Mario Draghi che lo riteneva «un collaboratore imprescindibile», il green pass, poi il super green pass per salvare le terre emerse. Tutto ciò con il corollario del marketing della paura sintetizzato da due slogan: «Chi non si vaccina muore» (copyright del premier), «Colletta per l’abbonamento a Netflix e arresti domiciliari per i non vaccinati» (il fantasioso Roberto Burioni).Erano i mesi del terrore ed è utile rinfrescare la memoria a chi usava la propaganda come arma impropria. Anche le manifestazioni erano a geometria variabile. Il Covid aggrediva regolarmente i cortei no vax. Ricordate? Se da una parte erano frequentati da «quattro gatti», dall’altra risultavano causa di «pericolosi focolai fuori controllo» che avrebbero fatto salire «in modo esponenziale i contagi». Così si esprimevano a giorni alterni Massimo Galli, Fabrizio Pregliasco, Matteo Bassetti, oggi derubricati a tappezzeria negli studi televisivi dove gli stessi conduttori si sono tolti il camice per indossare il giubbotto antiproiettile e risultano impegnati a riconoscere la guerra vera dai videogame. Allora dominava il decalogo d’ingaggio del cittadino democratico. Contagiose le manifestazioni no vax e quelle dei portuali di Trieste. Innocue le proteste per il ddl Zan e lo spinello libero, i cortei del 25 Aprile e quelli della Cgil di Maurizio Landini. Letali le ribellioni dei ristoratori con piatti e padelle. Da arresto quelle in cui si fossero materializzati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Sintesi dello scenario nel Paese dei diritti universali: il doppio binario è sacro e l’apocalisse arriva quando decide il Pd. In questo contesto, dall’inizio del conflitto nella pianura sarmatica (come direbbe Dario Fabbri) sono 11.323 i cittadini ucraini entrati in Italia. Secondo il Viminale sono arrivati «principalmente attraverso la frontiera terrestre al confine italo-sloveno, dove sono stati registrati 6.867 ingressi». Per essere ancora più precisi si tratta di 5.620 donne, 1.198 uomini, 4.505 minori; le destinazioni principali risultano Roma, Milano, Bologna e Napoli «dove vengono raggiunti famigliari e conoscenti già presenti in Italia». Molto bene, il grande abbraccio del nostro Paese funziona. Adottando la percentuale nazionale ucraina, 7.000 non vaccinati sono qui. E se gli altri si sono sottoposti a dosi di Sputnik, per il Comitato Tecnico Scientifico è come se avessero bevuto gazzosa. Nessun intento discriminatorio, l’accoglienza in questo caso è doverosa. Ma non può impedirci di vedere un paradosso tutto italiano e tutto ideologico. I non vaccinati ucraini sono ben più dei tifosi ammessi in uno stadio contingentato o dei pericolosi portuali quando manifestavano, molto oltre i «quattro gatti» no vax in giro per Milano, Firenze o Bari. Però hanno la patente governativa, quindi sono immuni. E Lopalco, lo stesso che disse «i non vaccinati sono una minoranza che tiene in scacco il Paese», oggi può minimizzare: «L’arrivo di queste persone, anche se scarsamente vaccinate, non può cambiare l’andamento della curva epidemiologica. In fondo è un piccolo gruppo percentuale, proviene da un territorio in cui la circolazione virale è analoga alla nostra, quindi con lo stesso rischio di infettare e di infettarsi». Per lui la scienza è come un impermeabile inglese, double face.Interessante novità, davanti agli ucraini non vaccinati il Covid diventa un raffreddore. Per gli over 50 italiani invece risulta ancora così letale da presupporre la conferma del passaporto verde per andare a lavorare. È tutto bellissimo. Come l’invito finale del virologo-politico che si fidò di Michele Emiliano: «Ai profughi ucraini è necessario offrire il vaccino e bisogna cercare di convincere chi ha dubbi». Cercare di convincere, un approccio gentile all’essenza di primula. Per loro il «consenso informato», per gli italiani il manganello e lo stigma sociale. E questa è coerenza.