2020-02-09
L’Onu: Italia piena di immigrati schiavizzati
Le Nazione Unite e gli analisti francesi di Iris fotografano il modello Bellanova: quasi mezzo milione di clandestini, al Sud e al Nord, sfruttati nei campi. Ma la sanatoria giallorossa servirebbe solo a farli licenziare: chi li «utilizza» non ha interesse a regolarizzarli.Qualche mese fa, ancora fresco di incarico, il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, se ne uscì con una dichiarazione inquietante: «Al Nord, non solo al Sud, se non arrivano flussi regolari di immigrati, le produzioni rimangono nei campi». Insomma, voleva un po' di manodopera a basso costo da mandare nei campi a lavorare. A quanto pare è stata accontentata. Ben due report provenienti da fonti non sospettabili di populismo o sovranismo certificano che nelle nostre campagne è pieno di lavoratori stranieri irregolari impiegati nei campi.Hilal Elver, inviata Onu con il compito di valutare il sistema alimentare italiano, ha detto pochi giorni fa che nel nostro Paese ci sono «lavoratori agricoli che lavorano con orari troppo lunghi in condizioni difficili e con un salario troppo basso per coprire i loro bisogni elementari; migranti senza documenti lasciati in un limbo con nessun accesso a lavori regolari né la possibilità di affittare un locale decente dove vivere».A suo dire, circa metà della manodopera del settore agricolo è costituita da braccianti stranieri, «la più elevata quota di lavoratori irregolari in relazione al numero totale di impiegati nel settore».Dice la Elver che «da Nord a Sud, centinaia di migliaia di braccianti lavorano la terra o accudiscono il bestiame senza protezioni legale o sociale adeguate, con la minaccia costante di perdere il lavoro, di venire rimpatriati con la forza o di diventare oggetto di violenza fisica e morale». Si tratta di «lavoratori stagionali e non stagionali che trovano spesso nel sistema del caporalato la sola possibilità di vendere la loro manodopera e di ottenere una paga». Ovviamente a queste parole non è stato dato lo stesso risalto che avrebbero avuto se al governo ci fosse stato Matteo Salvini, che fu oggetto di pesanti illazioni proprio da parte dell'Onu a proposito del suo presunto razzismo. Ancora più tetra è la stima contenuta nel Demeter 2020, cioè il rapporto annuale pubblicato dal centro studi geopolitici francese Iris, sostenuto da colossi come Total, Renault, eccetera. Secondo lo studio «gli immigrati che lavorano come manodopera illegale per l'agricoltura in Italia sono circa il 20% del totale, percentuale che salirebbe all'80% nelle regioni meridionali».Le stime differiscono di poco: parliamo comunque di quasi mezzo milione di irregolari sfruttati. Una cifra spaventosa. Come prevedibile le indicazioni internazionali sono sempre le stesse: bisogna regolarizzare i migranti, bisogna accoglierli perché sono una risorsa indispensabile per l'agricoltura. È l'antico refrain progressista: gli stranieri ci servono come schiavi da far faticare sotto al sole con la schiena piegata (cosa che per altro fanno anche molti italiani, costretti a lavorare in nero per salari da fame, gente che talvolta ci rimette pure la vita). E a quanto sembra anche l'attuale esecutivo è intenzionato a seguire la linea. Da alcuni giorni ormai si discute di una sanatoria che potrebbe coinvolgere alcune centinaia di migliaia di persone. «Il governo si è impegnato con un ordine del giorno a valutare un provvedimento che consenta la regolarizzazione degli stranieri con un contratto di lavoro dietro il pagamento di una cifra forfettaria», ha detto il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese. Idea geniale, non trovate? Poiché le campagne sono piene di clandestini che lavorano in nero, li regolarizziamo e risolviamo la faccenda. Piccolo problema. Quando - con Roberto Maroni ministro - fu fatta una sanatoria analoga, a beneficiarne furono molti stranieri dell'Est Europa, comprese tantissime badanti. Regolarizzare questo tipo di lavoratrici domestiche, però, non è la stessa cosa che regolarizzare i braccianti clandestini. Forse i più non sanno che in Italia esiste già una legge pensata appositamente per far entrare lavoratori agricoli stagionali. Si chiama decreto Flussi e nel 2019 ha consentito l'ingresso a 30.850 stranieri non comunitari. Di cui 18.000 per «lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero», provenienti da Paesi come Albania, Algeria, Bosnia Herzegovina, Corea-Repubblica di Corea, Costa d'Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina. Che cosa significa? Che chi ha bisogno di braccianti regolari può fare domanda al ministero e beneficiare del decreto Flussi. Se servono più lavoratori, basta aumentare un poco i numeri dei permessi disponibili. Ma chi utilizza lavoratori irregolari lo fa proprio perché intende sfruttarli e perché se ne frega delle loro condizioni. Le cifre micidiali riportate da Onu e Iris parlano chiaro: ci sono imprenditori agricoli spietati, soprattutto al Sud, che approfittano delle nuove forme di schiavitù. Pensate davvero che costoro siano disponibili a pagare una cifra forfettaria per mettere in regola chissà chi? Se volessero lavoratori regolari si sarebbero mossi in altro modo a norma di legge. Dunque le possibilità sono due. La sanatoria potrebbe tramutarsi in un trucco per ottenere facilmente un permesso (magari finti lavoratori in servizio presso qualche coop). Oppure potrebbe rivelarsi un clamoroso danno. In regolarizzati, divenuti più costosi, perderebbero il posto in nero nei campi. E a quel punto dove andrebbero? Quelle centinaia di migliaia di persone che oggi si sfiancano nel settore agricolo come saranno assorbiti dal mercato del lavoro? Facile: non saranno assorbiti. Da lavoratori in nero diverranno disoccupati in regola. E qualcuno dovrà mantenerli (ammesso che non lo faccia la criminalità organizzata). Avanti con la sanatoria, dunque. Ma sappiamo già chi ne pagherà le conseguenze.