2018-04-14
Lo Stato versa subito l’Iva all’Europa, ma fa aspettare un anno le imprese
Per ottenere i rimborsi da noi servono 52 settimane contro le 28 di Malta, il secondo Paese più lento Difficile anche riuscire a compilare le richieste: necessarie 51 ore. Soltanto Bruxelles non può attendere.Italia fanalino di coda in Europa per i rimborsi Iva. Sono 52 le settimane che si devono aspettare per ottenere il rimborso dell'Iva, contro le 28 di Malta, classificata come il secondo Paese più lento dell'Europa. Al primo posto c'è l'Austria, dove le imprese ottengono il rimborso dell'Iva in sole tre settimane. Si parla dunque di un gap tra Italia e Austria di circa 49 settimane. Un altro dato misurato nel Tax survey 2017 pubblicato dalla Commissione europea, questa settimana, riguarda le ore impiegate per completare la richiesta di rimborso dell'Iva. Anche in questo caso l'Italia è ultima, registrando tempi biblici rispetto agli altri Paesi dell'Ue. Sono 51 le ore che si impiegano per completare correttamente la richiesta di rimborso. Al secondo posto il Regno Unito con quattro ore e al primo l'Irlanda con solo due ore. Anche in questo caso il gap tra la prima della classe e l'Italia è di 49 ore. La Commissione, nel rapporto, spiega come l'elevato numero di ore che bisogna dedicare alla compilazione dei moduli per il rimborso dell'Iva, dipendano non solo dalla normativa fiscale ma anche «dalla semplicità e dalla rapidità con cui il contribuente si relaziona con l'autorità fiscale. Una maggiore offerta di servizi digitali, in particolare, le opportunità di completare pratiche online, possono ridurre i costi di conformità, rendendo il fisco più efficiente e aumentando la compliance». Altro dato emerso dal Tax survey 2017 sono le ore che le imprese passano per essere in regola con gli adempimenti fiscali. In Italia si impiegano circa 250 ore, dato che nonostante tutto è migliorato rispetto al 2010 dove ne occorrevano 300. Le imprese devono perdere 250 ore a causa «della burocrazia e di un trattamento incoerente da parte dell'autorità fiscale». Il dato però non comprende i costi aggiuntivi e i gravami che ricadono sui professionisti che si dedicano alle aziende stesse. Queste le due maggiori «fonti di incertezza fiscale» individuate nel report dalla Commissione Ue. Ma in cosa devono destreggiarsi le imprese italiane? Principalmente sull'imposta sul reddito delle società, sull'imposta sul valore aggiunto e sulle imposte sui dipendenti. Stando al report Paying taxes 2018 pubblicato dal Word bank group e da Pwc, l'Italia risulta essere sopra la media, per quanto riguarda i rimborsi dell'Iva, sia a livello europeo sia a livello mondiale. Nel mondo i rimborsi Iva si ottengono in circa 27,8 settimane. Meno della metà del tempo richiesto in Italia. Questo report ha analizzato 190 economie e i sistemi fiscali degli Stati europei e mondiali. Anche in questo report si evidenzia «preoccupazione» per la situazione rimborsi Iva e per gli adempimenti fiscali che risultano essere particolarmente complessi. I tempi lunghi nell'ottenere il rimborso dell'Iva hanno come conseguenza il fatto che l'impresa viene privata di liquidità o delle disponibilità finanziarie necessarie per portare avanti la sua attività. Questo si rispecchia nel fatto che solo il 10,7 % delle imprese italiane risulta essere puntuale nei pagamenti commerciali. Il dato viene presentato da Cribis, società del gruppo Crif, e fa emergere un miglioramento rispetto agli anni passati, ma a livello Ue l'Italia rimane nella parte basse della classifica. A farle compagnia c'è il Portogallo con il 16,6% di imprese puntuali nei pagamenti, la Bulgaria con il 22,7%, l'Irlanda e la Finlandia con il 27,3%. Al primo posto c'è la Danimarca con l'88,4%, al secondo la Polonia con il 75,5% e al terzo l'Olanda con il 66,3%. Nonostante gli allarmi dei vari organi europei, in Italia come in tutti i Paesi Ue nel corso degli anni si sono rafforzate le norme sull'Iva. Nel 2018 si è visto un ulteriore complicazione negli adempimenti italiani. Lo spesometro richiede un maggiore impegno dato che l'invio telematico delle fatture emesse e ricevute è passato dall'essere annuale all'essere trimestrale. Oltre a ciò si dovranno comunicare tutti i dati dei documenti fiscali, incluse le bollette doganali e le note di variazione. Inoltre il contribuente deve indicare i dati identificativi delle parti, la data e il numero della fattura. Ma non finisce qua perché oltre alle comunicazioni trimestrali è stato introdotto anche un nuovo adempimento. Al fisco bisogna, infatti, comunicare anche i dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche Iva. L'obiettivo è quello di rendere più tempestivi i controlli sulle dichiarazioni, potendo incrociare i dati esposti nel modello con i pagamenti concretamente effettuati. Si è voluto dunque rafforzare la morsa sui contribuenti in modo da cercare di limitare le frodi dell'Iva. Proprio per questo sono state introdotte anche delle sanzioni che vanno dai 5.000 ai 50.000 euro per l'omessa o incompleta comunicazione delle liquidazioni periodiche.Un comportamento a dir poco curioso se si pensa che in Italia bisogna aspettare 52 settimane per ottenere un rimborso dovuto, mentre la percentuale dell'Iva nazionale versata nelle casse dell'Ue arriva sempre puntuale.