2022-03-20
Lo scarso impatto dell’iniezione sui bambini
Pubblicati per la prima volta dall’Iss i dati sulla fascia 5-11 anni. Nell’ultimo mese si è contagiato il 4,5% dei non inoculati e il 4,1% dei vaccinati con due dosi. Numeri esigui anche per le ospedalizzazioni: è stato ricoverato lo 0,01% degli under 12 senza puntura.Calano da circa tre settimane i casi di positivi al Covid-19 nella fascia più giovane della popolazione, cioè da zero a 19 anni, ed è stabile il tasso di ospedalizzazione, secondo il report dell’Istituto superiore di sanità (Iss) sulla sorveglianza del virus SarS-Cov-2, pubblicato ieri. Eppure, con una vaccinazione intorno al 90% e oltre, specie nelle fasce più anziane e più a rischio di malattia grave e morte, si continua a insistere sulla necessità di immunizzare anche i più piccoli (5-11 anni) che, vaccino o non vaccino, si infettano quasi allo stesso modo e difficilmente finiscono in ospedale per colpa del virus. Basta leggere i numeri appena diffusi dall’Iss, che per la prima volta include questa fascia nel suo report. Circa un quarto (26%) dei positivi in Italia hanno tra zero e 19 anni. Di questi, nell’ultima settimana, il 39% è nella fascia d’età 5-11 anni, il 46% in quella 12-19 e il restante 15% ha meno di cinque anni. A fronte di un leggero aumento del tasso di incidenza di positivi in tutta questa popolazione, non sono di più i bambini che devono essere ricoverati, «ad eccezione della fascia con meno di cinque anni» in cui c’è un «aumento», segnala il report, «benché i dati riferiti all’ultima settimana siano da considerare in via di consolidamento». Dall’inizio dell’epidemia allo scorso 16 marzo sono stati diagnosticati 3.072.520 casi nella popolazione 0-19 anni: 15.532 ospedalizzati (0,5%), 355 ricoverati in terapia intensiva e 50 deceduti. I dati però diventano particolarmente interessanti quando si analizza la fascia 5-11 anni, in cui la vaccinazione è iniziata il 16 dicembre 2021 e che, al 16 marzo 2022, ha raggiunto, secondo l’Iss, «una copertura con una dose pari a 4,1% e con due dosi pari a 32,3%». Entrando nel dettaglio dei ricoveri registrati nel mese di febbraio per i bambini tra 5 e 11 anni positivi al Covid, il report segnala 337 tra i non vaccinati, 52 tra quelli con una dose e 23 con due dosi. Rapportando questi numeri alla popolazione di riferimento si scopre che, dei bambini con doppia dose (circa 460.000), finiscono all’ospedale con il Covid lo 0,005%. Dei piccoli che hanno fatto la prima inoculazione, circa 670.000, lo 0,007% si è ritrovato in corsia. Tra coloro che non hanno avuto la punturina, cioè circa 2 milioni e mezzo, la percentuale di quelli che hanno varcato la soglia dell’ospedale è dello 0,01%. La differenza c’è, visto che si tratta di un ricovero ogni 10.000 non vaccinati e sette o cinque ogni 100.000 per chi ha una o due inoculazioni, ma questi numeri, davvero giustificano la pressione sulla necessità di vaccinare anche i più piccoli sempre e comunque? In altri Paesi europei, come la Francia e la Gran Bretagna, ad esempio, per i più piccoli si è data priorità soprattutto nel caso di bambini fragili perché già con diagnosi di altre patologie o perché a contatto con adulti con difese immunitarie compromesse. Certo, il documento riporta tre decessi tra i non vaccinati, rispetto allo zero dei piccoli tra 5 e 11 anni che si sono immunizzati. Il report però non specifica se questi bambini avessero già delle condizioni patologiche che rendono le persone più vulnerabili in caso di infezione con Sars-Cov2. Resta poi sempre la questione sul perché i bambini siano finiti in ospedale. L’Iss infatti non specifica se il piccolo paziente sia stato ricoverato perché con sintomi di Covid o sia stato diagnosticato al momento del ricovero reso necessario per altre condizioni, come un incidente o l’appendicite. Proprio sulla capacità di infettarsi dei bambini delle elementari, sempre leggendo i dati appena pubblicati dall’Iss, si scopre una certa equità tra vaccinati e non. Nell’ultimo mese, infatti, dei circa 440.000 che hanno ricevuto una dose, 19.000 si sono trovati positivi (4,3%) e, tra gli 860.000 con doppia dose, gli infettati sono stati circa 36.000 (4,1%). Negli oltre 2,3 milioni che non hanno fatto nessuna inoculazione, i positivi sono stati 108.000 (4,5%). Questi dati diventano particolarmente interessanti se si considera uno studio tedesco di qualche settimana fa che ha confermato come i bambini rilascino un volume molto più basso di particelle di Sars-Cov 2 rispetto agli adulti, riducendo potenzialmente la loro capacità di trasmettere il virus. I ricercatori dell’Università di Berlino hanno infatti visto che, in media, i bambini rilasciano meno particelle di aerosol nell’aria, soprattutto quando respirano, parlano o cantano. Si vorrebbe a questo punto capire su che basi si possa sostenere a spada tratta che i piccoli andrebbero vaccinati per ridurre la possibilità di contagio di adulti e anziani. Resta poi anche da spiegare, con una casistica così bassa di ricoveri, in assenza di informazioni sulle motivazioni cliniche che hanno portato all’ospedalizzazione, come si possa sostenere senza ombra di dubbio che il vaccino va inoculato anche a 5-11 anni. Per trarre delle conclusioni servono dati - cioè numeri relativi a un contesto - che il report in questione non fornisce. Probabilmente le schede cliniche sono in fase di elaborazione o (peggio) non si trovano, eppure la decisione è già presa: i piccoli si devono vaccinare.