2023-07-29
L’Italia va con Erdogan per fare l’Europeo
Mossa a sorpresa Figc: alleanza con la Turchia, unica altra candidata, per ospitare insieme il campionato continentale 2032. A noi mancano gli stadi, al sultano l’approvazione internazionale. Il compromesso fa tutti felici, a partire dai parrucconi Uefa. Un tempo l’impero ottomano era soprannominato la Sublime Porta. Oggi, sogghignano alcuni, il ruolo di porta, magari non sublime, potrebbe accollarselo l’Italia: una porta nella quale la Turchia infila con disinvoltura il piede, accreditando il presidente Erdogan presso le più alte sfere del calcio - dunque della politica - d’Europa. Con un duplice risultato: il sultano impreziosisce la sua investitura a dominus delle relazioni euroasiatiche, la Figc guidata da Gabriele Gravina salva la reputazione agguantando (parzialmente) l’obiettivo a cui puntava. Partiamo dalla notizia: l’Italia si è aggiudicata l’organizzazione dei campionati europei di calcio del 2032, a metà con la Turchia. Lo hanno annunciato ieri la Federcalcio italiana e quella turca con una lettera congiunta, l’assegnazione ufficiale della manifestazione dovrebbe essere formalizzata dall’Uefa il prossimo 10 ottobre. Erdogan, dopo aver ospitato l’ultima finale di Champions League, ha così ottenuto ulteriore lustro mediatico con cui puntellare l’egemonia sulla nazione. La Figc, che sulla candidatura tricolore aveva scommesso buona parte della sua credibilità, può dichiarare di aver portato a casa un evento calcistico internazionale mancante dai tempi di Italia 90. In pratica, dall’ultima volta che molti dei nostri stadi scalcagnati sono stati toccati. Gravina lo annuncia con toni trionfalistici: «Siamo di fronte a una svolta storica che ha come obiettivo la valorizzazione del calcio continentale. Il progetto, oltre ad avvicinare due realtà consolidate nel panorama calcistico europeo, esalta i valori di amicizia e cooperazione, coinvolgendo due mondi, due culture che si sono reciprocamente contaminate influenzando la storia del Mediterraneo». Così è se vi pare, ma tra Roma e Bisanzio, il sospetto che Bisanzio parta favorita c’è. Se non altro dal punto di vista infrastrutturale. Nella sola Istanbul, quattro stadi (quattro!) già rinnovati sono in grado di ricevere squadre e tifosi secondo le norme previste. Non scordando il modernissimo stadio di Trebisonda e quello nella capitale Ankara. Il nostro tallone d’Achille sono proprio gli impianti sportivi antidiluviani. Per questo motivo la Figc, lo scorso febbraio, aveva candidato l’Italia a ospitare - sulle prime senza partner - Euro 2032: innescare un processo virtuoso capace di portare le arene italiche all’altezza degli standard europei. Ma le 10 sedi proposte ad aprile per disputare le partite non avevano convinto l’Uefa: tra Milano, Torino, Roma, Napoli, Bari, Cagliari, Genova, Bologna, Firenze e Verona, a oggi, solo il capoluogo lombardo con San Siro - o con i futuri stadi di Milan e Inter, è di ieri la notizia dell’accordo tra i nerazzurri e Infrafin, società del gruppo Cabassi, per costruire la casa interista nel comune di Rozzano - la capitale con l’Olimpico, e Torino con lo Juventus Stadium sarebbero all’altezza del compito senza incertezze. Seguirebbero Napoli e le altre, forse Marassi, con qualche dubbio in più. Ecco dunque palesarsi la soluzione di compromesso. Di fronte alla mancanza di candidature di altre nazioni, eccezion fatta per l’Italia, per la Turchia e per la Russia, che si era proposta a mo’ di provocazione ben sapendo di non essere considerata, il sodalizio italo-turco salva capra e cavoli. Consente a noi di mettere in carniere un risultato istituzionale, cucendo una toppa sui deficit infrastrutturali e sperando di iniziare a colmarli, e permette alla Turchia di imporsi come interlocutore chiave nelle faccende euroasiatiche che contano. A patto che l’Europa sia disposta a chiudere un occhio, o entrambi, su questioni che interessano le istituzioni di Bruxelles solo a seconda della convenienza contingente: dai diritti della comunità omosessuale, difesi col coltello tra i denti quando si tratta di far indossare ai calciatori le fasce da capitano color arcobaleno nei campionati locali, molto meno quando ci si rivolge a una controparte di fede islamica, ancorché moderata, alle mai del tutto risolte vicende curde e armene, passando per i rapporti di Ankara con Mosca, articolati, talvolta pure distesi, e nessuno in Europa che si azzardi a definire Erdogan putiniano, come è accaduto a qualche politico nostrano senza nemmeno una comprovata cognizione di causa. Ci sono precedenti di Europei in condivisione: è successo con Belgio e Paesi Bassi nel 2000, con Austria e Svizzera nel 2008 e a Polonia e Ucraina nel 2012. Se tutto andasse come si prospetta, nonostante qualche perplessità legata alla distanza e al fuso orario di un’ora tra i due Paesi, la suddivisione delle partite prevederebbe l’assegnazione di sei stadi a testa. In Turchia, come si diceva, sarebbero pronti domattina. L’Italia avrebbe ottenuto la garanzia dal governo di ricostruire da zero o ristrutturare le arene necessarie entro la data prevista. L’inaugurazione della kermesse avrebbe luogo allo stadio Ataturk, la finalissima all’Olimpico di Roma, consentendo all’Italia di incidere il proprio nome nell’immaginario collettivo nella sfida decisiva.
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