
Alfano e Minniti danno la cittadinanza italiana al piccolo e fermano la sentenza. La nostra ambasciata durissima: fermatevi o denunceremo un omicidio. I manifestanti tentano di irrompere nell'ospedale, interviene la polizia. Altre udienze nella notte. Ieri pomeriggio, dopo che l'esecuzione di Alfie era stata spostata alle 16.30, ora italiana, il ministro degli Esteri, Angiolino Alfano e degli Interni, Marco Minniti, hanno concesso la cittadinanza italiana al piccolo Alfie Evans. Quella che doveva essere l'ultima giornata di vita del bambino di 23 mesi, ricoverato in stato semivegetativo all'Alder Hey hospital di Liverpool, si era aperta con la visita della presidente dell'ospedale romano Bambin Gesù, Mariella Enoc, che insieme a un'anestesista aveva preso un aereo ed era arrivata all'ospedale inglese in tarda mattinata. «Ho parlato con i genitori, ho portato loro la vicinanza del pontefice, ma anche dei tanti genitori che si trovano nella stessa situazione», ha dichiarato la Enoc, a cui però è stato impedito di vedere il bambino, come ha testimoniato il padre Thomas Evans sul suo profilo Facebook.Le cose sembravano precipitare quando alle 14.30, ora inizialmente prevista per l'esecuzione del protocollo di morte, il tutto è stato rimandato. Essendo stata spostata l'ora del distacco del ventilatore dalle 14, come comunicato precedentemente ai genitori, alle 14.30, i legali della famiglia hanno ravvisato un errore formale tale per cui sarebbe «necessario un nuovo pronunciamento dello stesso magistrato per fissare un'altra ora», in quanto ritenuta insufficiente l'autorità dell'Alder Hey per dare esecutività alla sentenza.Nel frattempo, verso le 15, ora italiana, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ha chiesto urgentemente al governo di concedere un passaporto diplomatico agli Evans per poter trasferire il piccolo in Italia. Così, verso le 17, è arrivata la notizia della concessione della cittadinanza italiana al piccolo Alfie. «È uno di quei giorni che ti ricordi che la politica può farti fare grandi cose», ha dichiarato Meloni. «Da mamma, da italiana e da presidente di partito ringrazio di cuore il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e i ministri Alfano e Minniti per avere accolto il mio appello e aver deciso di concedere la cittadinanza italiana ad Alfie Evans: questo permetterà di aprire uno spiraglio per consentire al piccolo di venire in Italia ed essere accolto in una delle nostre strutture ospedaliere». Lo spiraglio riguarda, ovviamente, l'avvio di un azione diplomatica tra i due Stati, visto che lo stesso Alfie conserva sempre la cittadinanza inglese e quindi come tale soggetto alle leggi dell'Inghilterra, ossia della sentenza di morte ripetuta a più livelli, sia in appello che dalla Suprema Corte. Peraltro, ieri mattina anche la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha rifiutato il ricorso presentato dai genitori di Alfie e la loro richiesta di misure per tenerlo in vita.Il commento del cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia accademia per la vita, esprime al meglio la situazione che si è venuta a creare. «Due cose», ha dichiarato al quotidiano Avvenire, «risaltano all'evidenza: che c'è una precisa volontà giuridica che prescinde da qualsiasi appello, anche il più alto, anche quello del Papa, nonché dalla stessa volontà dei genitori, che si impone anche prescindendo dalle ragioni scientifiche; e che c'è una visione basata su un principio economicistico della vita che rifiuta l'assistenza a chi si può trovare in punto di morte, visto che può rivelarsi costosa».Fuori dall'ospedale centinaia di persone hanno protestato fin dalla mattina bloccando la strada e scandendo lo slogan «Salvate Alfie Evans». La polizia è dovuta intervenire, anche per evitare un'irruzione dei manifestanti nell'ospedale. Intanto il sacerdote italiano don Gabriele Brusco, che lavora in una parrocchia londinese, e che da qualche giorno si era impegnato a sostenere la famiglia Evans, aveva raggiunto l'ospedale impartendo al piccolo Alfie il sacramento della cresima e di nuovo l'unzione degli infermi.Poi è arrivata appunto la notizia della cittadinanza italiana concessa ad Alfie e verso le 18 c'è stata la prima azione dell'ambasciatore italiano a Londra, che ha contattato l'ospedale pediatrico di Liverpool. Non senza difficoltà, la telefonata ha spostato decisamente la questione sul lato diplomatico e dei rapporti tra Stati, contribuendo a congelare l'attivazione del protocollo di morte. Il moloch inglese ha finalmente cominciato a dare i primi segni di cedimento. L'ambasciata italiana ha chiesto di fermare la procedura per terminare la vita di Alfie, pena la denuncia per omicidio. Mentre scriviamo nulla è deciso. La pistola del protocollo di morte è ancora puntata sulla tempia di Alfie, ma si potrebbe anche realizzare il desiderio espresso dai ministri del governo italiano, ossia «che l'essere cittadino italiano permetta, al bambino, l'immediato trasferimento in Italia». Quello che doveva essere un giorno di morte si è rivelato anche un giorno di speranza. Comunque si concluda, la vicenda di due giovani genitori inglesi, Thomas e Kate, un imbianchino e un'estetista ventenni, e del loro bambino Alfie, ha rivelato al mondo intero che in Italia c'è ancora qualcuno che sa cosa significa prendersi cura di una vita umana. Se il cinismo mortifero delle sentenze inglesi dovesse mietere la sua vittima, nulla potrà cancellare questo sussulto di civiltà.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 7 novembre con Carlo Cambi
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
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Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.






