2020-03-02
Maurizio Casasco: «È come una guerra, ma ce la faremo»
Il presidente delle piccole imprese: «Qualcuno s'era illuso che il morbo non sarebbe arrivato. Ora, se crolla la manifattura crolla il Paese. Stop a tasse e versamento dei contributi per le imprese che hanno subito danni».«Siamo come in guerra. Servono decisioni rapide, ma senza farsi prendere dal panico. L'obiettivo è tornare al lavoro quanto prima». Maurizio Casasco è il presidente di Confapi, l'associazione che riunisce 90.000 piccole e medie imprese italiane, per un totale di 900.000 addetti. Praticamente, il cuore pulsante dell'industria nazionale, quella che si prepara a subire il colpo più duro dall'epidemia.Il governo ha varato un primo pacchetto di aiuti. Bollette e mutui sospesi, rifinanziamento del fondo di garanzia per le Pmi. «Piccole iniziative utili, ma non è certo sufficiente. Il prezzo che stiamo pagando è altissimo. Bene gli ammortizzatori sociali, ma poi bisogna riportare i lavoratori nelle fabbriche». Gran parte di queste misure riguarda i Comuni della zona rossa. Presto arriveranno altre decisioni. Quando è doloroso il colpo?«È molto grave. L'ho detto e lo ripeto: se va in ginocchio la manifattura, siamo perduti. Il fondo di garanzia è fondamentale, ma non dobbiamo concentrarci solo sulle zone rosse. Il sostegno, la semplificazione della burocrazia e della fiscalità devono essere estesi anche alle zone limitrofe. Anche lì ci sono aziende che stanno soffocando. Non possiamo pensare che se Codogno è in quarantena, Piacenza, a 30 chilometri, non stia soffrendo. Se ad esempio l'automotive è fermo, lo sono anche i fornitori di poliestere, dei materiali tessili, tutti stanno subendo danni pesanti». La crisi è dunque estesa a tutta Italia? «Forse qualcuno si era illuso che il virus dalla Cina non sbarcasse in Italia? Adesso è altrettanto illusorio immaginare che dalla Lombardia non si estenda alle Regioni del Sud. Dunque si blocchino subito i tributi fiscali e contributivi per tutte le piccole e medie imprese che dimostrano di aver subito un danno, e sono tante». Parliamo della gestione dell'emergenza. Anche lei sente il bisogno di una linea di decisione più chiara e meno confusionaria?«Purtroppo sarebbe servita una catena di comando corta, veloce ed efficiente. Il nostro sistema è fatto di tanti centri di potere: Regioni, sindaci, ministeri. Che sia la presidenza del Consiglio, o la Protezione civile, mi auguro che qualcuno che qualcuno prenda chiaramente il comando, con un vero coordinamento sugli interventi da prendere». Come avviene all'estero in una situazione di minaccia per la sicurezza nazionale: auspica una catena di comando quasi militare?«Indubbiamente. Forse questa esperienza può servire da lezione per pensare a una legge sulle emergenze. Gli antichi romani nei momenti di difficoltà sapevano che per 6 mesi dovevano riunirsi intorno a un potere forte». Insomma, dobbiamo dare un'immagine di unità che ancora non c'è?«Oggi mi aspetto che il governo, le forze politiche, maggioranza e opposizione, trovino questo spirito, saltando i particolarismi. È già successo: penso alla ricostruzione del ponte di Genova, o all'Expo di Milano». Serve unità anche tra gli industriali?«Noi, con responsabilità, l'abbiamo raggiunta. Anche quella certa competizione con Confindustria, per esempio, è stata superata. E devo darne atto a Vincenzo Boccia per gli industriali, Carlo Sangalli per i commercianti, Ettore Prandini per gli agricoltori: hanno messo al primo posto l'interesse del Paese. Oggi Confapi è pronta a fare la sua parte collaborando con il governo: servono decisioni forti, ma con una comunicazione corretta, altrimenti paralizziamo l'Italia».Sono stati lanciati messaggi troppo allarmistici?«Scontiamo una cattiva comunicazione, da parte del governo centrale e anche di singoli governatori. Da Roma si dice una cosa, dalle Regioni un'altra, dai Comuni un'altra ancora. Tutto ciò si ripercuote sulla nostra immagine all'estero: è questo che mi preoccupa». Cioè?«Gli Stati Uniti stanno sconsigliando alle aziende di andare in Cina, Corea del Sud e Italia. I nostri atleti nazionali non possono mettere piede in Ungheria, o a Cipro. Rischiamo di passare per incapaci, e non è un'immagine consona al nostro Paese. Se l'Italia agli occhi altrui diventa un Paese infetto, è un problema serio». C'è chi è pronto a speculare sulle nostre debolezze?«I francesi, gli americani e i tedeschi non vedono l'ora di approfittarne, occupando i nostri spazi sul mercato, attaccando il made in Italy. Hanno un'autostrada davanti, se non facciamo subito qualcosa». Da dove ripartiamo? «Così come in un'economia bellica si va dalle aziende produttrici di acciaio e gli si ordina di fabbricare pistole, allo stesso modo dobbiamo andare dalle imprese che producono materiale sanitario, per farle lavorare anche di notte». Disinfettanti, mascherine?«Tutto quello che occorre. Incentiviamole, diamogli dei contributi, devono fare gli straordinari e distribuire i loro prodotti nelle aziende a prezzo calmierato. Sono stato tra i primi a denunciare il caro disinfettanti, e per fortuna il governo ha dato una stretta». Produrre materiale sanitario 24 ore al giorno comporterà degli investimenti pubblici importanti.«Siamo in emergenza. E in questi frangenti, il sistema sanitario dev'essere guidato come in guerra». In una guerra si attacca ma ci si deve anche difendere. «Quello è fondamentale. Questo virus ha due caratteristiche: una mortalità bassa e un'alta contagiosità. La difesa consiste nel contenere la trasmissione attraverso una grande opera di prevenzione nelle fabbriche. Rendiamole il luogo più sicuro d'Italia attraverso informazione, disinfezione e vigilanza». Come?«Le aziende vanno anzitutto riaperte. Torniamo a produrre, per il bene di tutti. Nel contempo però bisogna introdurre indicazioni igieniche semplici e rigorose». Vale a dire?«Le buone prassi, gli indirizzi di comportamento quotidiano, i materiali igienici, i dispenser, la pulizia delle scrivanie e delle mense. Decidiamo insieme che quando un dipendente presenta dei sintomi, deve stare a casa o farsi curare finché l'influenza non passa. Regole uguali in tutta Italia».Ha scritto a Cgil, Cisl e Uil per fare fronte comune. «Indispensabile. La vigilanza su queste regole dev'essere affidata congiuntamente alle parti sindacali e ai datori di lavoro. E andiamo avanti così, fianco a fianco, per salvare l'economia fino all'arrivo del vaccino». Dobbiamo fidarci di più degli esperti?«Non possiamo basarci solo sulle scelte politiche. Ora più che mai, dobbiamo lasciarci guidare dalle nostre eccellenze mediche. Non parlo solo degli scienziati, ma anche dei medici del lavoro all'interno delle aziende, i medici sportivi, i medici di base, gli infermieri. Stanno facendo un'opera davvero straordinaria sul territorio. E devono essere messi in campo e coinvolti, valorizzando le loro competenze». In qualità di presidente della federazione medici sportivi, ha consigliato a tutti di vaccinarsi contro l'influenza. Perché?«Perché così riduciamo i casi febbrili, scremiamo la platea, rendiamo più semplice la diagnosi e la gestione dei casi sospetti. Ci facilitiamo il compito». Palazzo Chigi sta preparando una linea di trattativa con l'Unione europea. Cosa si aspetta?«Che le spese per affrontare il virus non siano conteggiate nel patto di stabilità. Non solo, ci aspettiamo anche che l'Europa ci dia attivamente una mano. Le grandi imprese sono in grado di resistere, le piccole invece hanno alti costi e bassa marginalità. Le nostre esportazioni sono a rischio, e non possiamo fare finta di nulla». Chiede contributi a Bruxelles?«Assolutamente. Del resto, i fondi li abbiamo dati persino alla Turchia, sulle questioni migratorie. Li abbiamo dati, con soldi nostri, all'Est Europa: e adesso l'Ungheria ci fa concorrenza tenendo basso il costo del lavoro. La Romania ha addirittura bloccato le importazioni di merci dal Veneto». A Roma le prenotazioni turistiche si sono quasi azzerate. Il governo sospende il pagamento dei contributi per il settore. Basterà?«Il turismo è il settore che paga il prezzo più alto nell'immediato, ed è giusto sostenerlo. Ma teniamo a mente una cosa: il panico passerà, la gente tornerà a fare vacanze, il sole, il mare, il nostro paesaggio non ce lo toglierà nessuno. Se invece lasci morire le fabbriche e la manifattura, hai fatto terra bruciata. È il nostro tessuto connettivo: se va in necrosi, rischiamo di non rialzarci più». Da medico, secondo lei quanto durerà?«Come ogni influenza, durerà qualche mese. Più che sufficiente per abbattere l'economia, se restiamo a occhi chiusi. Ma sono sicuro che ce la faremo: l'Italia ha la capacità di reagire».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci