2020-01-20
Jole Santelli: «Cambio la Calabria. Io non ho paura»
La candidata del centrodestra in regione: «Per dire sì alla corsa elettorale ho chiesto il permesso all'oncologo. Chi passa attraverso l'esperienza della malattia non teme nulla. Nel mio ufficio scriverò un numero: 300.000».Jole Santelli, forzista della prima ora, deputata dal 2001, sottosegretario alla Giustizia in due governi di Silvio Berlusconi e, per qualche mese, anche con l'esecutivo guidato da Enrico Letta (con delega al Lavoro e politiche sociali). Ci racconti di quando il Cavaliere le ha proposto di correre per la regione Calabria.«Erano le ultime ore di trattativa con gli alleati. Berlusconi voleva un nome che unisse il centrodestra, mettendo d'accordo tutti. Prima di accettare, ho fatto una telefonata al mio oncologo, e gli ho chiesto se potessi farlo». E il medico le ha risposto: «Spero che tu diventi presidente». Dunque, lei ha sciolto subito la riserva?«Sì. Serviva immediatamente una soluzione. Non era più tempo di tirarsi indietro». L'esperienza della malattia l'ha cambiata?«Anche nei primi momenti, quelli più difficili, ho scelto di continuare a fare politica. Non ho rinunciato alle campagne elettorali, a incontrare la gente. Anzi, il contatto con i cittadini è stato un sollievo per me. Mi è servito come sfogo positivo». E al di là della politica? «Esperienze come queste ti tolgono la paura. Prendi la misura delle cose. Ridimensioni i problemi. Esalti i piccoli gesti quotidiani che prima davi per scontati».Non ha timore che la sua vicenda possa essere strumentalizzata in campagna elettorale? «No, perché per me è una vicenda datata, che peraltro ho sempre vissuto alla luce del sole. E poi, insomma, non ho commesso nessun reato, no? Sono storie che purtroppo accadono in tante famiglie». Adesso come sta?«Come può sentire, ho una bella raucedine. Merito della campagna elettorale invernale. E anche del fatto che mi sono caricata di 15 impegni giornalieri. Tra l'altro, sappiamo tutti come è fatta la Calabria: è sempre un saliscendi, montagna, mare, montagna, mare… Da un lato dovrei riposare, dall'altro la gente che incontro mi dà energia». Perché ha deciso di curarsi in Calabria?«Semplicemente perché ci sono reparti d'eccellenza. Ho iniziato a curarmi a Roma, poi sono scesa in Calabria, mi sono trovata bene e sono rimasta qui». Come pensa di garantire il diritto dei calabresi a curarsi nella loro regione?«Ripartendo dal territorio, creando una seria medicina di base, liberando i pronto soccorso, che spesso sono l'emblema della malasanità. Bisogna riformare pesantemente le liste d'attesa, e mandare anche dei messaggi di buona collaborazione con i commissari, senza bracci di ferro di potere. Non è solo un problema di spesa: se la sanità resta un colabrodo, i soldi non basteranno mai». Lei è data per favorita. Certo le elezioni in Calabria sono rimaste un po' oscurate dalla battaglia campale in Emilia Romagna, in cui il testa a testa tra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni monopolizza l'attenzione. «Sono elezioni e territori completamente diversi. In Calabria il Pd aveva vinto con oltre il 60% e il centrodestra era uscito distrutto. Ma in realtà il nostro voto è cruciale, perché ci consentirà di capire in quale direzione si muoverà l'elettorato del Sud, anche in vista delle regionali in Campania e Puglia». Il Pd ha chiesto al suo governatore uscente Mario Oliverio, colpito dalle inchieste giudiziarie, di farsi da parte in favore del re del tonno Pippo Callipo. Anche in Calabria, come in Emilia Romagna, i candidati del centrosinistra in qualche modo si vergognano del Pd che li sostiene? «Callipo pensa di bastare a sé stesso. Disdegna apertamente la politica, dice che non c'entra nulla, si basa sulla sua retorica personale. Io se non avessi fatto politica per 20 anni non conoscerei quasi nulla di questa regione». Nelle sue liste compaiono molte vecchie conoscenze: alcuni arrivano dal Pd e dalla lista del governatore uscente. Riciclati?«No, sono persone che si sono allontanate da tempo da quel versante politico. Lo hanno fatto in maniera trasparente, fin dalle elezioni europee. Non ci sono riciclati dell'ultimo momento. A parte un caso: ma si tratta di un tecnico che ho sempre giudicato molto competente». Dunque, quale sarebbe l'elemento di novità della sua giunta rispetto a quella di Giuseppe Scopelliti o di Oliverio?«Io non farò l'“uomo solo" al comando. E non solo perché sono donna, ma anche perche credo nel gioco di squadra. Non si può innescare la riscossa di questa regione senza il confronto e la partecipazione del territorio. Invece, con le ultime amministrazioni, purtroppo si è creata una distanza tra la politica e i cittadini». Che cosa pensa dell'inchiesta del procuratore Nicola Gratteri, con 334 misure di custodia cautelare e annesse polemiche?«Rispetto le inchieste e non le commento. Gratteri è un professionista serio. In un territorio difficile come quello di Vibo Valentia ha svolto un lavoro pesantissimo. I calabresi hanno bisogno di essere liberati, e lo Stato deve essere presente. Non possiamo chiedere ai cittadini di continuare a essere degli eroi». A proposito di giustizia e politica, oggi si dovrebbe votare in Senato sul caso Gregoretti. Qual è il destino di Matteo Salvini? «È folle che un atto puramente politico, la decisione di Salvini sulla nave Gregoretti, venga sottoposto al vaglio della magistrati. Ancora una volta, per puro opportunismo, il Parlamento si piega alla magistratura. Dov'è la separazione dei poteri?». È paradossale che il Pd chieda l'autorizzazione a procedere, ma nel contempo spinga per un rinvio del voto? «Sanno di commettere un errore politico, e pensano di pagarlo elettoralmente. Gli avversari si combattono nelle urne, non con la giustizia. Ancora una volta il Pd sembra applaudire il lavoro di complemento portato avanti da una parte della magistratura». Un eventuale voto a favore dell'autorizzazione a procedere come influirà sul voto regionale? Sarebbe un boomerang per i partiti di governo?«Salvini diventerebbe di fatto una vittima politica». Lei in Calabria è data per favorita anche grazie all'appoggio di Salvini. Forza Italia è destinata a essere subalterna alla Lega? «Ho rispetto di Salvini come alleato, e non ne ho paura. Anzi, lo ringrazio perché, nonostante l'impegno in Emilia Romagna, si sta spendendo molto nella nostra regione in questa campagna elettorale». La Calabria ha un tasso di disoccupazione tra i più alti d'Europa. Quella giovanile arriva al 55%. Qual è il suo piano per combatterla?«Se vincerò le elezioni, nel mio ufficio appenderò un quadro con una grande scritta: “300.000"».Un memento? A che cosa si riferisce?«È il numero dei disoccupati calabresi. Tutte le amministrazioni che si sono avvicendate non hanno mai compiuto scelte vere sugli asset autentici della Calabria. Ha prevalso la politica del tutto a tutti, che è come dire nulla a nessuno».E quali sarebbero questi asset?«Turismo, cultura, energia, agricoltura, ambiente. Abbiamo tre parchi nazionali, non sfruttarli è uno spreco incredibile. E poi occorre lavorare per rilanciare la piccola e media impresa: addirittura il 40% della spesa dei calabresi riguarda prodotti di importazione: parliamo di pasta, biscotti, carta igienica, prodotti di uso quotidiano. In Lombardia solo il 3%». Tutta merce che potreste produrre a casa vostra?«Con le associazioni di categoria e le università bisogna fare un lavoro serio di indirizzo dei bandi. Tutto questo ovviamente badando alla formazione dei lavoratori».Cioè?«In Calabria non possiamo continuare a fare soltanto corsi di formazione per parrucchieri e manicure. Dobbiamo mirare alle fette di mercato che sono alla nostra portata, e aggredirle. Alle imprese bisogna dare aiuto su questo: abbiamo meravigliose realtà, che purtroppo camminano solo sulle gambe degli uomini, senza l'aiuto delle istituzioni».Crede davvero che da questo voto regionale dipendano le sorti del governo?«Penso che il governo sia già in agonia. Le regionali saranno un problema serissimo per il Pd e i 5 stelle. Difficile che riescano a pacificarsi dopo mesi di guerra. Sì, queste elezioni saranno la classica goccia che farà traboccare il vaso». Ad Hammamet diverse personalità, politiche e non solo, hanno ricordato la figura di Bettino Craxi. Emblema di un nodo, quello dei rapporti tra politica e magistratura, ancora non risolto? «Mi auguro che la storia restituisca a Craxi la veste di statista e non di esule. Mi colpisce che ad Hammamet non si sia visto nessuno del Pd. Evidentemente non hanno imparato la lezione».
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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