2019-07-01
Giovanni Toti: «Forza Italia dovrebbe uscire dal Ppe»
Il coordinatore nordista degli azzurri spiega la sua rivoluzione: «Primarie, cariche azzerate, via le tessere, congressi dappertutto, rapporti più stretti con i Conservatori Ue. I moderati chiedono un partito tutto nuovo».Presidente Giovanni Toti, lei ha già dato un nuovo ultimatum: primarie entro ottobre o vado via.«Non c'è nessun ultimatum. Ripeto da settimane la mia diagnosi e proposta di cura. È un tema che coinvolge una realtà più vasta. Forza Italia alle europee ha dimezzato i voti. Si tratta di trovare una formula che allarghi i confini di quel partito e lo faccia diventare quella forza liberale e riformista che è stata nei suoi anni migliori, accogliendo chi è interessato e facendo tornare a casa chi è scappato. Io non ho trovato altre formule che quella di aprire il partito a grandi consultazioni popolari dal basso, che non vuol dire, come qualcuno dice, uno scontro tra personalità e basta. Ma siccome le idee camminano sulle gambe degli uomini, è ovvio che bisognerà confrontare uomini e idee per trovare linee politiche più convincenti».Però lei ha dato un termine, quello di ottobre…«Abbiamo annunciato una rivoluzione una settimana fa con il fatto che Berlusconi, per la prima volta, ha mostrato di condividere alcune delle mie tesi, diagnosi, e molte delle mie preoccupazioni. Se non sarà ottobre, sarà la prima settimana di novembre, ma insomma questo processo una volta avviato non è che possiamo trascinarlo troppo a lungo. Il tempo stringe, non sappiamo quando si chiuderà questa legislatura e questo Paese ha bisogno di risposte e di ricette, sia che si stia all'opposizione, sia che ci si debba preparare a tornare al governo. Non vedo per quale ragione si debba perdere tempo. Si stabiliscano le regole, si sterilizzino gli organismi di partito, con commissioni di garanzia in tutte le regioni, una commissione di garanzia nazionale, presentazione delle mozioni di linea politica e delle candidature e si parta».Incombe la data del 6 luglio, quando è in programma la sua manifestazione a Roma.«Quella del 6 luglio è una cosa molto semplice, è la rappresentazione simbolica di quello che sto dicendo. Saremo in un teatro, dove ci saranno tante persone, molte con la tessera di Forza Italia in tasca, altre senza la tessera di Forza Italia, altri ancora che l'hanno avuta e l'hanno abbandonata, altri ancora che non l'hanno mai avuta, per dire insieme che vogliamo costruire un contenitore comune, ampio, vasto e plurale, come dicono quelli colti, dove non comandi nessuno ma tutte le anime possano misurarsi per il peso delle loro idee e il peso del loro consenso».Ma questo contenitore quindi non sarà più Forza Italia? «La base di partenza, se Forza Italia è disponibile, sarà Forza Italia. Se non sarà disponibile, se Forza Italia si vuole rinchiudere in un partito della nostalgia e della testimonianza, sarà una scelta legittima, ma credo non sia utile al Paese. Se Forza Italia vuole partecipare a questo percorso costituente, ben venga, anzi sarebbe auspicabile, visto che ne rappresenta ancora un bel pezzo, però deve essere chiaro che nel giro di qualche settimana il percorso finale dovrà essere qualcosa che incarna lo spirito di Forza Italia ma supera la struttura organizzativa di Forza Italia così come oggi la conosciamo». Da oggi al 6 luglio aspetta qualche risposta?«Aspetto di sapere se il 6 luglio presentiamo una mozione congressuale e una candidatura, e se le persone presenti in sala potranno partecipare anche al dibattito interno di quella che è stata Forza Italia e che diventerà da qui a ottobre o novembre un grande contenitore nuovo per tutti i moderati italiani, oppure se Forza Italia intende chiudere i suoi confini, serrare le fila, rinchiudersi in una ridotta. A quel punto sarà complicato. Noi continuiamo a fare un dibattito dentro gli organismi di Forza Italia, ma il vero problema è che questi organismi rappresentano sempre meno del mondo fuori. O questo dibattito lo portiamo nel mondo, oppure resterà puramente teorico, quasi concettuale. Chi comanda in Forza Italia oggi non è una cosa molto interessante, visto che rappresenta, guardando i sondaggi, circa il 6%. Come rilanciare una piattaforma moderata, liberale e popolare in questo Paese è il vero dibattito. Non credo che le tante persone che hanno abbandonato Forza Italia saranno disponibili a tornare a casa se non ci saranno novità». Secondo lei quindi non è detto che sarà Forza Italia, questo nuovo contenitore?«Non escludo nulla, dico solo che Forza Italia, così com'è, con questa conformazione, questa morfologia, questa organizzazione di partito, questa classe dirigente, deve essere superata, dopo di che si può partire di lì per andare altrove o si può prendere un'altra strada. Se Forza Italia, ribadisco, è disponibile ad annullare il suo tesseramento, ad aprirsi a tutti coloro che vogliono partecipare a questo dibattito, ovviamente a sospendere i propri organismi dirigenti per sostituirli con commissioni congressuali di garanzia aperte, perché non dovremmo utilizzare una piattaforma che già esiste per allargarla, cambiare eventualmente nome, a seconda di quale mozione congressuale vincerà: quando si apre una fase democratica, ognuno propone le sue idee, non voglio prefigurare un dibattito che è tutto da costruire. Il tema è: abbiamo uno spazio dove fare un dibattito?».Le resistenze al cambiamento le vede più in Silvio Berlusconi o in chi gli sta intorno?«Vedo resistenze che provengono da più parti. Tutte le strutture, per la verità, tendono all'autoconservazione: il problema è che in questo caso l'autoconservazione coincide con l'estinzione. Dopo di che capisco che da un lato il presidente Berlusconi, fondatore di questo partito, questa rivoluzione l'ha giudicata evidentemente indispensabile, se no non avrebbe fatto le aperture che ha fatto; poi è ovvio che questa rivoluzione comporta turbolenze in una classe dirigente che diciamoci la verità, ha portato contributi modesti incassando invece prebende importanti…».Immagina un azzeramento dei coordinamenti regionali?«Assolutamente sì».E quindi anche congressi regionali…«Immagino congressi comunali, provinciali, regionali e nazionali, tutti basati sul sistema delle primarie. Se non vogliamo chiamarle primarie, chiamiamole consultazioni di popolo, consultazioni di militanti, ma immagino che una persona vada in un luogo, sottoscriva una carta dei valori, versi 1 o 2 euro e voti per il suo segretario comunale, provinciale, regionale e nazionale». Quindi primarie non riservate ai soli tesserati?«No, nel modo più assoluto. Se chiudessimo tutto all'interno della struttura, per quale motivo ad esempio una lista civica dovrebbe voler partecipare a questo dibattito? Quindi i coordinatori regionali devono essere sostituiti da commissioni di garanzia, dove tutti quelli che parteciperanno alle primarie, dalle liste civiche alle associazioni, ai partiti regionali, metropolitani, tutto quello che c'è, possano arrivare, avere i loro uomini di garanzia, condividere le regole, insomma una fase costituente di cui Forza Italia, se vuole, potrà essere una parte anche importante, ma è evidente che debba in qualche modo cedere lo scettro e confrontarsi».La prospettiva politica di questo nuovo soggetto?«Saldamente nel centrodestra, nel modo più assoluto, con la Lega, con Fratelli d'Italia. Ritengo che questo nuovo soggetto sia di grande utilità per un centrodestra che prima o poi, quando finirà questa bizzarra esperienza gialloverde, dovrà ricandidarsi a guidare il Paese, e questo potrà accadere anche presto. Oggi, in tutta onestà, il centrodestra è una struttura potente dal punto di vista elettorale, grazie al buon successo di Matteo Salvini, ma squilibrata dal punto di vista della sensibilità e della linea politica. La Lega presidia ottimamente il tema dell'immigrazione e quello della sicurezza, ma i temi del declino del Paese, delle grandi infrastrutture, della riduzione del cuneo fiscale, delle imprese, della burocrazia, delle paghe troppo basse che non alimentano la domanda interna, oggi sono poco presidiati se non a volte malamente abbandonati». Questo soggetto lo vede sempre saldamente nel Partito popolare europeo?«No, niente affatto. Il Partito popolare europeo sta affrontando una discussione al suo interno, dipende da che cosa stiamo parlando. Oggi nel Ppe c'è Orban, c'è il giovane cancelliere austriaco Kurz, ci sono alcuni partiti che mi sembrano un po' decotti come quello francese o spagnolo, c'è la Csu tedesca che ragiona sempre in maniera piuttosto egemonica per il suo Paese: altro che il sovranismo di casa nostra! Se all'interno del Ppe i Paesi mediterranei potranno tornare a dire la loro, se il Ppe tornerà a essere il partito di riferimento della destra europea, io non sono ostile, ma anche i Conservatori possono essere, ad esempio, una casa dove stare».Come procede con Mara Carfagna? Vi sentite, vi confrontate?«Ci sentiamo sempre con Mara, non c'è dubbio. Nelle nostre divergenze anche di sensibilità, lei è una donna del Sud, io sono un uomo del Nord, abbiamo storie molto diverse, ma la Carfagna, come me, ha accettato questo incarico di coordinatori a tempo, per lo stretto tempo necessario. Siamo quasi dei navigator: io ho accettato l'incarico, come anche lei, perché ci siamo confrontati, dicendo che resteremo in carica il tempo strettamente necessario a garantire quel percorso di democrazia che porti all'elezione dal basso dei coordinamenti. La cosa che mi lascia un po' perplesso è che questo percorso appena avviato si sia già fermato».