2020-01-07
Cesare Damiano: «Se perdiamo in Emilia, è meglio votare»
Il dem, ex ministro del Lavoro: «Conte si è dimostrato un politico da prima Repubblica, ora si misuri con il consenso. Di solito, quando si parla di legge elettorale, è segno che le urne si avvicinano. Ma serve uno sbarramento almeno al 4-5%».Trascorso il capodanno nella bassa Toscana assieme all'amico - e compagno di partito - Piero Fassino, Cesare Damiano, già ministro del Lavoro Pd ed ex parlamentare, accetta di parlare di politica e di economia senza risparmiare critiche al governo.Cesare Damiano oggi osserva la situazione economica del Paese. E cosa vede?«Mi avvalgo delle stime e dei numeri del Centro studi lavoro e welfare di cui sono presidente. Dal 2018 non abbiamo più crescita. Il Pil aumenta di numeri infinitesimali. Si parla dello zero virgola. E senza la crescita non si può creare lavoro. Inoltre, le stesse rilevazioni Istat vanno sapute leggere in controluce. Se infatti è vero che oggi abbiamo un numero di occupati come nel 2008, prima dello scoppio della grande crisi, è altrettanto evidente che il nostro tasso di occupazione rimane sotto il 60% (il 58,6% per la precisione) contro una media dell'eurozona a 15 del 68%. Ma c'è di più, e c'è di peggio. Quando si parla di occupazione si rischia di prendere un abbaglio guardando solo alle teste. Invece, bisogna guardare alle ore lavorate. Se si fa un confronto scopriamo che mancano all'appello 1 miliardo e 700 milioni di ore lavorate rispetto al 2008. Abbiamo 1 milione di lavoratori precari o a tempo parziale in più rispetto ai 3 milioni di allora. Occupazione di bassa qualità. Lavoratori part time loro malgrado». L'ultima legge di bilancio pone un rimedio a questa situazione? «Le do un voto di sufficienza. I margini di manovra, anche a causa della necessità di non aumentare l'Iva, come previsto erano pochi. Rimane il fatto che se le nostre buste paga nel periodo 2000-2009 sono cresciute del 7,4%, in Romania, tanto per fare un esempio, l'aumento nello stesso periodo è stato del 110%. In Lituania dell'88% e via discorrendo. Mentre dal 2010 al 2017 i salari in Italia sono diminuiti di oltre il 4%, giusto per darvi un'idea, in Bulgaria sono cresciuti del 54%. Sono dati di una fonte autorevole. Il Benchmarking working Europe, ovvero l'ufficio studi dei sindacati europei. Qualche cosa il governo l'ha fatta incrementando la busta paga di ulteriori 40 euro mensili a chi aveva già usufruito degli 80 euro di Matteo Renzi. C'è però un'osservazione che voglio fare. Qual è la platea che beneficerà di questo intervento? Da quanto ho compreso, si tratta di coloro che già percepiscono gli 80 euro di Renzi (vale a dire chi ha da 8.000 a 26.000 euro di reddito lordo annuo), i quali beneficeranno di ulteriori 40 euro mensili. Dal luglio del prossimo anno avranno cioè 120 euro cumulati. Poi ci sono quelli che guadagnano da 26.000 a 35.000 euro. Questi lavoratori beneficeranno di 40 euro in tutto. Ancora una volta si corre il rischio di ripetere l'errore di Renzi».Quale? «Tagliare fuori chi non ha nulla, chi oggi sta peggio. Sono i cosiddetti incapienti, lavoratori che guadagnano così poco, fino a un massimo di 8.200 euro all'anno, da non essere tassati. E quindi nessun risparmio di imposta potrà alleviare la loro situazione. Ecco che al governo io faccio questa domanda. Ci sono 4 milioni di persone che fanno lavori umili e precari. Perché per loro non è previsto niente? Continuiamo a dimenticare chi sta al fondo della scala retributiva e che sta sempre peggio.Il Pd oggi è il partito delle élite?«Purtroppo si tratta di una tendenza che riguarda la sinistra mondiale, contro la quale mi batto da sempre. La sinistra è apparsa più attenta ai poteri forti che non alla vita dei più deboli». Damiano, il ministro piddino preferito da Matteo Salvini. Ricorderà quando il leader della Lega si dichiarava pronto ad approvare il suo progetto di legge per superare la Fornero. In che consisteva?«Proponevo un po' di sana flessibilità: che si potesse andare in pensione anche a 62 anni anziché 66 come imposto dalla legge Fornero dell'epoca. A patto che vi fosse una ragionevole decurtazione della pensione erogata. Il 2% per ogni anno di anticipo, fino a un massimo dell'8%».Ora però lei si scaglia contro la ministra Teresa Bellanova, in difesa del reddito di cittadinanza e di quota 100. Ripaga la simpatia di Salvini nei suoi confronti? «Non apprezzo affatto, anzi ho paura della demagogia di Salvini. Ma quota 100 è un'opzione transitoria. Io l'avrei strutturata meglio, sia chiaro. Ma non è che ogni governo ha il diritto di demolire, per pure esigenze di posizionamento, ciò che ha fatto quello precedente. Soprattutto quando si parla di pensioni. Tanti italiani su questa finestra temporale, introdotta con quota 100 e che scadrà nel 2021, hanno fatto i loro progetti di vita. Non si tradisce così la loro fiducia. Dopodiché, se ognuno vuol demolire i totem dell'altro si cominci dal Jobs act, voluto da Renzi e che di fatto rende legittimi i licenziamenti illegittimi. Basta pagare alla fine un indennizzo. A forza di demolire i totem degli altri si rischia che poi qualcuno voglia demolire i tuoi. E abbattere il Jobs act, sia detto chiaramente, sarebbe una cosa più che giustificata».Ma chi comanda davvero dentro il Pd? Nicola Zingaretti, Goffredo Bettini o Dario Franceschini? «Bettini è lo spin doctor, come si dice oggi. Franceschini invece è il capo delegazione del nostro partito dentro il governo. Naturale che Zingaretti li ascolti prima di decidere. Che c'è di male?».Le diamo cinque dossier semplici semplici che non può dire di no: Ilva, Alitalia, Autostrade, Banca Popolare di Bari e Mps. Cosa dovrebbe fare il governo? «Chiudere con la stagione del liberismo e delle privatizzazioni selvagge. Io sono critico con le liberalizzazioni delle libere professioni fatte dal governo Prodi, quando io ero ministro. Pensi un po'. Lo Stato difenda le produzioni strategiche. L'acciaio ne è un caso. Nessuna preclusione all'intervento dello Stato. In questo come in altri settori strategici da lei citati. Non credo però che siano tornati i tempi per un nuovo Iri. Il cosiddetto Stato imprenditore. Ma occorre fare come Stato tutto quanto necessario per proteggere i settori strategici. Come fanno tutti gli altri governi europei del resto. Basti vedere la Francia nel settore auto».Quando si vota secondo lei? «La legge di bilancio come detto merita una sufficienza. Ma le litigiosità sono eccessive. Tutti vogliono posizionarsi. Solo il Pd cerca di portare tutti a unità con il buonsenso. Condivido lo spirito del premier. Passare dai 100 metri alla maratona non è una cosa semplice. Il percorso è accidentato. Non sono in grado di fare previsioni. Di sicuro se cade questo governo non ce ne sarà un altro politico o tecnico». Quando preferirebbe che si votasse? «Prima di tutto bisognerebbe passare dalla logica del contratto a quella del programma. E non è semplice. La società da una parte e la politica dall'altra si stanno frantumando in particolarismi e corporativismi».Ha abilmente svicolato. Intuisco che sarebbe un'agonia e il governo dovrebbe trarne le conseguenze. «È già successo con il precedente esecutivo. Situazione poi sfociata nell'improvvida rottura di Salvini. Difficile far coesistere diavolo e acqua santa».Scelga lei il prossimo candidato presidente del Consiglio per il centrosinistra. Chi sarebbe? «Giuseppe Conte si è dimostrato un politico consumato, quasi da prima Repubblica e outsider convincenti che possano rimpiazzarlo non ne vedo». Ma dovrebbe avere una sua lista o farsi «portare in carrozza» a Palazzo Chigi dal centrosinistra? «Capisco che prendere voti sia complicato. Premier altrettanto autorevoli e apparentemente in vantaggio rispetto a lui (Lamberto Dini e Mario Monti, ad esempio) non hanno avuto grandi fortune elettorali. Ma se si vuol governare il Paese si deve avere il coraggio di misurarsi con il consenso».Prima Carlo Calenda, poi Renzi. Si sono serviti del Pd, poi sono scesi e tanti saluti. Deve buttarne solo uno giù dalla torre. Chi salverebbe?«Sto al gioco. Salvo Calenda e butto giù dalla torre Renzi. Non sono mai salito sul suo carro e ho pagato di persona. Non mi si potrà certo dire ora che io sia sceso dal suo carro».Calenda potrebbe essere un'alternativa a Conte, candidato premier del centrosinistra? «No».Con il M5s il Pd che dovrebbe fare? Alleanza o attendere la morte del Movimento?«Aspetterei gli sviluppi della situazione, anche perché con tutte queste espulsioni e litigi (una su tutte quella di Gianluigi Paragone e i dissidi con Alessandro Di Battista) faccio veramente fatica a capire chi sia l'interlocutore con cui dovremmo eventualmente dialogare».Ma se le elezioni del 26 gennaio in Emilia Romagna le vincesse Lucia Borgonzoni, al governo che succederebbe? «Vinceremo noi. E la storia ci insegna come non sia corretto fare delle ragionali una battaglia politica nazionale. Si veda quanto accaduto con Massimo D'Alema premier. Ma non c'è dubbio che se dovesse capitolare la Regione rossa per antonomasia, essendo intellettualmente onesto, non mi sento di dire che potremmo continuare a far finta di niente andando avanti come se nulla fosse».Secondo lei il referendum promosso da Roberto Calderoli per la trasformazione dell'attuale legge elettorale in senso maggioritario passerà il vaglio della Corte costituzionale?«Non lo so, ma penso che la politica dovrebbe darsi una mossa e quindi legiferare prima che ci sia un eventuale referendum».Quale legge elettorale predilige? «Sono allineato con il mio partito che sembra accettare un sistema proporzionale con uno sbarramento significativo e non simbolico. Almeno il 4-5%. Non si scelga la strada della frammentazione in Parlamento».Ma se si parla di legge elettorale in genere quasi subito dopo si va a votare. Che ne pensa?«Di solito funziona così».