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2021-08-22
L’Inter ritrova il filo del discorso. Genoa stracciato e avviso alle altre
Ansa
Se si analizzasse il 4-0 dell'Inter sotto il profilo dell'insolenza vicendevole tra odiati cugini, i nerazzurri avrebbero materiale per una sceneggiatura: il primo gol lo segna il difensore slovacco Skriniar, che di nome fa Milan, il raddoppio è siglato dal turco Hakan Chalanoglu, che del Milan è stato una colonna fino alla stagione scorsa. Ah, il Fato, signora mia. Spiritosaggini a parte, la compagine di Simone Inzaghi era chiamata a confermare di possedere un nerbo da campione d'Italia in carica contro un avversario, il Genoa della vecchia volpe Ballardini, tutto fuorché irresistibile. Rinunciava a Lautaro Martinez, squalificato, e agli infortunati Gagliardini e Sanchez, schierando un 3-5-1-1 con il centrocampo puntellato da Nicolò Barella, dal già citato Chalanoglu, Darmian, Brozovic e Perisic, con Sensi in appoggio al nuovo ariete Edin Dzeko. Il Grifone rispondeva disponendo nonno Goran Pandev in attacco, inossidabile e ultimo giocatore ad aver segnato all'Inter con la maglia rossoblu, correva l'anno 2018, Badelj a centrocampo, i giovani Vanheudsen e Cambiaso (con una «esse» sola). A inizio partita, qualche nuvolaccia incombeva sulla squadra di casa. L'addio di Lele Oriali al ruolo di dirigente, di fatto «sollevato dall'incarico», le dichiarazioni in suo sostegno di Javier Zanetti, «perdiamo un uomo vero, un vincente, soprattutto un grande interista», non particolarmente gradite dalla famiglia Zhang. Poi ha parlato il campo, con un esordio stagionale per la messa in onda targata Dazn in verità non idilliaco. Qualche problema tecnico ha ritardato la sincronizzazione tra azioni compiute e visione puntuale degli spettatori, Twitter ha registrato le lamentele sarcastiche degli utenti. Esame rimandato, si attende una messa a punto nei prossimi match. Quanto alla sfida di San Siro, è sembrato da subito di assistere al confronto tra una semicorazzata, temprata dall'intesa pluriannuale di molti suoi giocatori, contro una squadretta al momento destinata a lottare per salvarsi. Criscito viene ammonito per un fallo su Sensi alle prime battute, poi al minuto 6, calcio d'angolo per l'Inter battuto dal turco ex rossonero, Skriniar in elevazione imperiosa schiaccia di testa e piazza il pallone nell'angolino alto alla destra del portiere Sirigu, incolpevole: 1-0. L'artiglieria casalinga non smette di tuonare. Minuto 12: Barella trova Chala al limite dell'area, che appoggia di petto per Brozovic, tiro e riflessi pronti dell'estremo difensore genoano. Al 14', il numero uno degli ospiti nulla può contro un'azione ben orchestrata dai due nuovi arrivi. Scambio rapido sulla trequarti tra Dzeko e Chalanoglu, l'ottomano tira con sicurezza e pesca l'angolino basso della porta. Raddoppio. Il Genoa tenta la carta del cuore e della volontà. Allo scadere del primo tempo, Kallon, innescato in area dall'esperto Badelj, si gira d'impeto e calcia verso lo specchio, ma la sfera finisce lontana dagli interessi di Handanovic. C'è tempo ancora per un sussulto. Brozovic lancia Perisic in volata, il croato rompe la diga genoana, fa partire una sassata e buca Sirigu per la terza volta. L'arbitro Rocchi ravvisa un fuorigioco, il gol è annullato. Si va negli spogliatoi. Ballardini si rende conto della magra figura rimediata dalla sua brigata, troppo esile per impensierire i contendenti, e prova a correre ai ripari: dentro Serpe, Bianchi e Sabelli, fuori Biraschi, Hernani e Cambiaso. L'allenatore azzarda le nozze coi fichi secchi, rendendosi conto di non possedere in panchina un Maradona in grado di raddrizzare da solo le sorti della sfida. La musica in effetti cambia poco. Al minuto 55, ancora Perisic, lanciato a briglia sciolta sulla fascia sinistra dall'attivo Dzeko, giunge sul fondo e crossa. Chalanoglu, dinamico e inserito nei meccanismi perché libero di agire con disinvoltura, conclude di prepotenza in rete, ma si alza l'ennesima bandierina per segnalare un altro fuorigioco. A quel punto, la dignità del Grifone pungola lo scatto d'orgoglio. Sabelli scambia in area con Pandev, tira rasoterra, Handanovic è reattivo e respinge con qualche sbavatura, Darmian si avventa sulla palla e la butta in rimessa laterale. Simone Inzaghi dirige una formazione quadrata, con la nota stonata di un Sensi opaco. Il centrocampista è spesso fuori posizione e manca l'appuntamento con i raccordi dovuti, mostrando ruggini da oliare con una progressiva acquisizione di ritmo. Dzeko invece sembra dar ragione al fiuto di Beppe Marotta. La punta bosniaca di 35 anni sfrutta la sua esperienza sotto rete, la capacità di liberare spazi e distribuir palloni, cercando il gol con l'insistenza di chi crede fino in fondo in quello che produce. Al 69', il neo entrato Di Marco batte un angolo sulla sinistra e solo il guizzo felino di Sirigu gli nega la soddisfazione di siglare il 3-0. E però il terzo sigillo non fatica ad arrivare, dimostrando un'ulteriore differenza di caratura tra le due compagini, quella dei rincalzi. L'Inter sostituisce Sensi con Arturo Vidal, pupillo dell'ex mister Antonio Conte, e proprio il cileno mette la sua firma su un gol frutto di un'azione concitata. Il solito Dzeko tira dal limite, Sirigu prova a essere uno e trino e respinge, Barella propone un colpo di tacco elegante, Vidal appoggia e non sbaglia. Come spesso accade alle personalità pervicaci, l'ostinazione del bomber interista viene premiata. Il 4-0, siamo al minuto 87, lo realizza il pluricitato Dzeko su imbeccata ancora di Vidal. Nulla da obiettare per ora. L'Inter vince una gara contro un avversario modesto, ma dimostra di poter puntare in alto. A patto di reggere gli impegni su diversi fronti e di snocciolare la stessa leggerezza di spirito contro squadre impegnative.
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Davanti al pubblico, tornato a San Siro, i nerazzurri asfaltano i liguri 4-0. In gol Skriniar, Calhanoglu, Vidal e Dzeko, che inaugura il dopo Lukaku. Fioccano le polemiche su Dazn: ritardi di trasmissione e problemi. Se si analizzasse il 4-0 dell'Inter sotto il profilo dell'insolenza vicendevole tra odiati cugini, i nerazzurri avrebbero materiale per una sceneggiatura: il primo gol lo segna il difensore slovacco Skriniar, che di nome fa Milan, il raddoppio è siglato dal turco Hakan Chalanoglu, che del Milan è stato una colonna fino alla stagione scorsa. Ah, il Fato, signora mia. Spiritosaggini a parte, la compagine di Simone Inzaghi era chiamata a confermare di possedere un nerbo da campione d'Italia in carica contro un avversario, il Genoa della vecchia volpe Ballardini, tutto fuorché irresistibile. Rinunciava a Lautaro Martinez, squalificato, e agli infortunati Gagliardini e Sanchez, schierando un 3-5-1-1 con il centrocampo puntellato da Nicolò Barella, dal già citato Chalanoglu, Darmian, Brozovic e Perisic, con Sensi in appoggio al nuovo ariete Edin Dzeko. Il Grifone rispondeva disponendo nonno Goran Pandev in attacco, inossidabile e ultimo giocatore ad aver segnato all'Inter con la maglia rossoblu, correva l'anno 2018, Badelj a centrocampo, i giovani Vanheudsen e Cambiaso (con una «esse» sola). A inizio partita, qualche nuvolaccia incombeva sulla squadra di casa. L'addio di Lele Oriali al ruolo di dirigente, di fatto «sollevato dall'incarico», le dichiarazioni in suo sostegno di Javier Zanetti, «perdiamo un uomo vero, un vincente, soprattutto un grande interista», non particolarmente gradite dalla famiglia Zhang. Poi ha parlato il campo, con un esordio stagionale per la messa in onda targata Dazn in verità non idilliaco. Qualche problema tecnico ha ritardato la sincronizzazione tra azioni compiute e visione puntuale degli spettatori, Twitter ha registrato le lamentele sarcastiche degli utenti. Esame rimandato, si attende una messa a punto nei prossimi match. Quanto alla sfida di San Siro, è sembrato da subito di assistere al confronto tra una semicorazzata, temprata dall'intesa pluriannuale di molti suoi giocatori, contro una squadretta al momento destinata a lottare per salvarsi. Criscito viene ammonito per un fallo su Sensi alle prime battute, poi al minuto 6, calcio d'angolo per l'Inter battuto dal turco ex rossonero, Skriniar in elevazione imperiosa schiaccia di testa e piazza il pallone nell'angolino alto alla destra del portiere Sirigu, incolpevole: 1-0. L'artiglieria casalinga non smette di tuonare. Minuto 12: Barella trova Chala al limite dell'area, che appoggia di petto per Brozovic, tiro e riflessi pronti dell'estremo difensore genoano. Al 14', il numero uno degli ospiti nulla può contro un'azione ben orchestrata dai due nuovi arrivi. Scambio rapido sulla trequarti tra Dzeko e Chalanoglu, l'ottomano tira con sicurezza e pesca l'angolino basso della porta. Raddoppio. Il Genoa tenta la carta del cuore e della volontà. Allo scadere del primo tempo, Kallon, innescato in area dall'esperto Badelj, si gira d'impeto e calcia verso lo specchio, ma la sfera finisce lontana dagli interessi di Handanovic. C'è tempo ancora per un sussulto. Brozovic lancia Perisic in volata, il croato rompe la diga genoana, fa partire una sassata e buca Sirigu per la terza volta. L'arbitro Rocchi ravvisa un fuorigioco, il gol è annullato. Si va negli spogliatoi. Ballardini si rende conto della magra figura rimediata dalla sua brigata, troppo esile per impensierire i contendenti, e prova a correre ai ripari: dentro Serpe, Bianchi e Sabelli, fuori Biraschi, Hernani e Cambiaso. L'allenatore azzarda le nozze coi fichi secchi, rendendosi conto di non possedere in panchina un Maradona in grado di raddrizzare da solo le sorti della sfida. La musica in effetti cambia poco. Al minuto 55, ancora Perisic, lanciato a briglia sciolta sulla fascia sinistra dall'attivo Dzeko, giunge sul fondo e crossa. Chalanoglu, dinamico e inserito nei meccanismi perché libero di agire con disinvoltura, conclude di prepotenza in rete, ma si alza l'ennesima bandierina per segnalare un altro fuorigioco. A quel punto, la dignità del Grifone pungola lo scatto d'orgoglio. Sabelli scambia in area con Pandev, tira rasoterra, Handanovic è reattivo e respinge con qualche sbavatura, Darmian si avventa sulla palla e la butta in rimessa laterale. Simone Inzaghi dirige una formazione quadrata, con la nota stonata di un Sensi opaco. Il centrocampista è spesso fuori posizione e manca l'appuntamento con i raccordi dovuti, mostrando ruggini da oliare con una progressiva acquisizione di ritmo. Dzeko invece sembra dar ragione al fiuto di Beppe Marotta. La punta bosniaca di 35 anni sfrutta la sua esperienza sotto rete, la capacità di liberare spazi e distribuir palloni, cercando il gol con l'insistenza di chi crede fino in fondo in quello che produce. Al 69', il neo entrato Di Marco batte un angolo sulla sinistra e solo il guizzo felino di Sirigu gli nega la soddisfazione di siglare il 3-0. E però il terzo sigillo non fatica ad arrivare, dimostrando un'ulteriore differenza di caratura tra le due compagini, quella dei rincalzi. L'Inter sostituisce Sensi con Arturo Vidal, pupillo dell'ex mister Antonio Conte, e proprio il cileno mette la sua firma su un gol frutto di un'azione concitata. Il solito Dzeko tira dal limite, Sirigu prova a essere uno e trino e respinge, Barella propone un colpo di tacco elegante, Vidal appoggia e non sbaglia. Come spesso accade alle personalità pervicaci, l'ostinazione del bomber interista viene premiata. Il 4-0, siamo al minuto 87, lo realizza il pluricitato Dzeko su imbeccata ancora di Vidal. Nulla da obiettare per ora. L'Inter vince una gara contro un avversario modesto, ma dimostra di poter puntare in alto. A patto di reggere gli impegni su diversi fronti e di snocciolare la stessa leggerezza di spirito contro squadre impegnative.
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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Con Luciano Pignataro commentiamo l'iscrizione della nostra grande tradizione gastronomica nel patrimonio immateriale dell'umanità