2020-11-14
L’impresa logistica per il vaccino Pfizer tra distribuzione e «catena del freddo»
In Italia arriveranno via aereo 60 milioni di dosi da conservare a meno 80 gradi. La somministrazione sarà gestita dall’esercitoNel giro di qualche mese inizierà la distribuzione degli undici vaccini per il Covid-19 in avanzata fase di sviluppo. Per la gestione di quella che è la più grande campagna vaccinale mondiale - si stima una richiesta globale di 10-20 miliardi di dosi- il governo ha dato l’incarico per l’Italia al solito commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri. L’uomo che ha gestito, inanellando una serie di flop, la distribuzione di mascherine, banchi a rotelle e i vaccini antinfluenzali, organizzerà la macchina per una vaccinazione universale: 60 milioni di dosi in quattro mesi, praticamente sei volte le vaccinazioni di una stagione influenzale media (10 milioni di dosi). Secondo uno studio Dhl-McKinsey, si prevedono a livello globale fino a 200.000 spedizioni di pallet, 15 milioni di consegne in contenitori a temperatura controllata e oltre 15.000 voli. La sola Pfizer - Biontech, entro dicembre dichiara di voler consegnare, a livello globale, fino a 100 milioni di dosi e 1,3 miliardi nel 2021, secondo il Wall street journal. All’importante questione logistica, per i volumi da spostare, si aggiunge la complessità della gestione tecnica per mantenere sempre, dalla produzione alla somministrazione, le stesse temperature bassissime (catena del freddo) per non deteriorare il prodotto. Oltre all’efficacia, non ancora chiara, dei vaccini - il successo nel 90% dei casi per il prodotto di Pfizer-Biontech è su dati preliminari - i nuovi prodotti hanno altre incognite. Ottenuti con tecnologie innovative, alcuni richiedono temperature di stoccaggio mai raggiunte prima: 70-80 gradi sotto zero. Di fronte a un’impresa così complessa, il commissario non fa una piega, anzi: prevede di vaccinare i primi italiani, «i più fragili e più esposti», già alla fine di gennaio con una campagna che riguarderà, nella prima fase, «1,7 milioni di concittadini per poi arrivare progressivamente a una fetta più ampia». La prima questione è «come arriverà il vaccino», osserva Veronica Vecchi, docente della scuola di management dell’Università Bocconi, esperta negli acquisti in sanità. «A seconda delle modalità, cambiano le esigenze per trasporto e logistica: hanno temperatura di trasporto diverse un principio attivo e una fiala». La cosa è talmente chiara per le aziende che, secondo il Wsj, la Pfizer ha già previsto un sito delle dimensioni di un campo da calcio, nel Michigan, con 350 grandi congelatori per alloggiare milioni di dosi prima della spedizione. L’azienda ha previsto anche due siti in Europa: uno in Belgio e l’altro in Germania, sede della Biontech. Per velocizzare trasporto e spedizione, soprattutto via aerea, l’azienda americana ha progettato un nuovo contenitore, simile a una valigia, riutilizzabile che può mantenere tra le 1.000 e le 5.000 dosi, tutte tracciate con Gps, a temperature ultra fredde, grazie a ghiaccio secco. In Italia il prodotto arriverà con aerei cargo, la stessa Pfizer ne programma, dai siti europei, una decina al giorno: tutti voli extra che impatteranno nei canali di distribuzione anche sul traffico dei due principali hub italiani di Roma e Milano-Malpensa. «Siamo preparati, serve soprattutto organizzazione», dichiara alla Verità Pierluigi Petrone, presidente Assoram, associazione degli operatori commerciali e logistici della distribuzione primaria di farmaci. «Ci risulta che il vaccino debba restare a -80 gradi solo in stoccaggio, ma che possa resistere a 2-8 gradi per cinque giorni, un tempo in cui potrebbe avvenire la distribuzione», dice Petrone. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che «in Italia almeno un vaccino, quello di Oxford-AstraZeneca, che non ha il problema di temperature così basse, sarà prodotto a Frosinone, dove ha sede Irbm». In ogni caso, secondo la professoressa Vecchi, «il governo deve prendere decisioni per la logistica, definire chi somministra e organizzare una anagrafica», continua. «Se la maggior parte dei vaccini richiede un richiamo è importante sapere se la prima dose era di un tipo o l’altro, perché il richiamo deve essere fatto coerentemente». Ottimo punto. L’anagrafica vaccinale è ancora un’incompiuta da anni per i vaccini pediatrici obbligatori, figuriamoci per decine di milioni di italiani. Il commissario Arcuri però ostenta sicurezza. La distribuzione del vaccino anti-Covid non sarà su base regionale. Il governo ha infatti deciso per «una centralizzazione del meccanismo», tanto che, sostiene, «non serve avere il vaccino in un luogo A piuttosto che in un luogo B». Sarà, però i punti di domanda restano. «La vera questione è chi somministrerà il vaccino», ribadisce Petrone di Assoram. «Se dovessimo avere pochi soggetti ci sarà accavallamento sia di volumi che di quantità». Ma anche su questo, Arcuri non ha esitazioni. «Come avvenuto per la distribuzione dei dispositivi sanitari a marzo», rassicura, «saranno messe a disposizione le capacità del personale dell’esercito italiano», anche eventualmente per «la somministrazione delle dosi». Propone una soluzione diversa la Vecchi. «Non può essere l’esercito a fare la logistica», osserva, «abbiamo operatori di mercato che vanno richiesti. Dovremmo invece creare tavoli di dialogo pubblico-privato». È quello che invoca dal 22 ottobre Assoram al governo e ai ministeri competenti. «Speriamo che ci chiamino la prossima settimana», auspica Petrone. «In Germania hanno già previsto 60 punti per la somministrazione del vaccino anti-Covid: 15 solo a Berlino», e senza l’esercito. Loro però non hanno un commissario.