2019-05-25
Ultimo si toglie il passamontagna: racconta «Nikita» Boccassini fino al caso Consip
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Dalle indagini «alla Moscova» di Milano con una giovane Ilda Boccassini chiamata in codice «Nikita», passando per l'arresto del boss mafioso Totò Riina a Palermo fino all'inchiesta Consip e alle polemiche con l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi. Fermate il Capitano Ultimo! scritto da Pino Corrias (Edizione Chiarelettere) è un libro importante per capire la storia di chi in questi ultimi trent'anni di storia d'Italia ha indagato a fondo sugli incroci tra mafia e politica. È una testimonianza storica quella di Sergio De Caprio, che racconta con dovizia di particolari la dedizione per il lavoro, per le investigazioni e la fedeltà all'Arma dei carabinieri. Ma è soprattutto il racconto di un'altra Italia, meno incline ai riflettori, riconoscente verso lo Stato e soprattutto verso il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla Mafia, soldato sconfitto: «sempre onore per gli sconfitti». Ultimo si racconta a Corrias, narra le gesta dei suoi ragazzi, quando a Milano alla sezione «Catturandi» negli anni Ottanta iniziavano le inchieste su Mafia e appalti, i pedinamenti. «Cinquantotto anni, fisico asciutto, capelli rasati, jeans, felpa, umore discontinuo. Un filo di musica di Radio Subasio in sottofondo, il computer acceso, il telefonino spento», si legge tra le pagine del libro durante il primo incontro tra i due. È avvincente e storico allo stesso tempo il racconto dell'arresto di Riina a Palermo nel gennaio del 1993. Come è drammatico il ricordo del giorno della strage di Capaci il 23 maggio del 1992, il volo verso la Sicilia e la vista della salma del giudice Giovanni Falcone. «Volevo piangere, ma non ci sono riuscito. Volevo gridare, ma sono rimasto in silenzio. Abbiamo guardato in faccia il giudice e gli altri morti, i valorosi caduti nella battaglia». C'è spazio alle battaglie degli anni Novanta, alle delusioni e soprattutto viene demolita la trattativa Stato Mafia. «Quello di Ultimo è uno sfogo covato per anni» si legge «Dice: «Nessuno si è sognato di indagare come mai la mafia e Riina l'abbiano fatta franca per trent'anni. Nessuno ha indagato se c'erano complicità o coperture dentro il Palazzo di giustizia, dentro le istituzioni, dentro le forze politiche». Si fa cenno a Mafia appalti e della morte di Paolo Borsellino. «Novecento pagine di inchiesta focalizzate sugli interessi economici di Cosa nostra, gli investimenti nell'economia legale, la contiguità con uomini politici e con importanti ambienti imprenditoriali, come la Calcestruzzi di Raul Gardini. Perché in quel dossier c'era la chiave per attaccare di nuovo la mafia, la sua evoluzione, i suoi punti deboli». Particolarmente importante è la parte su Consip e sull'ex segretario del Pd Renzi come anche quella del suo ruolo in Aise. Dice Ultimo: «Questa cosa immaginata da Renzi del complotto ai suoi danni ho provato a spiegarmela. È possibile che all'inizio volesse solo coprire il colloquio telefonico con il generale Michele Adinolfi, dove non fa una bellissima figura, rivelandosi pronto a tradire l'amico. Ma dopo il disastro del referendum gli serviva per scaricare le responsabilità del suo fallimento politico: «Cado perché hanno tramato contro di me, cado per colpa dei carabinieri eversivi. E comunque un complotto fa sempre curriculum». Corrias spiega in un passaggio che tra le critiche rivolte a Ultimo c'è anche quella dell'eccesso di autonomia. «La principale», gli dico, «è di essersi mosso con troppa autonomia. Di non aver capito fin dove poteva spingersi. Di avere interferito troppo con il potere. Proprio come è accaduto a Falcone e a Borsellino. Di essere destinato a vincere solo qualche volta, quando il potere fa la sua manutenzione e ha bisogno di fare pulizia del suo passato. Non so neanche, gli dico, se quel passaggio all'Aise sia stato davvero una via d'uscita o il perfezionamento della rappresaglia, come pure sospetta (da lontano) il generale Mario Mori. I servizi sono un mondo a parte, dove il segreto imprigiona tutti. Nel bene e nel male. Per lui l'ingaggio brillava come un riconoscimento, ma lo obbligava anche, se qualcosa fosse andato storto, a rimanere in silenzio».
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Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».