2021-07-16
Libia, smontata la manfrina di Letta. Parlamento e governo tirano dritto
Il segretario del Pd si era detto contrario ai rapporti diretti con la Guardia costiera libica. Ma l'Italia non l'ha mai finanziata. Approvati gli stanziamenti per le nostre missioni militari. E i dem riescono a litigare tra loro. Tanto rumore per nulla. E così Enrico Letta, fresco segretario del Pd, inanella l'ennesima sconfitta politica. Nel tentativo di oscurare le polemiche attorno al controverso disegno di legge Zan e per cercare di dare una qualche identità al partito, martedì aveva fatto sapere di essere contrario a che l'Italia avesse rapporti diretti con la Guardia costiera libica, ma di immaginare un ruolo dell'Italia soltanto sotto l'egida dell'Europa. Il messaggio è stato diffuso direttamente al Nazareno e mirava a intervenire a gamba tesa in vista del voto d'Aula con cui il Parlamento è chiamato a rifinanziare le missioni dei nostri militari all'estero. La mossa è sembrata da subito tanto posticcia quanto subdola. Da un lato Letta non poteva non sapere che esiste un indirizzo del Parlamento e del governo (spiegato meno di due settimane fa dal ministro Lorenzo Guerini alle commissioni unificate), secondo cui la specifica missione di addestramento dei militari della guardia costiera in futuro dovrà essere incanalata tra le fila di Irini, missione Ue a guida italiana. Non solo. L'uscita a gamba tesa del segretario del Pd cavalca anche un altro malinteso, sfruttato tantissimo dal popolo delle Ong e della sinistra modello Leu. L'Italia - è bene specificarlo - non finanzia i libici direttamente né li paga. Si è limitata in passato a fornire alcune motovedette e ogni anno stanzia nuovo denaro per pagare i nostri militari distaccati in Libia e per sostenere le spese delle nostre navi o dei velivoli. Eppure l'uscita di Letta ha contribuito a generare ancor più confusione. Evidentemente per sostenere il mondo delle Ong e della sinistra più estrema. Una scelta che però cozza sia con la realtà sia con le scelte geopolitiche che il governo (sostenuto dal medesimo Pd) è tenuto a compiere. Tant'è che mercoledì c'è stato un po' di tensione in Aula, ma alla fine emendamenti e mozioni sono finite in una sintesi. Anche con l'intervento del sottosegretario Giorgio Mulè si è semplicemente specificato che a partire dal prossimo anno si cercherà di incanalare l'addestramento dei marinai libici sotto la bandiera di Irini. Nel frattempo il testo del dl Missioni è andato avanti e il Parlamento ha stanziato complessivamente 1,2 miliardi, di cui 980 per l'anno in corso. Lì dentro ci sono i fondi per i nostri militari che si si sono ritirati dall'Afghanistan, quelli presenti in Libia e pure in Iraq. Ovviamente il capitolo di Tripoli è corposo: 400 unità, 69 mezzi terrestri, 2 mezzi aerei e mezzi navali tratti nell'ambito della missione «Mare sicuro». Senza dimenticare due nuove missioni dell'Unione europea: Eubam Libya (European union border assistence mission in Libya, con partecipazione del ministero della Giustizia); Eubam Libya european (Union border assistence mission in Libya, con partecipazione della Guardia di finanza). Al di là dei dettagli tecnici il risultato del polverone sollevato da Letta è che il Parlamento su spinta del governo ha approvato esattamente quanto era già stato deciso, confermando, per giunta, la linea già approvata l'anno scorso. Eppure per molti cittadini sarà difficile capire quanto è successo, se si mettessero a seguire le reazioni del Pd. Debora Serrachiani ha commentato: «Il voto della Camera sul rifinanziamento delle missioni internazionali del nostro Paese conferma la scelta strategica del multilateralismo e dell'impegno italiano nel mondo». Francesco Verducci, della direzione nazionale Pd, ieri ha visto un altro film. «Mentre nei centri di detenzione libici continuano torture, stupri, sequestri, la Camera ha appena approvato il rifinanziamento del supporto alla guardia costiera libica, che quei campi di fatto li gestisce e nei quali imprigiona i migranti intercettati in mare». Nel dubbio Lia Quartapelle che siede pure alla Commissione esteri ha sentito la necessità di festeggiare. «L'impegno preciso chiesto e ottenuto dal Pd nella discussione parlamentare sulla missione della scheda 48 permette di fare un fondamentale passo avanti», ha detto, spiegando pure che «spiace che chi ancora una volta ha espresso un voto contrario non abbia voluto cogliere l'evoluzione positiva portata dal Pd e l'importanza di questo risultato». Tali pareri ed esternazioni discordanti spiegano l'abuso che molti politici fanno delle relazioni estere. Vengono sfruttate per meri interessi interni, per beghe di fazione o nella speranza di ottenere un pugno di voti in più, magari alle prossime comunali. Manipolazione che non vale certo solo per il Pd. Alla fine sembra che tutto sia andato per il verso giusto. Perdere quel già scarso margine di manovra che abbiamo e lasciare il pallino a Bruxelles in questo momento non solo sarebbe stato prematuro ma controproducente. Il governo è impegnato in una difficile missione geopolitica. Accompagnare Tripoli verso le elezioni di dicembre fare in modo che nel frattempo non riscoppi la guerra e al tempo stesso fare leva sugli Usa - stavolta con il supporto francese - per sloggiare i mercenari e i militari turchi e russi. Tenere i rapporti diretti con la guardia costiera è importante, anzi fondamentale. Così come lo sarà il controllo del perimetro meridionale, del Sahel, dove è si è da poco recato Guerini. Lì il Daesh preme ed è pericoloso. Se sfonda, non ci saranno nemmeno più i marinai della Guardia costiera a cui rivolgerci.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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