2019-08-03
Libera da Berlusconi, la pattuglia di Toti è pronta a puntellare i gialloblù in Senato
Il governatore ligure, scappato da Altra Italia, ora gioca da solo. E i quattro voti che controlla in Aula sono oro per la maggioranza.«È il lancio di un'auto d'epoca. Non paghi il bollo ma non vai lontano». Giovanni Toti fotografa così il nuovo movimento di Silvio Berlusconi, quell'«Altra Italia» nata da due giorni e dalla quale è scappato a gambe levate alla notizia. Non solo per essere stato allegramente tagliato fuori (lo avrebbe saputo via WhatsApp come Mara Carfagna, l'altra coordinatrice del partito) e per aver visto bocciare la sua richiesta di primarie. Ma perché ritiene che, più che un battesimo, si tratti di un funerale. Come sempre saranno i programmi e gli elettori a deciderlo, ma lo strappo del governatore della Liguria segna un punto di non ritorno. «Forza Italia è finita», sentenzia esagerando da millenarista. Ma come minimo la Cosa Azzurra parte in salita.Neppure 24 ore dopo lo show-down, diventa prioritario capire come sarà la nuova casa di Toti, della quale per ora esiste un nome sulla porta: «Cambiamo Insieme». Un concetto attorno al quale il giornalista con una seconda vita da politico intende costruire il nuovo partito-movimento, sempre dentro lo stesso perimetro. «Resto dove sto, non mi muovo di un centimetro, sono un moderato che sta nel centrodestra. Non ho fretta per un nuovo partito. Voglio solo dare una casa a tutti coloro che vogliono impegnarsi in politica», ha detto in un'intervista ieri mattina ad Agorà su Raitre. E a chi gli faceva notare che la casa - anche se per non più del 7% degli elettori - ci sarebbe già, ha risposto con un siluro che fa male: «Una casa asfittica, con una classe dirigente asfittica e un po' invigliacchita, che sta chiusa dentro a vedere se gli tocca ancora una poltrona». Poi la stoccata finale più sofferta. Quella a lui, il fondatore, l'icona di 25 anni di centrodestra moderato: «Ha prevalso ancora una volta la volontà di Berlusconi di comandare da solo, di voler salvare la poltrona a una piccola classe dirigente. Una visione miope che non salverà nessuno».Qual è l'esercito del rivoluzionario che arriva da Genova? La conta non è difficile perché, al di là dello strappo finale, era da tempo che la visione strategica di Toti, più collaborativa con la Lega, confliggeva palesemente con quella del cerchio magico berlusconiano (Gianni Letta, Niccolò Ghedini, Renato Brunetta, Maristella Gelmini, Antonio Tajani, Licia Ronzulli) decisamente incline all'opposizione senza condizioni al governo di Giuseppe Conte. In partenza, con Toti ci sono otto deputati e quattro senatori tra Forza Italia e Gruppo Misto. A Montecitorio lo seguirebbero Manuela Gagliardi, Giorgio Silli, Claudio Pedrazzini, Osvaldo Napoli, Daniela Ruffino, Alessandro Sorte, Stefano Benigni e Vittorio Sgarbi. Altri due parlamentari liguri, Roberto Bagnasco e Roberto Cassinelli, potrebbero essere contattati. A settembre partirà la campagna per arrivare ai 20 della soglia minima necessaria a costituire un gruppo autonomo.In Senato, dove i numeri della maggioranza sono più risicati, la pattuglia Toti potrebbe fare la differenza, anche se è ampiamente sotto la soglia minima di dieci. I nomi sono di peso: Gaetano Quagliariello, Massimo Berruti, Luigi Vitali, forse l'ex governatore ligure Sandro Biasotti (per ora è scettico) e Paolo Romani. Anche lui, storico pezzo da novanta di Forza Italia, che ieri ha commentato in modo caustico il terremoto nel partito: «Il tavolo delle regole che doveva condividere le proposte dei coordinatori sembra aver prodotto la soppressione dei coordinatori stessi». La conta sembrerebbe finire qui, ma sono trascorse solo 48 ore dall'uscita fragorosa. Con loro la maggioranza a Palazzo Madama sarebbe di 7-8 senatori; in ogni caso una stampella in più per il governo in caso di necessità. Toti si aspettava maggiore appoggio dai colleghi governatori Alberto Cirio (Piemonte) e Nello Musumeci (Sicilia), che si limitano ad osservare la situazione prima di prendere posizione. E attende con fiducia un segnale da Mara Carfagna, anch'essa in preda a profonda e immeritata delusione dopo una stagione di notevoli sforzi politici e mediatici. I sondaggisti tendono ad accreditare all'eventuale nuovo partito di centrodestra una quota vicina al 3% (sarebbe comunque il 40% del pacchetto di voti di Forza Italia). Nicola Piepoli si è sbilanciato con un 4%, mentre Renato Mannheimer - sondaggio commissionato da Berlusconi - non va oltre il 2% e spiega che «Toti non ha né una identità politica in grado di drenare consensi leghisti, né una fisionomia moderata capace di attrarre i forzisti».Nel 2020 in Liguria si vota per le regionali, e la scissione potrebbe creare problemi proprio a chi l'ha determinata. «Non ho paura. Energia e risultati sono biglietti da visita che nessuno può mettere in discussione», spiega lui. «Chi vorrà esserci ci sarà, questa amministrazione governerà anche nei prossimi cinque anni. Matteo Salvini non l'ho sentito, sta su un altro mare. Venga presto in Liguria, la spiaggia è più bella qua».Dalla finestra di Forza Italia si tende a salutare Toti col fazzolettino bianco come l'ennesimo delfino di passaggio. Dopo Gianfranco Fini, Raffaele Fitto, Angelino Alfano, Stefano Parisi, eccone un altro. Tutti ci hanno provato, a tutti Berlusconi prima o poi ha detto: il partito sono io. Il portavoce Giorgio Mulè, commodoro avvezzo alle tempeste, chiude la pratica parafrasando William Shakespeare: «Troppo nulla per tanto rumore». Nell'afa di agosto è meglio stare immobili.