2025-01-14
L’ex falco Bce contro Orcel: la sua Opa danneggia Berlino. E Parigi punta ai nostri fondi
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Jens Weidmann è nel consiglio di Commerz: da Unicredit comportamento scorretto Intanto gli istituti francesi si muovono sottotraccia su Mps e gestione del risparmio.Jens Weidmann è stato considerato per anni uno dei falchi della Bce e ora è il presidente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank. Weidmann ha rilasciato un’intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt, pubblicata ieri, criticando duramente l’offensiva lanciata da Unicredit: un’eventuale acquisizione di Commerzbank da parte della banca italiana «non sarà di certo amichevole» e l’ingresso (ha circa il 28% di Commerz, detenendo direttamente circa il 9,5%, mentre il restante 18,5% è stato ottenuto tramite strumenti finanziari) non è avvenuto con uno stile corretto. «E come in qualsiasi relazione: se l’inizio non è positivo, sarà difficile stabilire una fiducia sufficiente. Dubito che un’acquisizione ostile nel settore bancario possa creare un valore duraturo. Nelle fusioni è importante che i dirigenti parlino innanzitutto tra loro in un clima di fiducia e sviluppino un’intesa comune. Unicredit ha deciso di non farlo e ci ha sorpreso con il suo ingresso. Questo non è stato un comportamento corretto», ha aggiunto Weidmann. Secondo il quale sarebbe «vantaggioso per la sovranità finanziaria della Germania che le due grandi banche private del Paese, Deutsche Bank e Commerzbank, continuino a rimanere indipendenti. Uno sguardo a Hvb e Bank Austria, acquisite da Unicredit nel 2005, dimostra come le banche possano svilupparsi dopo aver perso la loro indipendenza. L’impronta di Commerzbank in Germania sarebbe presumibilmente più ridotta e l’attrattiva di Francoforte come centro finanziario ne risentirebbe», ha sottolineato l’ex banchiere centrale. Insomma, il rapporto con Unicredit è ormai compromesso. Weidmann si prepara all’imminente assemblea annuale dei soci che si preannuncia molto turbolenta durante la quale intende assicurare i futuri obiettivi strategici «rafforzamento del nostro core business, trasformazione digitale e la sostenibilità», ha detto all’Handelsblatt aggiungendo che la banca si impegna «a finanziare progetti e iniziative che promuovano una transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio». Sullo sfondo, la Germania starebbe ragionando sulla possibilità di usare una sorta di golden power tedesco per bloccare l’ad di Unicredit, Andrea Orcel. Esistono due modi in cui il governo federale può utilizzare lo strumento all’interno dell’Ue: appigliarsi ai finanziamenti di Commerzbank all’industria della Difesa oppure qualificare Unicredit come non europea sulla base della prevalenza di investitori extra-Ue nel suo azionariato. Intanto Orcel continua la sua partita parallela in patria per conquistare il Banco Bpm sparigliando i piani del Mef che voleva creare un terzo polo bancario attraverso le nozze tra piazza Meda e il Montepaschi. E proprio come il governo tedesco, anche il governo italiano sta studiando l’opzione golden power per tutelare i risparmi degli italiani, considerato che il Banco ha lanciato un’opa su Anima, ovvero il primo gruppo indipendente di gestione del risparmio in Italia. Attenzione, però: Unicredit ha lanciato un’offerta pubblica di scambio da 10,1 miliardi sul Banco Bpm anche per anticipare le mosse dei francesi del Credit Agricole, azionisti di peso dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna, difendendo «l’italianità» del Banco. Adesso sarà, dunque, difficile per il Mef difendere l’italianità della banca di Castagna per contestare l’Ops di Orcel. Si penserà anche di esercitare il golden power in chiave anti-francese? Non solo. La Francia torna in ballo anche guardando alle ultime mosse nel capitale di Mps: il 27 dicembre la holding della famiglia Del Vecchio, Delfin, è salita a poco meno del 10% dell’istituto senese con una complessa operazione in cui potrebbe essere stata aiutata da Natixis. La banca francese ha fatto una fulminea apparizione nel capitale del Monte il 30 dicembre, con una quota del 5,8% acquistata (a titolo di prestatario) e liquidata lo stesso giorno, per poi ricomparire il 6 gennaio con strumenti finanziari pari al 6,4% del capitale. La stessa Natixis che sta trattando con le Generali – di cui Delfin è azionista - per un’alleanza nel risparmio gestito. Senza dimenticare, come ha fatto notare nei giorni scorsi il sito Startmag, che anche le partecipazioni della lussemburghese Delfin parlano molto francese: come il colosso dell’occhialeria Essilux - quotato alla Borsa di Parigi e nato dalla fusione tra Essilor e Luxottica - di cui il governo francese detiene il 4% del capitale. Nella cassaforte Delfin sono poi custodite le quote (il 28%) di Covivio, il gruppo immobiliare francese (quotato a Parigi) nato dalla fusione di Beni Stabili in Fonciere des Regions. Nel frattempo, Milano Finanza ipotizza uno scenario suggestivo con un ruolo di Mps nella partita sulla governance delle Generali che si giocherà a primavera tra Mediobanca e il tandem Delfin-Caltagirone, che oggi è anche vicino al 20% del Monte. Proprio la banca senese, secondo il settimanale finanziario, potrebbe acquisire una quota fino al 5% del Leone di Trieste. Nel 2027 scadrà l’accordo di bancassurance tra Siena e la francese Axa e a quel punto l’istituto avrà bisogno di un nuovo alleato nelle polizze, che potrebbe essere proprio Generali. In questo scenario, accanto a Mps i nuovi equilibri societari potrebbero prevedere una crescita delle partecipazioni anche di Caltagirone e di Delfin, che oggi hanno rispettivamente il 6,9% e il 9,9% della compagnia triestina. Se l’imprenditore romano può arrivare al 9,99%, la holding di Del Vecchio ha chiesto le autorizzazioni regolamentari per salire fino al 20%.