2022-06-14
Leva il bavaglio in aula e viene punito. Alunno decide di mollare gli studi
La preside chiamò i carabinieri. Il diciannovenne: «Ribellarsi è stato un atto di dignità».Oggi lo aspetterebbero gli esami di maturità. Invece, finito all’indice perché contrario all’utilizzo della mascherina, allontanato dal suo istituto perfino dai carabinieri, un giovane di 19 anni ha deciso di mollare gli studi. Se questa è la scuola, ha detto, allora proprio non mi piace. Quando Enrico Centis ha preso la decisione, in realtà era da poco maggiorenne. Bravo studente, con la media del sette, frequentava il quinto anno dell’Istituto tecnico Kennedy di Pordenone, quello già segnalato dalla Verità per aver demansionato docenti non vaccinati con una o tre dosi (addirittura dodici vennero tolti dalle rispettive aule), lasciandoli a far nulla in una stanzetta proprio quando c’era ancora più bisogno della loro presenza in classe. «La mascherina l’ho sopportata il primo anno di pandemia, quelle poche volte che non siamo rimasti a casa in Dad», racconta il giovane, che vive a Casarsa della Delizia, il paese della mamma di Pier Paolo Pasolini, sepolto accanto a lei nel cimitero locale. «A fine quarta sono stato sospeso tre giorni, perché cominciavo a non poterne più e trovavo assurdo non poter respirare per ore in aula». Riammesso a lezione, termina tra le proteste l’anno scolastico ma viene promosso. Settembre riparte malissimo. «Volevano che indossassi la mascherina anche durante le ore di educazione fisica», spiega Enrico, «ho cercato di spiegare le mie ragioni, avevo messo insieme leggi, documenti, mi ero preparato un piccolo dossier che non è servito nemmeno al cospetto della preside». Una lunga discussione, dice, finita nel peggiore dei modi con la dirigente scolastica che telefona ai carabinieri, «nemmeno avessi commesso un furto o un atto di vandalismo». «Mi hanno scortato fuori da scuola al pari di un delinquente. Sono stato multato di 400 euro per non essermi coperto il volto. Ero avvilitissimo». Enrico rimane a casa qualche giorno, cerca di farsi passare rabbia, amarezza, invece prende una decisione drastica. Basta scuola, addio diploma di elettrotecnico a fine anno. Mamma insegnante e papà magazziniere, entrambi vaccinati e ligi alle regole della mascherina, non la prendono bene. Cercano di fargli cambiare idea ma ormai il danno è fatto, Enrico si è sentito calpestato nei suoi diritti e tradito dalle istituzioni scolastiche. «Nessuno, a parte un’insegnante, ha preso le miei parti. Il fatto che buttassi via un percorso di studi lasciava indifferente tutti. Restava solo la mia disobbedienza a una norma assurda, senza valore scientifico. Dovevo essere punito e se non capivo la lezione, la colpa era mia», fatica ancora a comprendere il ragazzo. Le sue giornate trascorrono studiando «non seguo corsi, approfondisco i tempi che mi interessano, certo non ho i laboratori che aiutano nella pratica», allenandosi in palestra e facendo lunghe camminate all’aria aperta. Poteva diventare un neet, uno dei tanti giovani che non lavorano né studiano o fanno formazione professionale e forse il rischio c’è sempre, perché dalla sua parte ha solo l’impegno personale a non farsi travolgere dalla noia, dallo sconforto. «La responsabilità di smettere di studiare è solo mia», Enrico non cerca scuse, «però i ministri della Salute e dell’Istruzione si dovrebbero vergognare per il clima che hanno creato all’interno della scuola, con docenti e allievi vessati dalle mascherine, imposte pure ai più piccoli che per mesi non hanno potuto respirare correttamente. La mia è stata una ribellione, ne andava della mia dignità. Sono stato valutato solo in base al mio rifiuto di restare ancora un anno a soffocare in classe».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)