2023-10-12
L’altro problema di Israele si chiama unione europea
Dopo l’attacco sferrato da Hamas contro Israele, Joe Biden ha telefonato a Rishi Sunak, Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Giorgia Meloni, per discutere di un conflitto che rischia di infiammare il Medio Oriente. Curiosamente, il presidente degli Stati Uniti non ha sentito l’esigenza di coinvolgere nella conversazione Ursula von der Leyen né il suo ministro degli Esteri Josep Borrell.Già questo la dice lunga su quanto conti davvero Bruxelles nelle cose importanti. Se c’è da discutere di politiche di bilancio, di deficit e di rapporto debito Pil, la Ue è decisiva. E anche se si parla di transizione energetica o di regole della concorrenza. Ma se in discussione ci sono questioni geopolitiche, per esempio le misure necessarie a evitare che un Paese amico come Israele venga annientato, l’Unione europea e le sue istituzioni contano zero. La dimostrazione plastica dell’ininfluenza di quella che dovrebbe essere la rappresentanza politica e anche operativa del vecchio continente l’ha data proprio il precipitare degli eventi in Israele. Se prima, con la guerra in Ucraina, Bruxelles aveva provato a darsi un contegno e attribuirsi un ruolo, con le missioni della stessa Ursula von der Leyen e gli incontri con Volodymyr Zelensky, la strage compiuta da Hamas e dai suoi alleati nei villaggi israeliani ha dimostrato che l’Europa come entità politica unita non ha alcuna influenza. Anzi non esiste, anche perché non ha una posizione unitaria. Le sensibilità dei diversi Paesi che la compongono infatti ne paralizzano le reazioni. Prova ne sia che nelle ore immediatamente successive all’attacco contro le famiglie israeliane e i giovani impegnati in un rave party, non soltanto la Ue non ha parlato con una voce sola, ma addirittura le dichiarazioni sono state in conflitto fra loro. A un’Ungheria che ha reagito in maniera netta (così come Italia, Polonia, Francia eccetera) sono seguite prese di posizioni più blande da Spagna e altri. In pratica, i Paesi governati dalla sinistra hanno evitato di schierarsi in maniera aperta e netta contro i palestinesi e a favore di Israele. Il paradosso si è avuto poi quando, a una precisa richiesta di sospendere qualsiasi aiuto che potesse favorire anche solo lontanamente organizzazioni vicine ad Hamas o ad altri gruppi della cosiddetta resistenza, ha risposto l’alto rappresentante per le relazioni con i Paesi esteri, il socialista Borrell, il quale ha smentito qualsiasi decisione di stop ai finanziamenti, giustificando il contrordine con un’incredibile motivazione. Bloccare i fondi, secondo lui, avrebbe fatto il gioco dei movimenti terroristici. Come è noto, spesso i soldi dell’Unione sono stati usati per sostenere la propaganda contro Israele, come quando si scoprì che parte di quel denaro era servita per comprare libri in cui lo Stato fondato da Ben Gurion neppure figurava sulla carta geografica. Dunque, bloccare i flussi, se non indispensabile dopo un atto di barbarie come la strage dello Sukkoth, di certo aveva un alto valore simbolico, ma la Ue non è riuscita a mettersi d’accordo neppure su questo, smentendo una delle più azzeccate definizioni dell’Unione che, se non sbaglio, fu pronunciata da Antonio Martino. L’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare. Rispetto a quando l’ex ministro della Difesa del governo di Silvio Berlusconi definì Bruxelles, ora bisognerebbe dire che il gigante economico ha scoperto di avere i piedi di argilla, mentre i vermi sono diventati due, uno militare e l’altro politico. Già, la vigliaccheria in questa faccenda mi pare essere il tratto distintivo. L’Europa non prende posizioni nette, né interrompe i flussi di denaro a favore dei palestinesi perché ha paura delle conseguenze. Non serve un’aquila per vedere qual è il disastro che abbiamo davanti. Dopo aver rotto con la Russia, rifiutando le forniture di gas di cui la Ue aveva e ha bisogno per sostenere la propria economia, i Paesi europei hanno stretto accordi con l’Algeria, il Qatar e, in parte, la Libia, ossia con tre Paesi che nel conflitto in atto non sono certo terzi. I due del Nordafrica, a seguito del bestiale attacco di sabato mattina, hanno espresso solidarietà non alle vittime, ma agli aggressori. Mentre il Qatar, che pure si è candidato a far da mediatore per liberare gli ostaggi, è risaputo essere uno dei principali finanziatori della causa palestinese insieme con l’Iran. Dunque, mentre in teoria l’Europa dovrebbe sostenere l’unica democrazia del Medio Oriente, in pratica fa affari con chi la combatte. Nascono da qui gran parte dei comportamenti ambigui di quello che dovrebbe essere uno dei principali attori sulla scena. Come sempre, e come nella guerra Ucraina, l’Unione è divisa, dilaniata dagli interessi dei singoli Paesi e dagli equilibri di politica internazionale. In pratica, la culla della democrazia e dei principi, quando conviene fa sparire l’una e gli altri, per ritornare a essere solo la patria dei propri interessi. Anche il sangue dunque ha un prezzo.
Papa Leone XIV (Getty Images)
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