2020-10-18
L’Ema stoppa Conte: «Vaccino solo nel 2021»
Il premier aveva annunciato l’arrivo di 300 milioni di dosi per fine novembre, ma è stato subito smentito dall’Agenzia che rilascia le autorizzazioni in Europa. E se anche la cura fosse registrata a breve, non sarebbe disponibile prima della prossima primaveraSmentite su tutta la linea le panzane giallorosse sul vaccino. Parlando venerdì dal festival di Limes, il premier Giuseppe Conte non ha risparmiato toni trionfalistici. «Oggi possiamo dire che l’Unione europea, finanziando i più grandi gruppi di ricerca, è in grado di garantirsi varie centinaia di milioni di dosi di vaccino», ha affermato Conte in preda all’entusiasmo, «alcuni gruppi prospettano esiti positivi per fine novembre o dicembre, molto presto potremmo avere addirittura 200 o 300 milioni dosi di vaccini». Numeri da capogiro grazie ai quali, assicura Conte, «saremo in grado di inondare i nostri sistemi di vaccini». Parole cariche di ottimismo, cui ha fatto eco ieri il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: «La certezza di un vaccino contro il Covid entro la fine dell’anno? La verità è che questo potrebbe essere l’ultimo miglio: da fine novembre, inizio dicembre arriveranno in Italia le prime dosi del vaccino e poi da gennaio inizieremo le vaccinazioni». Su di giri anche il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola: «Ho una bella notizia da dare: la direttrice generale della Commissione che sta seguendo il lavoro sui vaccini è una italiana, è la dottoressa Sandra Gallina, ed è al centro della macchina». Sorvoliamo sul fatto che la Gallina ricopra quella posizione per difendere gli interessi della Commissione, e dunque di tutta l’Ue, e non solo dell’Italia. Comunque, quella di Amendola è una «non notizia», perché la Gallina in realtà era stata chiamata da Ursula von der Leyen a partecipare ai negoziati sui vaccini già lo scorso giugno. Semplicemente pochi giorni fa ha preso il timone della direzione generale Salute e sicurezza alimentare a seguito del pensionamento di Anne Bucher, di cui era vice già da qualche mese.Tutto bene, dunque? Non proprio. La sicumera di Conte e Di Maio sulle tempistiche, infatti, lascia di stucco. Quando lo scorso agosto nel corso di un’intervista televisiva azzardò affermare che le prime dosi del vaccino sarebbero arrivate a dicembre di quest’anno, il ministro greco della Salute Vasilis Kikilias si beccò una bella lavata di capo da parte di Bruxelles. «Siamo in una situazione nella quale non possiamo dire con esattezza quale sarà la data di consegna», commentò ai tempi un portavoce della Commissione. Né più né meno quanto affermato nel documento pubblicato giovedì, nel quale la stessa Commissione illustra gli elementi chiave che ciascuno Stato dovrebbe prendere in considerazione nell’elaborazione della strategia vaccinale: «Attualmente non si sa quale potenziale vaccino, se mai dovesse esserci, completerà con successo il processo di sviluppo e autorizzazione, in modo tale da soddisfare i criteri di efficacia e sicurezza per essere introdotto nel mercato dell’Unione europea». Tradotto, nessuna certezza sul vaccino, figuriamoci sui tempi. Insomma, seppur indiretta, una smentita bella e buona agli annunci di Giuseppe Conte e Di Maio.Ma lo stop più brusco alle sparate del premier e del ministro degli Esteri arriva direttamente dal regolatore. Nel corso di un’intervista rilasciata venerdì a Sky Tg24, il direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) Guido Rasi ha parlato senza mezzi termini: «È molto difficile, quasi impossibile, avere il vaccino entro il 2020». Secondo Rasi, che rappresenta l’autorità deputata a rilasciare le autorizzazioni per il continente europeo, «l’anno del vaccino, anzi dei vaccini, sarà il 2021». Prima, il disco verde previsto per i primi dell’anno venturo. Poi «le prime dosi importanti per le popolazioni non a rischio sono previste per la primavera del 2021», ha chiarito il direttore dell’Agenzia, per arrivare verosimilmente a coprire gran parte della cittadinanza entro l’estate prossima. Senza contare un altro grosso problema: «Uno dei dati che non sappiamo è quanto durerà l’immunizzazione, dopo un anno che avremo il vaccino a disposizione inizieremo a vedere diminuire la pandemia in maniera importante».Scivolone anche per il professor Roberto Burioni dopo la notizia della volontà da parte di Pfizer di richiedere l’autorizzazione per il suo vaccino negli Stati Uniti già alla fine del mese prossimo. «Abbiamo una data», ha twittato festante Burioni, «Albert Bourla, amministratore delegato scrive che se andrà tutto bene presenterà una richiesta per un’autorizzazione di emergenza del vaccino contro Covid-19 nella terza settimana di novembre 2020. Forza!». Tra l’altro, precisiamo per dovere di cronaca, che la Commissione non ha ancora firmato alcun contratto con Pfizer. «Vaccino in novembre? Attenzione, dipende da cosa si intende», mette in guardia però Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova. «Se che per fine novembre un vaccino possa, con procedure di emergenza, essere registrato, allora molto probabilmente sì. Se che a novembre saremo vaccinati e quindi tutto tornerà alla normalità, ovviamente no». Confermando l’iter preannunciato da Rasi, anche la professoressa Viola conferma che «il vaccino sarà disponibile, se tutto va bene, in primavera». Accortosi dell’uscita forse un po’ troppo ardita, ieri Burioni ha provato a fare dietrofront, rigirando la frittata contro la stampa, accusata di aver manipolato il suo messaggio. «Non ho mai scritto le parole nel virgolettato (“Vaccino entro novembre”, ndr). Difficile - e forse inutile - provare a informarvi correttamente se il senso di quello che scrivo viene distorto». Proprio perché la posta in gioco è così alta, ci permettiamo di obiettare, che forse politici e sedicenti esperti farebbero meglio a misurare attentamente le parole prima di illudere le persone.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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