2022-08-25
Legnini vanta la «sua» ricostruzione. Ma a questo ritmo finirà tra 130 anni
Nel riquadro, Giovanni Legnini (Ansa-Getty Images)
Il commissario per il terremoto, in quota dem, ha rilasciato interviste a raffica in campagna elettorale. Eppure a sei anni dal sisma ci sono ancora 31.000 sfollati e i progetti vanno avanti con tempi biblici.I numeri ai nostri politici piacciono salvo verifica: una volta sono 8 milioni di baionette, una volta sono 32 miliardi o 130 anni per ricostruire il centro Italia terremotato. Conviene giocarli al Superenalotto visto il jackpot record, ma difficilmente ci si tira su delle case. Incombe però la campagna elettorale e allora Giovanni Legnini - terzo commissario targato Pd su quattro che si sono alternati nel nulla che si è fatto in sei anni - si moltiplica come i pani sperando che gli elettori abbocchino come i pesci e a reti unificate va spargendo ottimismo. Ha rilasciato nel giro di tre giorni nell’imminenza della prima funesta scossa - i morti furono 299 - alle 3 e 36 del 24 agosto del 2016 magnitudo 6.0 ad Amatrice, Accumuli e Arquata del Tronto (quest’ultima cancellata dalla carta geografica e anche dalla memoria perché è troppo distante da Roma per poterci fare comodamente le passerelle a telecamere sguainate) una quantità d’interviste che neppure quando era vicepresidente del Csm in compagnia di Luca Palamara ha chiacchierato tanto. Per la verità gli è capitato di dire proprio a Palamara incalzato dai giornali: «Se vuoi parlo io con Repubblica, ho rapporti al massimo livello, dimmi tu». E questi rapporti deve averli tenuti ancora ben saldi: lo hanno ascoltato il Corriere della Sera, Repubblica, il Messaggero, il Sole 24 ore e poi La 7 tutti Tg Mediaset, la Rai a qualsiasi ora del giorno. Cosa ha dichiarato il nostro, che tra le tante iniziative intraprese si è dotato anche di un efficientissimo e cortese ufficio stampa? Per rincuorare le popolazioni terremotate che hanno di fatto abbandonato l’Appenino salvo gli anziani che continuano a vivere nelle casette costruite dagli amici dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi dove ci piove, dove saltano i tubi dell’acqua, dove d’estate si cuoce e d’inverno si gela, ha detto che «al nuovo governo chiederò di proseguire l’iter che porterà all’approvazione del Codice delle ricostruzione». Hai detto nulla! Allora com’è questa ricostruzione. Per saperlo conviene non andare ad Amatrice che è una passerella di macerie. Lì ci pensa l’archistar Stefano Boeri - continua a distribuire progetti a Castelsantangelo sul Nera dove è tutto in terra come sei anni fa, ad Arquata del Tronto idem come sopra - che ha presentato Casa Futuro. «S’ispira al concetto cardine di ecologia integrale espressa nell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e sarà un grande complesso». Quando? Beh stai a guardare il capello per ora hanno demolito, poi si marcerà spediti. Legnini da par suo rincuora tutti gli sfollati, sono ancora 31.000, i dispersi e il pubblico pagante con le tasse una ricostruzione che non c’è. Bontà sua dice che «la ricostruzione sta accelerando. È vero abbiamo avuto lo stop della pandemia, ma possono dire che dal 2020 siamo veramente partiti». Viene voglia di andare a vedere. Magari a Norcia. Enrico Letta, segretario del partito di Legnini come degli altri commissari precedenti Vasco Errani e Paola De Micheli che da ministro dei Lavori pubblici strinse le zone terremotate in una morsa di burocrazia, fa l’esame di europeismo a tutti. Norcia è la culla di San Benedetto il patrono d’Europa. La sua chiesa e ancora un groviglio di tubi. Nel 2016 i capi di governo dell’Ue venuti a rendere omaggio al patrono ferito promisero che avrebbero inondato di quattrini, tecnici e risorse questo gioiello dell’Appenino umbro. All’Europa spesso capita di dire e non fare. E forse anche a Letta. Ma il nostro der kommissar - successo pop di qualche anno fa di Falco - ha il piglio decisionista e i modi affabili e non demorde. «Servono più professionisti e più ditte per accelerare, ma il superbonus ci ha fatto concorrenza, abbiamo rivisto i preziari perché i rincari incidono sui lavori, le imprese stanno disertando il cantiere. E per la ricostruzione servono 32 miliardi». Dice Legnini che scade il 31 dicembre esattamente come tutti i progetti - ne mancano 28.000 - che dovrebbero essere presentati entro quella data pena il decadimento, che «negli ultimi due anni si sono aperti di 10.000 cantieri dell’edilizia privata, 365 opere pubbliche sono state terminate e altre 315 sono in fase di completamento.» Però c’è il deserto economico e demografico: se ne sono andati in 120.000 e non torneranno. L’unica idea sensata era la zona fiscale franca avanzata dal professor Giuseppe Rivetti, ma è stata cassata. Antonio Pagnanelli di Italia Nostra di Macerata (è la provincia più colpita) spiega: gli edifici privati inagibili sono poco più di 80.000. Ad oggi son stati presentati circa 22.000 progetti. Nelle Marche su 12.000 domande di contributo ne sono state evase 6.000, di cui 2.000 hanno concluso i lavori. In sei anni sono stati autorizzati mille interventi all’anno e ne sono stati realizzati 350: di questo passo, i progetti per tutti gli edifici danneggiati saranno autorizzati in 45 anni e realizzati in 130». Legnini replica: «A fine giugno 22.700 richieste di contributo per 7,6 miliardi di euro, delle quali 14.234 approvate con 4,3 miliardi concessi. Negli ultimi due anni le richieste sono raddoppiate e i contributi concessi triplicati. I cantieri privati completati sono 7.256 e altri 7.000 sono autorizzati. Nel pubblico la spesa effettiva, è arrivata a luglio a 768 milioni di euro. Per finire il lavoro non mi sono neppure candidato». L’ultima volta che lo ha fatto tre anni fa alle regionali in Abruzzo lo hanno trombato. Forse per questo nessuno glielo ha chiesto.