2019-01-24
Lega e M5s trasferiscono i migranti. La sinistra grida ai rastrellamenti
Il centro accoglienza di Castelnuovo viene smantellato e gli extracomunitari aventi diritto spostati in altre sedi. Parte la propaganda: il Pd evoca il nazismo e un'esponente di Leu blocca i bus (ma solo finché c'è la stampa).Per colpire Matteo Salvini, l'opposizione parla di centro modello. In realtà gli stranieri sono stati allontanati da un Cara coinvolto nel business di Mafia Capitale. Una relazione alla Camera descrisse così l'impianto: «C'è gente con le mosche sulla faccia».Il decreto sicurezza abolisce il permesso umanitario di 2 anni. Porte aperte a malati gravi o vittime di abusi, via chi delinque.Lo speciale contiene tre articoli «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno», scrivono su Twitter i frati della basilica di San Francesco d'Assisi, commentando contriti e indignati la chiusura del centro accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto, il più grande d'Italia dopo quello di Mineo, in Sicilia. «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che dicono», bisognerebbe rispondere a loro, ai media e ai politicanti di sinistra, a tutti quelli che in queste ore stanno facendo propaganda su un provvedimento che pochi, pochissimi mesi fa, era auspicato dalla stragrande maggioranza dei sindaci di sinistra, al grido di «basta con i grandi centri di accoglienza!». Rinfreschiamo la memoria a loro e ai lettori.«Si smantella una delle cose che meglio hanno funzionato, cioè il sistema di accoglienza diffusa degli Sprar, mentre si apre la strada a grandi concentrazioni di migranti, che non miglioreranno i livelli di sicurezza» (Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, Pd). «Si tagliano le risorse che sostenevano l'integrazione e si creano nuovi megacentri di accoglienza che peggioreranno la situazione» (Michele de Pascale, sindaco di Ravenna, Pd). «Si riporta la lancetta della storia indietro di anni, tornando ai grandi centri gestiti dalla prefetture, senza la collaborazione dei sindaci» (Matteo Biffoni, sindaco di Prato, Pd). «Si abbandona un modello faticosamente costruito, quello dell'accoglienza diffusa dei migranti, e si torna alla concentrazione degli ospiti in grandi centri» (Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell'Anci, Pd).Pochi esempi sufficienti per comprendere che la caciara montata intorno alla chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto altro non è che propagandiamo di livello bassissimo: si afferma esattamente il contrario di ciò che si sosteneva poche settimane fa, pur di attaccare la linea del governo targato Lega-M5s e in particolare il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Il quale altro non sta facendo che applicare la legge e portare avanti la sua linea, corroborata, è bene ricordarlo, dal voto liberamente espresso dagli elettori.Alla luce di tutto ciò, possiamo catalogare come «pagliacciate propagandistiche» le sceneggiate della sinistra, che ieri senza vergogna ha parlato di «deportazioni». Si tratta, invece, di un semplice trasferimento dei migranti ospitati nel Cara di Castelnuovo di Porto, che sarà smantellato, verso altre strutture di accoglienza. Il Cara di Castelnuovo è arrivato a ospitare più di 1.000 immigrati. Prima dell'inizio degli spostamenti all'interno c'erano 552 persone: 413 uomini, 124 donne e 15 minori, 350 circa dei quali, avendone diritto, sono stati o verranno a breve trasferiti in altri centri di accoglienza. In particolare, oggi 15 saranno portate in Umbria e 45 in Toscana; domani 50 andranno in Piemonte, mentre sabato 90 migranti saranno distribuiti tra Emilia e Lombardia. Ieri 30 persone sono state trasferite in Abruzzo, 30 nelle Marche e 15 in Molise. L'altro ieri avevano lasciato il centro i primi 30, trasferiti soprattutto in Campania. A tutti, come ovvio, verranno garantiti vitto, alloggio, istruzione, servizi sociali. Si chiama «accoglienza diffusa», proprio quella che reclamavano a gran voce gli esponenti del Pd che ieri, però, pur di lucrare un po' di visibilità hanno cambiato idea e attaccato il governo. «Sono arrivato al Cara di Castelnuovo di Porto», ha twittato il presidente del Pd, Matteo Orfini (dando prova della sua esistenza), «dove è in corso un'assurda deportazione di uomini e donne che non hanno alcuna colpa, se non quella di essere scappati dalla fame o dalla guerra». Insieme a Orfini, sono andati a farsi fotografare al cara anche i parlamentari dem Emanuele Fiano, Marianna Madia, Monica Cirinnà, Roberto Morassut. Da oscar poi l'interpretazione di Rossella Muroni, deputata di Leu che si è messa davanti a uno degli autobus in partenza, manco fosse un carro armato di piazza Tienanmen, salvo spostarsi appena tv e fotoreporter avevano immortalato l'eroico gesto. Tutta questa caciara, va sottolineato, ha visto come protagonisti solo e soltanto i sinistrati: nessuno degli ospiti del centro ha protestato per il trasferimento, che si è svolto nella massima serenità.«Abbiamo fatto», ha commentato il ministro Salvini, «quello che farebbe qualunque buon padre di famiglia. A Castelnuovo c'era il secondo più grande centro di migranti, era arrivato ad accogliere più di 1.000 persone. Lo stato pagava 1 milione di affitto all'anno più 5 milioni per la gestione. Quindi, essendosi dimezzati gli immigrati ospiti di quel centro e liberati altri posti nel Lazio, è giusto chiudere, risparmiare risorse. Tutti gli ospiti che erano lì con diritto, saranno ospitati in altre strutture». Già: quelli con diritto. Per i circa 150 ospiti del Cara che non hanno alcun titolo per restare sul territorio italiano, se le richieste di asilo non verranno accolte si procederà al rimpatrio. Lo dice la legge, accade in tutte le nazioni del mondo. Non si tratta di colore della pelle o di nazionalità, ma di legalità: che siano rumeni, colombiani, giapponesi, canadesi o nigeriani, gli immigrati regolari resteranno in Italia con tutti i diritti, gli irregolari dovranno tornarsene da dove sono venuti.Carlo Tarallo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lega-e-m5s-trasferiscono-i-migranti-la-sinistra-grida-ai-rastrellamenti-2626887564.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-prevede-la-nuova-legge-non-basta-chiedere-asilo-per-poter-restare-in-italia" data-post-id="2626887564" data-published-at="1758065397" data-use-pagination="False"> Lo prevede la nuova legge: non basta chiedere asilo per poter restare in Italia «Chi non ha diritto a stare in Italia deve andare via». Matteo Salvini sintetizza con parole tanto semplici quanto efficaci la svolta nella politica dell'immigrazione del governo Lega-M5s. Sembra una massima di Catalano, per quanto è lapalissiana, eppure sa di rivoluzione. Il decreto sicurezza ha modificato alcuni aspetti della prassi migratoria in Italia. La novità più importante riguarda l'abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Tale permesso aveva durata di 2 anni e consentiva a chi ne era in possesso di accedere ai servizi sociali e, tra le altre cose, di poter ottenere una casa popolare. Poteva essere concesso dal questore in presenza di «seri motivi» umanitari, anche a chi non avesse diritto alla protezione internazionale. Nel solo 2017 sono stati più di 30.000 i permessi di soggiorno umanitario concessi ad altrettanti immigrati che - pur non avendo i requisiti necessari a ottenere l'asilo - sono così rimasti tranquillamente sul territorio e hanno avuto accesso ai servizi sociali. La nuova normativa prevede che soltanto in alcuni casi, come ad esempio per le vittime di sfruttamento o violenze, per motivi di salute o perché la propria nazione d'origine è stata colpito da una calamità naturale, possa essere concesso un permesso umanitario della durata di un anno. Il decreto sicurezza, inoltre, per quel che riguarda l'immigrazione, allunga l'elenco dei reati che, in caso di sentenza definitiva, comportano la revoca della protezione internazionale: entrano a far parte dell'elenco anche violenza sessuale, spaccio di droga, rapina ed estorsione. La lista comprende anche la mutilazione dei genitali femminili (infibulazione), la resistenza a pubblico ufficiale, le lesioni personali gravi e il furto aggravato dal porto di armi o narcotici. Per i richiedenti asilo che commettono reati gravi è prevista la sospensione dell'esame della domanda di protezione ed è possibile comminare l'obbligo di lasciare il territorio nazionale. Il «pacchetto immigrazione» del decreto sicurezza prevede anche il ridimensionamento dello Sprar, il sistema di accoglienza diffuso, i cui centri potranno accogliere solo chi ha diritto alla protezione internazionale perché proviene da stati per i quali è riconosciuta automaticamente, e i minori non accompagnati, mentre fino ad ora questi centri potevano ospitare anche chi ha richiesto l'asilo ma non ha ancora ottenuto una risposta. La chiusura graduale dei Cara è legata soprattutto a problemi di ordine pubblico: si tratta di grandi centri dove finora erano ospitati immigrati in attesa di veder regolarizzata la propria posizione. Le strutture, oltre a quella di Castelnuovo di Porto, sorgono a Gradisca d'Isonzo (Gorizia), Arcevia (Ancona), Borgo Mezzanone (Foggia), Palese (Bari), Restinco (Brindisi), Lecce, Crotone, Mineo (Catania, il più grande d'Italia), Pozzallo (Ragusa), Caltanissetta, Lampedusa, Salina Grande (Trapani), Elmas (Cagliari). La durata massima del trattenimento degli stranieri nei centri di permanenza per il rimpatrio viene allungata dagli attuali 90 a 180 giorni, periodo ritenuto necessario all'accertamento dell'identità e della nazionalità dell'immigrato. È questa la scommessa più importante del nuovo corso della politica sull'immigrazione: aumentare il numero di clandestini rimpatriati nelle nazioni di provenienza. Una strategia che permetterà di regolarizzare la situazione, naturalmente con il passare del tempo. Per far sì che i rimpatri aumentino, devono funzionare gli accordi tra il nostro governo e i Paesi d'origine. Quelli che rispondono meglio sono la Tunisia e la Nigeria. «Chi era abusivo prima», sottolinea Salvini, «è abusivo anche adesso. Se la richiesta della sinistra è quella di trovare una sistemazione a chi non ha diritto a stare in Italia, la risposta è no. Ci sono delle leggi e delle regole, rispettate in tutti i Paesi del mondo: chi ha diritto viene ricollocato in altre strutture con vitto, alloggio, sanità, istruzione. Se la domanda di asilo verrà accolta, resteranno in Italia e saranno i benvenuti, altrimenti cominceranno le pratiche per l'espulsione». Carlo Tarallo <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lega-e-m5s-trasferiscono-i-migranti-la-sinistra-grida-ai-rastrellamenti-2626887564.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="se-ce-un-lager-e-quello-da-cui-li-hanno-tolti" data-post-id="2626887564" data-published-at="1758065397" data-use-pagination="False"> Se c’è un lager, è quello da cui li hanno tolti L'ultima denuncia pubblica risale al luglio 2017, quando il presidente dell'Authority anticorruzione Raffaele Cantone, a proposito del Cara di Castelnuovo di Porto, descrisse «inadempimenti su vari aspetti del servizio, carenza nei controlli degli ospiti e inattendibilità delle presenze dei residenti». Poi, di colpo, non si sa come, su buona parte della stampa è diventato il centro d'eccellenza per l'accoglienza dei rifugiati richiedenti asilo. Non deve essere stato facile per la coop Auxilium, che gestisce il Cara da quando il Tar con una sentenza lo ha strappato ai boss di Mafia Capitale, rilanciare l'immagine di quel casermone tutto cemento, circondato completamente da una recinzione, che nelle cronache è stato sempre descritto quasi come un lager. E infatti Rita Visini, all'epoca assessore alle Politiche sociali della Regione Lazio, audita alla Camera, definì il Cara di Castelnuovo di Porto «una cosa veramente aberrante», usando queste testuali parole: «Non è un luogo per persone umane». E ancora, descrivendo la struttura, precisò: «È una grande colata di cemento con un tetto alto un metro e mezzo, senza alcun dispositivo per raffreddamento o riscaldamento, nulla. In piena estate si vedevano persone con le mosche in faccia». La deposizione risale al 22 ottobre 2015. La gestione era già passata ad Auxilium. E in quel momento, stando alla ricostruzione dell'assessore, al tavolo della Prefettura si lavorava per uno svuotamento della struttura. Ci sono voluti altri 3 anni per smantellarla. Di acqua ne è passata sotto i ponti. E anche di migranti ne sono passati tanti per le 177 stanze della struttura. Ora ne conteneva 500, ma nei «momenti d'oro» dell'accoglienza era arrivata a ospitare anche più di 1.000 persone. Con la nota tariffa dei 35 euro a cranio era un bel business, capace di fare gola a molti, anche tra le fila della criminalità organizzata. E, infatti, un capitolo dell'inchiesta Mafia Capitale descrive bene le mire di Salvatore Buzzi. Sul piatto c'erano 10 milioni di euro più Iva. E Buzzi temeva la concorrenza: la coop Auxilium, che nell'ambiente delle cooperative sociali era considerata forte, molto forte. E con gli agganci giusti. Buzzi, probabilmente, immaginava rapporti e relazioni ai piani alti desumendo questo particolare dal numero di archiviazioni giudiziarie incassate da Auxilium. Prima un'indagine del pm Henry John Woodcock a Potenza, poi a Lagonegro con indagati d'eccellenza come Gianni Letta. Poi in Sicilia. Ma al netto delle vicende giudiziarie, che non hanno mai avuto uno sbocco processuale, per Buzzi restano in piedi le relazioni. Come quella con il prefetto Mario Morcone, direttore del Consiglio italiano rifugiati. Anche per quelle telefonate fu aperto un fascicolo che Woodcock, nonostante una sua teoria sulla «liquidità della competenza territoriale», dopo aver svolto indagini dovette inviare a Bari. L'archiviazione arrivò dopo poco. Ma tanto bastò alla concorrenza per capire che l'Auxilium era un colosso. E infatti nell'inchiesta Mafia Capitale i pm romani sentirono Salvatore Buzzi dire al telefono: «Loro se ne fregano, c'hanno i prefetti». E Massimo Carminati, detto il Nero, replicare: «Loro sono grossi...». C'era qualcuno, quindi, che impensieriva i due nel business del sociale. Perché, secondo Buzzi, ad Auxilium avevano rapporti col Viminale. E anche se Angelo Chiorazzo, tra i fondatori della coop, in udienza ha confermato di conoscere personalmente qualche viceministro dell'Interno - spiegando però di avere con lui semplici rapporti di conoscenza - per Buzzi e Carminati Auxilium era un osso duro: «Loro stanno in posizione di forza», disse il Nero. E al Tar si sa poi come è andata. Ma se in quella vicenda Buzzi e Auxilium si sono trovati su fronti opposti, come ricostruisce Mario Giordano nel suo libro Profugopoli, sul centro di Mineo, invece, almeno una trattativa fra di loro è stata imbastita, «come risulta inequivocabilmente dalle intercettazioni». «Noi ci tirammo fuori», spiegò Chiorazzo a Goffredo Buccini del Corriere della Sera. Era il 30 settembre 2015. Al telefono, però, Buzzi viene beccato mentre dice (o forse millanta): «Io l'accordo con Auxilium l'ho fatto perché dovevamo tenere alti i prezzi». E ancora: «Chiorazzo sta con me. Io faccio pure i p... a Chiorazzo. Gliel'ho fatti...». «Sarà andata davvero così?», si chiese Giordano in Profugopoli. L'unica cosa ipotizzabile era questa: dopo aver perso la battaglia legale su Castelnuovo di Porto, il boss di Mafia Capitale potrebbe aver pensato di stipulare una pace con Auxilium. «Abbiamo capito che qualcosa non quadrava, non siamo fessi», spiegarono i vertici di Auxilium al Corriere, «e non siamo andati dal notaio a siglare il patto». Salvi per un pelo. Fino all'altro giorno. «Dopo Mafia Capitale, abbiamo gestito bene e ora ci chiudono...», commenta a caldo il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini. Ora il percorso con Auxilium sembra tutto rose e fiori. Ma i problemi sono cominciati a poche settimane dal suo insediamento, nel 2014. Il 15 maggio un picchetto di migranti impedì l'ingresso nel centro ai lavoratori della coop. La rivolta sfociò in un duro scontro con la polizia. Risultato: sette feriti e otto fermati. Esattamente due anni dopo (8 luglio 2016) la storia si ripete: 200 migranti bloccano l'ingresso della struttura. I rifugiati solo due anni fa si rifiutavano di far rientro nella struttura. Ora, invece, nelle cronache, le storie strappalacrime raccontano esattamente il contrario. Fabio Amendolara