2025-10-26
Ennesimo affondo Lega sulle banche: «Irritanti, alzeremo il contributo»
Forza Italia: no a misure punitive. Patuelli (Abi): per noi pressione fiscale sopra il 50%.Continua a salire di tono lo scontro politico sul contributo straordinario richiesto a banche (e, in parte, assicurazioni) nella legge di Bilancio. La giornata di ieri ha visto due linee dentro la maggioranza: la Lega, che rilancia e chiede di «rafforzare» il prelievo, e Forza Italia, che predica prudenza per non trasformare la misura in una tassa punitiva. In mezzo, Fratelli d’Italia prova a tenere il timone in equilibrio, rivendicando che l’ultima parola spetterà al Parlamento ma con saldi invariati. Sullo sfondo, le opposizioni picchiano duro: per il Pd la gestione è «caotica», per il M5s è un «teatrino» senza effetti reali, mentre il fronte centrista avverte che alla fine il conto rischia di finire sui correntisti. Dopo giorni di schermaglie con l’Abi e con alcuni top banker, la Lega ha ribadito ieri la propria linea dura. In una nota il Carroccio giudica «sorprendenti e irritanti» le reazioni dei banchieri e sostiene che, a fronte di utili vicini ai 50 miliardi, è «doveroso» un contributo più significativo per finanziare sanità, famiglie e imprese. Il partito è pronto a depositare emendamenti per irrigidire il meccanismo e alzare l’asticella del gettito. Una strategia coerente con i recenti affondi di Matteo Salvini, che ha minacciato un incremento dell’onere se continueranno le proteste del settore. Sul versante azzurro, Antonio Tajani ha ribadito la linea liberale: bene un apporto del comparto a obiettivi sociali, ma senza demonizzare le banche né destabilizzare i mercati. «Il contributo deve essere chiesto e non imposto», ha scandito il vicepremier, ricordando che la manovra la scrive il governo «ma anche il Parlamento», dove Forza Italia lavorerà per migliorare i passaggi più controversi. Tajani respinge l’idea di una «tassa sugli extraprofitti» di stampo punitivo e insiste per una soluzione concordata con gli istituti, salvaguardando il credito all’economia reale. Da FdI filtra l’obiettivo di trovare una mediazione durante l’iter in Aula, senza toccare i saldi. Il messaggio che arriva dall’area economica di Palazzo Chigi è di non irrigidire il braccio di ferro: si punta a un meccanismo prevedibile, che non alimenti volatilità e sia compatibile con gli altri capitoli della manovra. La regola, fanno sapere, è che «la scelta finale è del Parlamento», con l’esecutivo pronto a valutare correttivi tecnici per bilanciare gettito e stabilità. Ieri anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, è intervenuto sul tema replicando indirettamente alle uscite del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che negli ultimi giorni ha indicato il settore bancario come il principale serbatoio da cui attingere risorse per rafforzare la manovra. Ha scelto toni istituzionali: «Non partecipo alla campagna elettorale né alle polemiche politiche sulla manovra. Siamo in un contesto di mercato. Le banche intervengono spesso anche in situazioni d’emergenza - clima, terremoti, alluvioni - assumendo iniziative di carattere sociale che gravano esclusivamente sui propri conti. E il futuro non offre certezze». Il numero uno dell’associazione bancaria ha poi ricordato che, con l’eccezione del caso Monte dei Paschi di Siena, tutte le principali crisi del sistema creditizio italiano sono state gestite facendo leva su risorse interne al settore, senza oneri per la finanza pubblica. Sul capitolo fiscale, Patuelli ha invitato a evitare letture superficiali dei bilanci: il confronto, ha spiegato, va condotto sugli utili netti e non sui ricavi lordi. «Non bisogna confondere i ricavi lordi con gli utili netti. Le banche già versano l’Ires al 24%, l’Irap con un’addizionale dello 0,75% e ulteriori imposte sui dividendi che portano la pressione fiscale complessiva sui redditi lordi a oltre il 50%».
Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri (Ansa)
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