La nuova legge Natura imporrebbe alla città finlandese di Rovaniemi di demolire tutti gli edifici dell’area, villaggio di Santa Claus compreso. Intanto gli investimenti sostenibili crollano: fondi e obbligazioni Esg hanno perso 15 miliardi nel secondo trimestre 2023.
La nuova legge Natura imporrebbe alla città finlandese di Rovaniemi di demolire tutti gli edifici dell’area, villaggio di Santa Claus compreso. Intanto gli investimenti sostenibili crollano: fondi e obbligazioni Esg hanno perso 15 miliardi nel secondo trimestre 2023.«Signor Timmermans, non butti Babbo Natale fuori di casa! La legge Natura imporrebbe al comune di Rovaniemi di demolire tutti gli edifici della sua area e riportare allo stato naturale il terreno sottostante, e anche questo non sarebbe sufficiente. Buone intenzioni, scarsa preparazione».Così recita un tweet di un europarlamentare finlandese, Petri Sarvamaa, appartenente al Ppe. L’appello appassionato a non sfrattare Babbo Natale dalla sua casetta nella cittadina di Rovaniemi al Polo Nord è rivolto al vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, olandese e Commissario per il Green deal europeo. A cosa si riferisce il simpatico Petri? La questione è relativa al nuovo regolamento europeo, la cosiddetta legge sul ripristino naturale (Nature Restoration Law), che è ancora in discussione al Parlamento europeo e che, per la verità, rischia di essere bocciata nella votazione che si terrà nei prossimi giorni a Strasburgo. Per la prima volta, la Commissione ambiente del Parlamento (Envi) non ha approvato una norma facente parte del green deal europeo, poiché la votazione si è fermata su un pareggio tra favorevoli e contrari (44 a 44). Ciò è stato dovuto, oltre che dall’attività dell’opposizione parlamentare che non sostiene l’attuale Commissione, anche al cambio di atteggiamento del Ppe, che fa parte della maggioranza ma che ultimamente sui temi ambientali si sta smarcando dai socialisti per spostarsi verso destra.La legge è molto discussa per gli impatti che avrebbe, se approvata, rispetto alle attività umane. Per i detrattori, nella legge vi è poco o nessun riguardo per gli aspetti economici, laddove il ripristino naturale vada a eliminare alcune attività, e financo per gli aspetti di sicurezza, laddove, ad esempio, si impone che i corsi d’acqua vadano riportati a condizioni «naturali». Il che significherebbe, talvolta, eliminare opere che oggi servono a contenere le acque. Sono soprattutto le attività di pesca, agricoltura, produzione di energia e turismo a essere toccati pesantemente dal progetto di legge. Possiamo presumere che proprio al turismo faccia riferimento il deputato Sarvamaa quando parla, con una paradossale quanto semplice boutade, dello sfratto di Babbo Natale. Nel caso specifico, se i parametri della legge Natura venissero applicati al territorio del comune di Rovaniemi, dice l’eurodeputato, si dovrebbe abbattere gran parte dell’abitato, spazzando via la leggenda del barbuto conducente di slitte cariche di doni.Al di là dei possibili danni all’indotto turistico legato al villaggio di Babbo Natale, in una zona del mondo che oggettivamente non ha molto da offrire a parte le aurore boreali e i pascoli di renne, la questione riguarda il bilanciamento tra le intenzioni (buone, anzi buonissime come sempre, per definizione trattandosi di idee partorite a Bruxelles) e gli effetti reali della legge sul ripristino della natura. L’integralismo ambientale, chissà perché, entra costantemente in urto con le attività umane, dando un’idea dell’uomo come intruso rispetto allo stato naturale delle cose. In questo senso, bene ha fatto qualche giorno fa Giorgia Meloni, in occasione del discorso in Assolombarda a Milano, a marcare una differenza rispetto a un ambientalismo che veda, invece, l’uomo al centro. Movimenti al limite del fanatismo come Extinction Rebellion sembrano portare persino nel nome una carica anti-umana. Posto che in nessuno (nessuno) degli scenari tratteggiati da Ipcc sui cambiamenti climatici, neppure in quelli più catastrofici, esiste l’ipotesi dell’estinzione del genere umano, nel nome di quel movimento la parola «estinzione» assume la sinistra intonazione di un auspicio.Ora che le normative catapultate da Bruxelles e da Washington sulla testa dei cittadini rendono più esplicito lo scontro dialettico tra sviluppo economico e pseudo-ambientalismo, vi sono segnali di risveglio di forze politiche, di imprese e persino del sistema finanziario.Nel secondo trimestre di quest’anno, infatti, si registra un deflusso netto di liquidità da fondi e obbligazioni Esg (Environmental, Social e Governance), cioè relativi a quelle aziende che adottano condotte «sostenibili» rispetto alle questioni ambientali. Il deflusso di oltre 15 miliardi di dollari dalla finanza Esg rappresenta la peggiore performance su base semestrale dal 2013. La forte perdita di investitori è dovuta in parte ai timori di un rallentamento globale dell’economia, dall’altra ai timori di una reazione anti-Esg negli Usa. Al Congresso i repubblicani sono pronti a opporsi a provvedimenti green che spesso hanno conseguenze in termini di aumento della disoccupazione per via della chiusura di attività, imposte dalle normative ambientali sempre più stringenti. Lo stesso vale per le amministrazioni dei vari Stati, con i governatori repubblicani impegnati a contrastare le iniziative che hanno impatti occupazionali sul territorio. Non dimentichiamo che il Texas è il centro mondiale di un settore industriale gigantesco, quello petrolifero. Altro che Babbo Natale.
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