2019-06-19
Le Roi Michel abbattuto dalla corruzione
Platini fermato per interrogatorio come persona informata dei fatti: la magistratura francese cerca la prova di tangenti per affidare i mondiali di calcio 2022 al Qatar. Si indaga su una cena segreta dell'ex capo Uefa con il presidente Nicholas Sarkozy e il principe Tamir ben Hamad Al Thani.«Arrestato Platini, lo scudetto 1985-1986 assegnato all'Inter». I tifosi stemperano tutto nel loro delizioso ed eterno Bar Sport. Però la faccenda è seria anche se le Roi Michel non è stato arrestato, ma fermato per interrogatorio come persona informata dei fatti (c'è una certa qual decisiva differenza) negli uffici della procura nazionale anticorruzione, situati a Nanterre nella banlieue di Parigi. In campo non ha mai trovato un difensore arcigno come i pm che scavano nel suo passato, setacciano relazioni e amicizie alla ricerca del grande grisbì: la prova della corruzione nell'assegnazione dei mondiali di calcio 2022 al Qatar.Le foto che circolano sul web ci restituiscono un Michel Platini stanco, sfiduciato, che assomiglia sempre più al Gérard Dépardieu del film Una pura formalità, lontano parente del fenomenale campione pallonaro e dell'uomo con le bollicine di champagne nella testa che per dieci anni diede lezioni di calcio e di intelligente ironia negli stadi italiani con la maglia della Juventus. La botta è durissima per chi tre anni fa lasciando la presidenza dell'Uefa disse: «Ho la coscienza tranquilla». E lo è ancora di più per chi - sempre lui - ha da poco rimesso la testa fuori dall'acqua melmosa dopo lo scandalo delle consulenze Fifa, quei due milioni di franchi svizzeri ricevuti da Sepp Blatter per i quali è stato squalificato prima per otto anni, poi per sei, per quattro, fino all'archiviazione da parte della magistratura Svizzera nel maggio di un anno fa. Un'assoluzione senza un'adeguata riabilitazione. Il presidente della Fifa doveva quei soldi a Platini dal 2002 per consulenze, ma arrivarono solo nel 2011, poche settimane dopo l'assegnazione della Coppa del Mondo al Qatar, il 3 dicembre 2010. Il giorno della discordia. Quell'attribuzione a un Paese senza tradizioni sportive, senza impianti, con 40 gradi all'ombra (tanto da costringere gli organizzatori ad allestire il torneo in inverno) non convinse nessuno fin dall'inizio. E irritò parecchio gli americani, rivali dello sceicco qatariota Mohamed Bin Hammam, che uscirono dalla votazione con le ossa rotte e decisero di vederci chiaro attraverso un'inchiesta dell'Fbi i cui risultati vennero pubblicati nel 2014 dai reporter del Sunday Times (titolo del servizio La corruzione per comprare la Coppa del Mondo). Il giornale inglese scrisse di mail, files, conti che provavano i pagamenti effettuati da Bin Hammam a membri dell'esecutivo Fifa per indirizzare il voto: cinque milioni di dollari provenienti da fondi neri, fondamentali per far prendere al pallone la via di Doha. Qualche esempio: 1,6 milioni andarono al vicepresidente Fifa Jack Warner (poi radiato), 350.000 dollari a Reynald Temari (Oceania), 200.000 a pioggia finirono come fiches nelle tasche dei delegati africani.«Non ho niente da rimproverarmi e sono totalmente estraneo ai fatti», spiega un comunicato dei collaboratori di Platini. Il blitz dei magistrati parigini vuole fare chiarezza su un delicato aspetto di quell'affare internazionale, anzi su una cena supervip. Non per niente è stato sentito come sospettato a piede libero anche Claude Guéant, ex segretario generale dell'Eliseo ai tempi di Nicholas Sarkozy (strategicamente un po' più importante di un pur grande numero 10) ed è stata fermata per «fatti presunti di corruzione attiva e passiva di persone che non esercitano funzioni pubbliche» Sophie Dion, potente consigliera di Sarkò.La cena segreta al centro dell'inchiesta - il filone francese fu portato alla luce dai giornalisti di France Football - avvenne all'Eliseo nove giorni prima dell'attribuzione dei mondiali di calcio al Qatar. Attorno al tavolo presidenziale c'erano Sarkozy, il suo braccio destro Guéant, il presidente dell'Uefa e vicepresidente della Fifa Michel Platini e il principe del Qatar, Tamir ben Hamad Al Thani, interessato non solo a sponsorizzare il mondiale a casa sua, ma anche a comprare il Paris Saint Germain, a finanziare il canale BeInSports e ad aumentare la partecipazione azionaria di famiglia nel gruppo strategico Lagardère. Secondo l'accusa, in quell'occasione Platini sarebbe stato convinto ad alzare la manina a favore del Qatar e contro i vendicativi Stati Uniti, cosa che realmente avvenne. Lui però ha sempre sostenuto di aver deciso di votare per gli arabi prima di quell'incontro. E tutto finiva lì. I giudici francesi non hanno mai archiviato il caso proprio per le lunghe ombre sull'Eliseo.Platini è un uomo avveduto, nella sua carriera si è mosso con schietta saggezza nei rapporti con il mondo esterno e con i media. Memorabile la sua battuta: «Ragazzi oggi non parlo perché anche Albert Einstein, se intervistato tutti i giorni, direbbe stronzate». A memoria, nella sua carriera da calciatore ha compiuto soltanto un errore: la corsa sfrenata con il pugno alzato fra i morti dell'Heysel dopo il rigore segnato in una partita che non si sarebbe dovuta giocare. Per questo il blitz della procura parigina sorprende e mette un'altra volta con le spalle al muro un vecchio campione che della vicenda s'era fatto un'idea alternativa. Solo qualche settimana fa aveva ribadito: «Contro di me non è rimasta in piedi nessuna accusa di corruzione o altro, ho idee su chi mi abbia colpito ma non ho le prove. C'è un complotto di Tas e Fifa. Ora si puniscano i veri colpevoli». A Parigi c'è un Maigret che ha convinzioni leggermente diverse.