2022-04-24
Mara Visonà: «Le nostre borse, orgoglio d’artigianato»
La figlia del mitico fondatore Plinio racconta come l’azienda di famiglia si fondi su una saggezza antica: «Lavoriamo come un tempo ma guardiamo al futuro. Le maestranze sono principalmente donne. Il ricambio generazionale non c’è, che fatica formare giovani».«Portare una borsa Plinio Visonà significa avere sotto braccio i valori di tradizione, cultura, amore per il bello che contraddistinguono la moda italiana da 60 anni». Non è un caso che ogni borsa prodotta si porti dietro la ragion d’essere di un signore come Plinio Visonà, il fondatore, che fin da ragazzo coltivava la sua idea del bello e del ben fatto. Realizzate rigorosamente a mano da maestri pellettieri, le borse Visonà rappresentano l’essenza della creatività, del saper fare, in pratica, del made in Italy. Ogni pelle, ogni metallo, ogni cucitura, superano controlli accurati per essere all’altezza della qualità che contraddistingue il marchio. «Solo così diventa possibile forgiare creazioni uniche», racconta Mara Visonà, figlia di Plinio e amministratore delegato, seconda generazione, assieme al fratello Davide, che si occupa di design, prototipia e modelleria.Quando è iniziata l’avventura? «L’azienda è nata a Vicenza, nel 1959, grazie a mio padre. Intraprendenza e capacità lo hanno portato, giovanissimo, a fondare una piccola azienda di pelletteria. Vicenza, in passato, era il polo veneto di grandi aziende pellettiere».Per questo, Plinio scelse la pelletteria?«Era molto portato per il disegno e da ragazzino, subito dopo le prime scuole, ha frequentato degli apprendistato nella zona della Riviera del Brenta, presso dei calzaturifici, appassionandosi da subito e imparando a fare il modellista. Trasferito a Vicenza, è diventato velocemente capofabbrica in una delle aziende storiche del territorio, oggi scomparse, dove dimostrò capacità e passione tanto da prendere la decisione di aprire una realtà tutta sua. A 36 anni è stato nominato Cavaliere del lavoro per aver saputo portare avanti questa attività».Cosa significa l’artigianato, per il vostro marchio?«Una borsa si fa solo a mano. Le borse in pelle, made in Italy, le vere borse di qualità, sono fatte secondo tutti i crismi dell’artigianalità. Possiamo dire con orgoglio di portare avanti l’artigianato, ancora oggi, come un tempo. Le nostre maestranze sono tutte composte da esperti artigiani e, per la maggior parte, donne».C’è un ricambio generazionale?«Con grande fatica, questa è la vera nota dolente, ed è uno dei temi più sentiti. Se noi facessimo vedere ai ragazzi che cos’è veramente una pelletteria, sono certa che si appassionerebbero, perché è un bel mondo dove l’ambiente è sano, creativo, si vedono nascere le cose, la materia che si trasforma. Credo che se chiedessimo a un qualsiasi ragazzo cos’è un pellettiere, non saprebbe risponderti. Di conseguenza, il ricambio generazionale è molto faticoso. Noi cerchiamo d’investire su qualche giovane, appena esce dalla scuola, tenendo conto che per formarli ci vogliono anche anni».Che suggerimento potrebbe dare per cambiare lo stato delle cose?«Basterebbe che le scuole iniziassero a far visitare realtà come le nostre, in modo che i ragazzi potessero vedere e toccare con mano cosa significa il nostro lavoro».Per fare una vostra borsa, quante ore servono?«C’è parecchio lavoro nella fase iniziale di prototipia, per creare il modello e serve anche qualche giornata quando dal disegno si passa a mettere a punto il prototipo. Una volta che si entra in produzione, altre tre ore di lavoro».Dove incide la mano dell’uomo?«Nel taglio delle pelli, che viene fatto tutto a mano, e successivamente incollate, cucite, lavorate, ammorbidite, colorate. Va fatta la costa, spazzolata, dato il colore. Ci vuole tanta manualità».Il tema della sostenibilità è molto sentito, come seguite la tendenza green?«Usiamo pellami acquistati nel distretto conciario di Vicenza, ad Arzignano in particolare, che vanta le concerie più belle e all’avanguardia d’Europa. I pellami vengono realizzati con una tecnica che permette un minore utilizzo di acqua. I prodotti conciari sono tutti di ultima generazione. Se noi aziende produttrici, insieme ai fornitori, dimostriamo la nostra sensibilità al tema, tutto non può che funzionare al meglio. Non è più come una volta. Le concerie restano chiuse un mese all’anno per fare la depurazione degli scarichi. Fino a diversi anni fa era uno dei settori più inquinanti ma ora, anche per quanto riguarda i coloranti, si tende sempre più ad andare verso quelli naturali».Avete cambiato il nome: da Plinio Visonà a Visonà. Come mai?«In un’ottica di una sempre maggiore internazionalizzazione, ci sembrava che fosse più facile leggerlo e ricordarlo. Ed è un ritorno alle origini perché l’azienda era nata come Pelletterie Visonà».Vi state espandendo con tante le nuove aperture.«Da tempo siamo presenti in paesi come il Giappone e la Corea. Con la pandemia, ci siamo dovuti ridimensionare. Siamo tornati al mercato italiano ed europeo. Andiamo bene in Germania, Austria e Svizzera».E la Russia?«Era un mercato con cui lavoravamo bene, perché hanno sempre apprezzato i prodotti made in Italy. Speriamo di poter proseguire».
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