2022-03-25
Le impronte dei dem sull’intesa coi russi per testare Sputnik
Il Pd che strepita contro Putin è lo stesso che con Nicola Zingaretti un anno fa brigava per aprirgli le porte dello Spallanzani.In questi giorni, a sinistra, si sono curiosamente «sbloccati» molti ricordi sugli aiuti russi accettati nel 2020 dal governo Conte due, di cui faceva parte anche il Pd (quindi gli stessi che oggi, politicamente, strepitano contro Mosca). Sembra essere invece stato rimosso l’interessamento di esponenti di spicco del Partito democratico nello sviluppo del vaccino Sputnik. A cominciare dall’ex segretario e ora presidente del Lazio, Nicola Zingaretti.Amnesia selettiva? Chissà. Rinfreschiamo la memoria risfogliando le pagine della storia dei rapporti tra Mosca e Roma dove sono rimaste le impronte digitali dem. Partiamo dal 18 febbraio 2021: la piccola Repubblica di San Marino decide di comprare il vaccino russo Sputnik, che non ha ancora ricevuto l’approvazione né dell’agenzia europea Ema, né dell’italiana Aifa, grazie a un’intesa firmata con il Russian direct investment fund, il fondo sovrano russo. Sullo Sputnik interviene anche l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato: «Lo Spallanzani ha fatto uno studio ulteriore, dopo quello pubblicato dalla rivista scientifica Lancet, sul vaccino russo Sputnik V che ne conferma la validità», annuncia. Il parere tecnico scientifico, datato 17 febbraio, del gruppo di lavoro dell’istituto, in realtà, si limita a riportare in italiano i metodi, i risultati e le conclusioni dell’analisi effettuata in 25 ospedali e policlinici di Mosca e pubblicata sulla rivista Lancet il 2 febbraio. Nulla di più. Perché quindi ritirare fuori ora quello studio? Va ricordato che in quel periodo il Lazio governato da Zingaretti punta a creare un hub anti Covid tra Latina, Pomezia e Frosinone con aziende impegnate nella ricerca, nella produzione dei monoclonali e nel confezionamento dei vaccini. E chi sviluppa lo Sputnik sta cercando dei partner proprio in questa regione. Sempre in quei giorni il presidente di Banca Intesa Russia e dell’associazione Conoscere Eurasia, Antonio Fallico, dichiara, senza fare nomi, che «un’azienda partecipata da un fondo americano, basata vicino a Siena, sarebbe pronta a fare una joint venture, perché ha bioreattori liberi». Qualsiasi progetto russo in Italia dovrà comunque «avere la benedizione delle nostre autorità», sottolinea però lo stesso Fallico. Ma la politica sembra già pronta a mettere il cappello sullo sviluppo delle future «pharmavalley» italiane. Il 5 marzo si tiene un incontro tra l’Istituto Spallanzani, i rappresentanti del fondo russo Rdif e il Centro di ricerca Gamaleya che ha sviluppato il vaccino. Subito dopo, l’assessore D’Amato, chiede al governo di valutare la produzione in Italia dello Sputnik nonché la possibilità «di opzionare già il vaccino per farsi trovare pronti dopo l’eventuale via libera dell’Agenzia europea del farmaco europea e di quella italiana». Il direttore dello Spallanzani, Francesco Vaia, annuncia che presto verrà siglato un protocollo d’intesa con Gamaleya sottolineando che «la scienza è neutra e impermeabile alla pressione della politica, dell’industria, della geopolitica». A metà di marzo 2021, intanto, inizia anche la fase avanzata di sperimentazione clinica del vaccino made in Italy di Reithera che ha già ricevuto l’autorizzazione dell’Aifa ed e stato valutato positivamente dal Comitato etico dello Spallanzani. Ma il 23 marzo il Lazio ritorna «in ginocchio» da Vladimir Putin. Come dimostrano gli interventi alla tavola rotonda promossa dal Forum di dialogo italo-russo sullo sviluppo dello Sputnik V e ospitata dall’agenzia Tass: Vaia ricorda come la scienza sia capace di superare «tutte le barriere e tutti i pregiudizi e quando vuole orienta anche il dibattito politico», e invoca «un padre nostro laico» affinché l’esigenza del vaccino sia «comune a tutti i popoli». Poi tocca all’assessore D’Amato, che cita La prospettiva Nevskij di Gogol e termina il suo intervento con un cordiale «spassiba», grazie. Nel frattempo, il 6 aprile, La Verità ricorda che il filo teso tra il Pd e Mosca passava anche attraverso Vincenzo Amendola, responsabile Esteri dei dem per tutta l’estate del 2019, con il segretario Zingaretti. Nello stesso periodo, Amendola era anche nel consiglio di vigilanza di Mikro kapital management in Lussemburgo, gruppo di microcredito fondato nel 2008 da Vincenzo Trani, poi presidente della Camera di commercio italo russa e nella primavera del 2021 mediatore in Italia del fondo Rdif.Il 13 aprile 2021 viene comunque firmato allo Spallanzani il memorandum di collaborazione scientifica con Gamaleya e il fondo russo. «Ci sarà uno scambio di materiale biologico con i colleghi russi che verranno qui e lavoreranno insieme con i nostri in laboratorio», annuncia il direttore Vaia. Ai russi saranno cedute informazioni su ben 120 ceppi virali in cambio di campioni prelevati da chi ha ottenuto le fiale di Mosca. A La Verità, che nei giorni successivi solleva il problema dell’accesso ai dati genetici, lo Spallanzani assicura che la collaborazione scientifica «proseguirà nel rispetto di ruoli e procedure che sono ben codificate», che non intende «derogare alle stringenti direttive comunitarie in tema di scambio di informazioni e di dati nel rispetto di quanto previsto dal Garante per la privacy e solo per dati specifici definiti attraverso appositi protocolli». Ma al 17 aprile 2021 il Garante non risultava essere stato coinvolto preventivamente. I mesi intanto passano e il 20 gennaio 2022 il team tecnico scientifico dello Spallanzani comunica che i risultati degli esperimenti condotti in collaborazione con Gamaleya, «hanno documentato che oltre il 70% delle persone vaccinate con Sputnik V mantengono un’attività neutralizzante contro Omicron, anche a distanza di 3-6 mesi dalla vaccinazione». Poi, il 24 febbraio Vladimir Putin invade l’Ucraina. Il giorno dopo la Regione Lazio sospende la collaborazione con la Russia su Sputnik V. «La scienza deve essere al servizio della pace e non della guerra, come ha ricordato il Papa», commenta al dorso romano di Repubblica l’assessore D’Amato. Stavolta senza aggiungere «spassiba».
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